Il governo italiano ha richiamato “per consultazioni” l’ambasciatore al Cairo, Maurizio Massari. E’ quanto si è appreso venerdì sera dopo il fallimento dell’incontro tra gli inquirenti italiani e quelli egiziani che lavorano sul caso Regeni. Le richieste avanzate dall’Italia con una rogatoria dell’8 febbraio scorso non sono state soddisfatte. Mancano i tabulati della cella di telefonia mobile nella quale si trovava Giulio Regeni il 25 gennaio scorso al momento del suo rapimento, e quindi i magistrati italiani hanno deciso di interrompere la collaborazione con i loro colleghi egiziani. Abbiamo chiesto un commento a Margherita Boniver, ex sottosegretario per gli Affari esteri.



Dopo il ritiro dell’ambasciatore italiano, si va verso una prova di forza tra Italia ed Egitto?

La prima prova importante è stata deludente dal punto di vista sostanziale. Lo stesso procuratore Pignatone ha detto che nel materiale consegnato dagli investigatori egiziani mancano alcuni documenti. Il richiamo dell’ambasciatore, immagino soltanto per alcuni giorni, è uno di quei passi diplomatici che erano già stati preannunciati in Parlamento dal ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni.



Qual è il significato di questa mossa diplomatica?

Si tratta ovviamente di una forma di pressione che il governo italiano sta esercitando nei confronti di quello egiziano, per arrivare a una più completa collaborazione su questo caso drammatico e gravissimo dell’uccisione dopo lunghi giorni di tortura del giovane Regeni. Il governo italiano sta perseguendo la ricerca della verità.

Secondo lei l’Egitto potrebbe innescare una sorta di braccio di ferro?

La mossa del governo italiano non è equiparabile a una rottura dei rapporti tra i due Stati. Richiamare l’ambasciatore per consultazioni è una formula diplomatica per cercare di esercitare la maggiore pressione possibile affinché ci sia una collaborazione ancora più convincente, più piena e soprattutto priva di quelle lacune che sono state evidenziate dalla Procura di Roma.



Secondo lei perché l’Egitto non ha fornito i tabulati del telefono cellulare?

E’ una domanda alla quale francamente è difficile rispondere. Lo scenario nel quale si muove l’inchiesta è comunque estremamente complesso anche perché vi sono diverse diramazioni dei servizi che operano sul territorio egiziani. Probabilmente non tutti i servizi fanno capo con lealtà al governo di Al-Sisi. Questa è una supposizione, ma immagino che sia abbastanza credibile.

 

Che cosa sta avvenendo all’interno del sistema di potere egiziano?

Ritengo plausibile una lotta tra i servizi egiziani, molti dei quali non possono vedere in modo favorevole la ricerca rigorosa della verità, che da parte italiana è stata proclamata molte volte. Anche da parte egiziana, con le ultime dichiarazioni di Al-Sisi, c’è stato un impegno a fare chiarezza. Quanto è avvenuto venerdì a Roma è una prima fase che non si può chiudere con un’unica visita degli esperti a Roma, che avrà altri momenti. Viviamola quindi per quello che è: una ricerca certamente non facile per arrivare alla verità che tutti vogliamo sapere.

 

(Pietro Vernizzi)