La polizia del Cairo non pensava che Regeni fosse una spia, ma lo ha fermato durante operazioni di routine e interrogato. Come avviene durante qualsiasi “normale” interrogatorio in Egitto, Regeni è stato torturato e intimidito, con l’intenzione di espellerlo in un secondo momento. Ma qualcosa non è andato per il verso giusto e il ricercatore è morto. E’ la lettura del caso Regeni secondo Adham Youssef, giornalista egiziano di sinistra e senior reporter del Daily News Egypt, quotidiano in lingua inglese associato all’International Herald Tribune. L’incontro tra gli investigatori egiziani e quelli italiani, previsto inizialmente a Roma per il 7 e l’8 aprile, è stato intanto rimandato a data da destinarsi.



Il cellulare e i passaporto di Regeni sono stati trovati nell’appartamento di una banda criminale. E’ possibile che il ricercatore sia stato rapito per denaro?

Dubito altamente che sia stato rapito per denaro. E’ abbastanza strano che una banda mediocre rapisca uno straniero, prenda il suo denaro e si tenga la sua carta di identità e il passaporto come un souvenir. E poi perché torturarlo così brutalmente? Soltanto per prendergli qualche centinaio di lire egiziane? Quello tratteggiato dalla polizia egiziana è uno scenario veramente patetico.



Chi potrebbe essere interessato a depistare le indagini?

La polizia egiziana e il governo stanno tentando di depistare le indagini, puntando il dito contro altre entità come un’ipotetica banda criminale.

Tra l’altro, questa è una tecnica per la quale la polizia egiziana è famosa. Arrestano alcune persone, forse anche innocenti, e le uccidono sul posto. Quindi pubblicano delle dichiarazioni argomentando che “gli assalitori rimasti uccisi” abbiano perso la vita in uno scambio a fuoco con la polizia. Quindi iniziano ad accusarli di tutti i crimini irrisolti commessi fino a quel momento.



Occorre inoltre sapere che l’ufficio investigativo, le forze di polizia, il dipartimento di medicina forense, la pubblica accusa, i media governativi sono tutti dalla stessa parte. Questo è il sistema capitalista.

Ciascuna di queste istituzioni non farà mai nulla che possa imbarazzare lo Stato. E sperare che da questi organi possa venire fuori una qualsiasi verità è patetico.

Giulio Regeni quindi sarebbe stato ucciso dalla polizia egiziana in quanto considerato politicamente pericoloso o una spia?

Non penso che sia stato arrestato e ucciso in quanto era una spia. Ritengo che sia stato interrogato nel corso di ricerche di routine. Nel corso dell’interrogatorio, che include intimidazione e tortura, qualcosa non è andato per il verso giusto. Può darsi che Regeni abbia opposto resistenza. Può darsi che sia crollato dalla paura. Può darsi che abbia provocato gli inquirenti.

Non c’è stato quindi un assassinio intenzionale di Regeni, ma piuttosto un interrogatorio nel corso del quale qualcosa è andato per il verso sbagliato. La maggior parte dei casi di persone torturate a morte si verificano secondo questa dinamica.

Il presidente Sisi sta realmente cercando di scoprire la verità come ha promesso nell’intervista a Repubblica?

Non so quali siano le reali intenzioni di Al-Sisi. In ogni caso rivelare che la sua mano destra, cioè l’apparato di polizia, ha torturato a morte uno straniero è come ammettere che lo Stato retto da al Al-Sisi stesso è caratterizzato da repressione e brutalità.

 

Se Regeni era considerato un problema politico, non era molto più semplice espellerlo dal Paese?

Negli edifici della polizia e della sicurezza dello Stato la tortura è una routine. Può darsi che le autorità egiziane abbiano pianificato di espellerlo, ma che Regeni sia morto prima che ciò avvenisse.

 

E se invece Regeni fosse stato ucciso da qualcuno che voleva guastare le relazioni tra Italia ed Egitto?

Questa è la narrativa nazionalista, ripetuta dalle forze filo-governative, per giustificare il crimine e nascondere l’orribile atto della polizia egiziana. Secondo il mio punto di vista non c’è nulla di vero.

E lo stesso vale anche per le persone che, all’inizio di questa vicenda, hanno affermato che “Regeni era un omosessuale” e che era stato rapito e ucciso da uomini sconosciuti.

 

Confrontando le presidenze di Mubarak, Morsi e Sisi, quale è stata migliore dal punto di vista della libertà di stampa?

Sono tutte uguali. Tutte e tre hanno oppresso i media e la stampa. Soltanto che Mubarak non cercava nemmeno di giustificare i suoi crimini contro i giornalisti. Il regime di Al-Sisi al contrario mette in atto degli sforzi per giustificare l’oppressione.

 

(Pietro Vernizzi)