“La Germania non accetterà mai il ‘migration bond’ proposto dall’Italia. Il nostro governo non deve illudersi, in attesa di una presa in carico europea è meglio prepararci a gestire i 300-400mila profughi in arrivo con le nostre forze”. Lo evidenzia il senatore Mario Mauro, ex vicepresidente del parlamento europeo, ex ministro della Difesa ed attualmente presidente dei “Popolari per l’Italia”. L’ex ministro Mauro è tornato domenica da Atene, dove ha visitato i campi profughi, nel quadro di una missione di parlamentari nazionali di diversi Paesi europei chiamata Mercator European Dialogue. Per il senatore, “l’accordo Ue-Turchia è sbagliato concettualmente e dà la misura di quanto sia stato incosciente il governo Renzi nel firmare quel documento senza leggere veramente le carte”.

Senatore Mauro, ritiene che il “migration bond” proposto dall’Italia possa funzionare?

La proposta italiana ha come obiettivo il fatto di rendere stabile e strutturale la risposta europea al flusso migratorio. Incorre però nella medesima difficoltà nella quale è incappata in passato una qualsivoglia proposta basata sul concetto di eurobond europei, cioè a un’obiezione di Berlino. La Germania è rigorosa nel dire che devono essere gli Stati nazionali a fare fronte al deficit di organizzazione, di accoglienza e di welfare. Per i tedeschi non bisogna consentire che le difficoltà di un Paese siano affrontate facendo ricorso alle ricchezze di un altro.

Le critiche tedesche sono fondate?

Per dare un giudizio completo bisogna tenere conto del fatto che l’Italia nell’ultimo anno ha ripetutamente disatteso gli impegni assunti in sede internazionale. La maggior parte dei migranti vuole transitare dall’Itala per raggiungere i Paesi del Nord Europa. Il nostro impegno quindi doveva essere quello di procedere all’identificazione e al fotosegnalamento dei profughi.

L’Italia sta identificando i migranti?

Solo in parte. Come risulta dalle dichiarazioni rese dal capo della polizia, Alessandro Pansa, in audizione alla commissione Affari costituzionali il 4 giugno 2015, circa il 20% dei migranti sfugge ai nostri controlli. E’ poi chiaro che quando sono state richiamate in sede europea, le autorità italiane si sono affrettate a dire che ormai i problemi legati all’identificazione erano stati risolti. L’innesco di questo processo ha prodotto però molta diffidenza, che si riflette ancora oggi nella decisione austriaca di blindare le frontiere.

Se il migration bond non funziona, che cosa dobbiamo fare?

L’Italia è un Paese con 8mila chilometri di coste e non può certo fare 8mila chilometri di muro. C’è quindi una sproporzione enorme tra quello che potranno fare le cancellerie di mezza Europa e ciò che possiamo fare noi. Il nostro Paese fa quindi bene a insistere perché il problema dei migranti sia preso in carico dall’Europa intera. Ma proprio perché siamo la punta avanzata dell’Europa verso l’area euro-mediterranea, dobbiamo mantenere molto alto il livello di guardia attraverso misure nazionali.

Lei come valuta invece l’accordo Ue-Turchia sui migranti?

E’ sbagliato concettualmente, ma soprattutto ha sbagliato il governo italiano nel firmarlo.

 

Perché è sbagliato concettualmente?

Immaginiamo il Mediterraneo come una bacinella con due buchi, quello della rotta balcanica e quello della rotta libica. Se si sigilla un buco, tutta la pressione del liquido nella bacinella si eserciterà sull’altro foro: è esattamente quello che sta avvenendo con i flussi migratori.

 

Che cosa ci dobbiamo aspettare?

Il governo austriaco ha ammonito l’Italia perché stanno per arrivare 300-400mila persone e noi non stiamo predisponendo nulla. Ciò dà la misura di quanto sia stato incosciente il governo Renzi nel firmare l’accordo Ue-Turchia senza leggere veramente le carte. Nelle carte infatti bisognava inserire un passaggio molto chiaro sulla rotta libica. A ciò va aggiunta una difficoltà ulteriore. Se nel caso della Turchia diamo i soldi a Erdogan perché sistemi lui i profughi, nel caso della Libia l’esistenza di un governo è un fatto puramente teorico.

 

Domenica il Papa è stato a Lesbo. Quello cui stiamo assistendo nell’isola è un effetto della politica di contenimento decisa da Merkel ed Erdogan?

In Grecia si è prodotto il massimo dello sforzo possibile in termini di accoglienza. Il flusso che si era orientato sulla rotta balcanica era ed è di gran lunga superiore alle capacità di Atene di fare fronte al problema. Il timore di essere rimpatriati in Turchia determina inoltre un evidente malcontento verso un’Europa che in un primo momento era sentita amica, quando si era diffuso l’annuncio che la Merkel intendeva ospitarli in Germania. Mentre oggi è percepita come un ostacolo insormontabile.

 

Lunedì sono naufragati 400 somali salpati dall’Egitto. Si sta aprendo una nuova rotta?

Questa rotta esisteva già, nel senso che già in passato si cercava di muoversi verso l’Italia imbarcandosi da Alessandria d’Egitto. In passato si procedeva con imbarcazioni più grandi, che arrivate dopo Cipro rilasciavano in mare imbarcazioni più piccole. Può darsi che anche stavolta i profughi abbiano seguito la stessa tecnica. Ciò documenta il fatto che la stessa operazione Eunavfor Med non vale Mare Nostrum, cioè non ha quelle caratteristiche di ampiezza e di controllo che consentano dei salvataggi in mare con la complessità necessaria.

 

(Pietro Vernizzi)