Si conclude oggi il viaggio politico di Barack Obama in Arabia Saudita, Regno Unito e Germania, Paesi con i quali vi erano diversi motivi di tensione, come già descritto, alcuni aggravatisi proprio prima del viaggio presidenziale.
Le relazioni con l’Arabia Saudita sono tese da tempo, in particolare dopo che Obama ha assunto un atteggiamento più cauto nella complicata vicenda siriana. Negli ultimi tempi si è aggiunta la presentazione al Congresso di una proposta di legge che permetterebbe azioni giuridiche contro Stati sovrani, finora immuni, nel caso di attentati terroristici. Obama ha minacciato di porre il veto alla legge, se approvata, ma la proposta è fortemente appoggiata dalle famiglie delle vittime dell’11 settembre, che ritengono in qualche modo l’Arabia Saudita coinvolta nella loro tragedia. Azioni legali sono già in corso contro il governo siriano e l’Iran, considerati Stati che sostengono i terroristi, e una parte dell’opinione pubblica americana non vede una grande differenza tra questi Stati e l’Arabia Saudita. Subito dopo la partenza di Obama da Riyad, la commissione dell’Onu sull’applicazione della Convenzione contro la tortura si è espressa in modo piuttosto critico verso l’Arabia Saudita, mettendo in luce il frequente ricorso alla tortura, alle flagellazioni e alle amputazioni e, in genere, a violazioni esplicite dei diritti umani. La questione dei diritti umani era stata sollevata anche da Obama ed è questa forse una ulteriore ragione della accoglienza formale, se non proprio fredda, riservata al presidente americano, almeno secondo diversi osservatori.
La visita di Obama a Londra ha coinciso con il genetliaco della Regina Elisabetta e il centenario di Shakespeare, rendendo più “calda” l’accoglienza, almeno mediaticamente. L’invito a pranzo dei reali inglesi nel castello di Windsor ha di molto contribuito e i cronisti si sono affrettati a sottolineare i cordiali rapporti tra la coppia reale e quella presidenziale.
Poco cordiale è stato invece il sindaco di Londra, Boris Johnson, con il riferimento alle origini keniote di Obama, interpretate come un possibile motivo a priori di avversione verso gli inglesi, già dominatori del Paese africano. Johnson ha anche accusato Obama di ipocrisia, visto che presidente Usa si immischia negli affari interni inglesi in favore della permanenza in una Ue che si guarderebbe bene dal proporre ai suoi concittadini americani, così gelosi della loro sovranità. Proprio la salvaguardia della sovranità inglese, ritenuta violata dalla permanenza nell’Ue malgrado le forti concessioni ottenute da Cameron, è una delle ragioni, forse la principale, in favore dell’uscita dall’Unione.
L’interferenza di Obama rischia di essere perciò dannosa per Cameron, dato che una buona parte dei Conservatori è per il Brexit, guidati proprio da Boris Johnson, candidato a sostituire Cameron alla guida del partito, probabilmente ancora prima del referendum, a causa del coinvolgimento del primo ministro nei Panama papers.
Molto più massicciamente schierato in favore dell’Ue è il Partito laburista, il cui leader, il laburista di sinistra Jeremy Corbyn, ha avuto un colloquio di un’ora e mezza con Obama. Corbyn ha detto che l’argomento Europa è stato toccato solo brevemente e che la discussione si è incentrata su altri temi, come la Siria, in cui l’intervento inglese è stato bloccato proprio dai Laburisti.
Obama ha giustificato questa oggettiva e irrituale interferenza negli affari inglesi affermando che gli Stati Uniti non sono contrari ad accordi commerciali con il Regno Unito, ma che la precedenza va data agli accordi con l’Europa. Il riferimento è a quell’oggetto misterioso che è diventato il Ttip, il trattato transatlantico sul commercio, parallelo del già firmato Ttp per l’area del Pacifico. La successiva affermazione che, in caso di uscita dall’Ue, la Gran Bretagna sarebbe finita “in fondo alla coda” è stata definita dal “leave party” un vero e proprio ricatto.
Domenica Obama è partito per la Germania, dove ha inaugurato con Angela Merkel la Fiera dell’Industria di Hannover e dove la sua visita è stata preceduta da ampie manifestazioni di protesta, con alcune decine di migliaia di oppositori che hanno manifestato contro il Ttip. Come già a Londra, anche ad Hannover il trattato sul commercio transatlantico è stato uno dei punti importanti dell’incontro, insieme ai temi relativi alla sicurezza. Infatti, la visita di Obama si concluderà oggi con un minivertice sull’argomento, cui parteciperanno, oltre Obama e Merkel, Cameron, Hollande e Renzi. Da alcuni, il fatto che il vertice si tenga in Germania e l’intervista al Bild in cui Obama ha dichiarato di essere “orgoglioso che Angela sia mia amica” vengono considerati un ulteriore segnale ai sostenitori del Brexit.
Come dimostrato dalle manifestazioni prima del suo arrivo, l’opposizione al Ttip è in Germania molto forte, anche se il commercio è fondamentale per il Paese. Secondo una recente ricerca della Fondazione Bertelsmann, il 33% dei tedeschi è contrario e solo il 17 favorevole al trattato. Il segreto che avvolge la trattativa può essere una delle cause, ma dietro l’opposizione vi è anche il timore che gli Stati Uniti impongano le loro regole, mentre finora i tedeschi sono abituati ad imporre le loro.
Nelle discussioni sul trattato è riapparso il leitmotiv del viaggio: Obama è ormai “un’anatra zoppa” e la sua è una visita di congedo, le decisioni reali saranno prese dal suo successore. Ciò spiega anche la nettezza, a volte non protocollare, delle prese di posizione di Obama e la differenza tra la visita in Arabia Saudita, rimasta per così dire in sospeso, e il vivace e concreto dibattito europeo su Brexit e Ttip. Il referendum inglese si terrà il 23 di giugno e sia la designazione dei candidati alla presidenza che le elezioni presidenziali avverranno a cose fatte: da qui il deciso intervento di Obama. Il Ttip è in discussione ormai da tre anni e se non si arriva a una firma prima della decadenza di Obama, tutto si fermerà di nuovo in attesa delle decisioni del nuovo presidente.
Sul Brexit, Hillary Clinton si è dichiarata nettamente sulla linea di Obama, mentre sembra molto più cauta sul Ttip, come d’altra parte Sanders e Trump. La fretta di Obama in proposito sembra perciò del tutto giustificata.