Fortuna vuole che per la Grecia, l’ultima riunione dell’Eurogruppo di giovedì scorso è stata – secondo la valutazione del ministro delle Finanze, Efklidis Tsakalotos – un “buon Eurogruppo”, nonostante la decisione di aver chiesto ad Atene ulteriori misure del “non si sa mai”, pari al 2% del Pil (3,6 miliardi). “Non si sa mai” se nel 2018 la Grecia riuscirà a raggiungere un avanzo primario pari al 3,5%, per cui se mancasse questo obiettivo Atene dovrebbe implementare il pacchetto “non si sa mai”, o di “garanzia”, pronto per essere applicato: richiesta che dimostra quanto sia bassa la percentuale di fiducia che la Troika nutre per il governo Tsipras.
Il quarto Memorandum? No di certo, specifica il governo, soltanto un pacchetto “sicurezza”. In cambio i creditori potrebbero dare il via libera in tempi stretti al piano per un taglio del debito, rivedendo scadenze e tassi. Una ristrutturazione “light” che potrebbe essere accettata da Berlino. E così, il Parlamento, la prossima settimana, dovrebbe votare il pacchetto di austerità di 5,4 miliardi proposto dal governo Tsipras più il secondo pacchetto di 3,6 miliardi, in aggiunta alle nuove leggi sulla riforma fiscale, sulla previdenza (tagli per 2,9 miliardi) e sull’aumento del Fpa (Iva) che dal 23% passerà al 24%.
Non è dunque bastato lo 0,7% di avanzo primario, dati Eurostat, del 2015 su cui il governo puntava per raccontare di una “success story” da presentare ai creditori, sperando che questi avrebbero moderato le loro richieste. Su questo segno più aveva puntato anche il primo ministro Alexis Tsipras, il quale in una intervista a “Euronews” aveva dichiarato che non erano necessarie ulteriori misure. Ma disaggregando lo 0,7% si evince che questo numero positivo è conseguenza di un aumento delle tasse e del blocco dei pagamenti del settore pubblico verso i privati. Sicuramente l’economia non è in salute. Nell’ultimo trimestre del 2015 è ripiombata in recessione, mentre gli indicatori, che la monitorano dal dicembre dello scorso anno prevedono che la situazione potrebbe evolversi da “brutta” a “terribile”.
Il rendimento dell’industria è precipitato del 13,5%, il commercio al dettaglio è sceso nel mese di gennaio del 3,8%, la disoccupazione è aumentata nel corso dell’ultimo trimestre del 2015 al 24,4% e i posti di lavoro disponibili nell’intera economia nazionale ammontano alla misera cifra di 3.119. Le banche hanno in cassa crediti in sofferenza del valore di 115 miliardi, circa il 50% del portfolio crediti totale. Quando le misure di austerità previste dall’accordo di bailout inizieranno ad avere effetto, la domanda aggregata 2016/2017 avrà una caduta significativa a causa dell’aumento delle tasse e del taglio delle pensioni. Secondo alcuni calcoli, nel prossimo semestre i greci dovranno pagare tasse e balzelli per circa 27 miliardi. Se poi si vuole arrivare a fine 2017, la somma sale a 48 miliardi.
Il governo e la maggioranza riusciranno a “digerire” e votare queste misure, in cambio dell’esito positivo della prima valutazione che darebbe il via libera a una tranche del prestito, previsto dal terzo memorandum? Le casse statali stanno esaurendo le loro riserve – lo stesso scenario dell’anno scorso – al punto che anche gli ospedali sono obbligati a depositare in un conto speciale i loro capitali. E oggi riprendono ad Atene i colloqui con la Troika per stabilire le misure del “non si sa mai”. Si partirà da zero, ma stando a Tsakalotos “il governo ha molte idee”.
Di certo c’è l’affanno del governo e della maggioranza. Sono molti i “syrizei” che parlano a mezza voce di un “suicidio politico” qualora il governo fosse obbligato, ad esempio, nel 2018 a licenziare circa 50 mila impiegati pubblici, a tagliare del 20% le pensioni, a ridurre gli stipendi pubblici. E che farà l’opposizione? Verrà in aiuto al governo?
Venerdì scorso è iniziato il congresso dei conservatori di “Nea Demokratia”. Il giovane presidente, Kyriakos Mitsotakis, ha illustrato il nuovo programma del partito: un “patto verità” con i greci. Ha aggiunto che il partito presenterà il suo programma di governo – dettagliato e corredato da numeri – e ha promesso ai greci di “raccontare solo la verità per dura che questa possa essere”. Cambiati i simboli, cambiate le persone, cambiati i tempi, ma il risultato è sempre lo stesso. Prima di lui, tutti i leader che poi sono andati al governo hanno parlato di “verità”, di “responsabilità”, di “programma di governo sostenibile”. Di certo, la crisi economica, politica e sociale non ha scalfito il populismo della classe dirigente. E all’orizzonte non si vedono alternative.
La società civile è muta, inerme e arrabbiata. Tante le manifestazioni di protesta – medici, insegnanti -, tanti gli scioperi a oltranza – avvocati, giornalisti, commercialisti -, che però non producono risultati politici.