— E se mandassimo tutti a casa e ricominciassimo daccapo? Non si può, ma certamente ognuno dei candidati — ritirati o ancora attivi che siano — lo farebbe, se solo si potesse. In questa “comedy of errors” di shakespeariana memoria che le primarie presidenziali sono diventate, ognuno trova il modo di farsi del male da solo, alternando uscite infelici a scatti d’ira (che sono più infelici delle uscite infelici perché denotano incapacità di autocontrollo). 



Più si va avanti, più si perdono colpi (e dignità). Sono rimasti in cinque e — a questo punto possiamo dirlo a voce alta — non se ne salva nessuno. Se solo si potesse ricominciare daccapo …

Le primarie sono un processo lungo, complesso, a volte macchinoso, fisicamente estenuante, psicologicamente snervante, ma in questo senso rappresentano un terreno adeguato a testare la personalità, le capacità e le risorse degli aspiranti presidenti. Dopo mesi di battaglie in giro per lo sconfinato territorio di questo paese nessuno si aspetta di sentire annunciare grandi novità di contenuti. Si sa che Trump continuerà a non dir niente eccetto che porterà l’America di nuovo al vertice del mondo, che Cruz continuerà a parlar male di Trump dipingendosi come l’unico vero “conservative“, che Kasich continuerà e basta e solo lui sa perché, che Hillary è una riedizione di serie B (o C) di quelli che erano stati i sogni legati all’elezione di Obama, che Sanders strangolerebbe a mani nude anche gli uscieri di Wall Street. Ormai queste cose le sappiamo tutte a memoria, cosi come conosciamo nei minimi dettagli la gestualità, gli sguardi e persino le pettinature dei cinque: dimmi che capelli hai e ti dirò che presidente sei… 



L’unica variabile, l’imprevisto montaliano, è il prossimo passo falso che il candidato o qualcuno del suo entourage riuscirà a fare. Passi falsi reali o proditoriamente enfatizzati dagli avversari, tutti pronti a stracciarsi le vesti (purché qualcuno presti loro attenzione). Hillary si lascia sfuggire che è stufa marcia di quel che Sanders dice dei suoi finanziatori? Crocifissa! Il Campaign Manager di Trump afferra per il braccio una giornalista invadente e rompiscatole? Crocifisso!  Sanders si azzarda a dire che non ripeterà gli errori di Obama? Crocifisso! Cruz fa circolare una foto un po’ “generosa” della moglie di Trump? Crocifisso! Trump dice che sua moglie è bella e quella di Cruz no? Crocifisso! Veramente il livello della contesta sta precipitando ed è per questo che se si potesse riazzerare tutto saremmo più contenti. 



Invece anche il risultato di martedì in Wisconsin ha contribuito a scompaginare ancora di più tutto lo scenario. La vittoria di Cruz, assieme alla perdita di vapore della campagna di Trump, rende ancora più realistico lo spettro di una “brokered convention“, cioè una convention in cui nessun candidato abbia forza numerica sufficiente (delegati) a strappare la nomination

Ci si dovesse trovare in un impasse del genere, sarebbero gli uomini di partito a prendere in mano le redini cercando di pilotare il consenso verso qualcuno. Chi sarebbe questo “qualcuno”? Un candidato che l’elettorato repubblicano non ha votato? I repubblicani rischiano grosso e l’aver messo la museruola a Trump (cosi almeno sembra) non basta certo a calmare gli animi, perché tanti l’hanno votato ed anche chi sta scegliendo di non votarlo non ama affatto Cruz, non ha alcun entusiasmo per una candidatura di Ted Cruz.

E la questione dell’entusiasmo è un problema aperto anche per i democratici. Hillary è ancora saldamente al comando, ma Bernie, fresco vincitore in Wisconsin, appare indomabile. Bernie suscita entusiasmo, Hillary no. L’esito delle prossime tornate sul fronte est (New York in primis) potrebbe ridurre ulteriormente il gap tra i due e spingere l’inerzia ancora più in favore di una nomination di Sanders. Cosa assolutamente impensabile fino a pochi mesi fa ed obiettivamente ancora largamente improbabile. Per i democratici comunque l’ipotesi di una brokered convention resta molto più remota. Il partito farà di tutto perché questo non accada. 

Nella Comedy of Errors di Shakespeare tutto si gioca tra gemelli identici, ma nella comedy of errors di queste primarie i democratici non hanno nessuna intenzione di apparire identici ai repubblicani.