“Siamo orgogliosi per queste misure perché siamo il solo governo di sinistra in Europa che cerca di andare contro la politica dell’austerità neoliberale”. Così ha commentato la riforma previdenziale il ministro del Lavoro, Jorgos Katrugalos. La “neo-lingua” del governo Syriza-Anel ha coniato un altro slogan, l’ultimo della serie: l’austerità di sinistra. Purtroppo, questo nuovo pacchetto di misure non trova il consenso sociale perché la fiducia in questo governo è al minimo. Forse, a inizio anno la situazione avrebbe potuto essere diversa. Oggi, invece, troppe menzogne sono state spacciate per verità e poi troppi gli errori, troppi i tatticismi, troppi i ritardi che hanno bloccato il consolidamento del consenso.
I calcoli dicono che questa riforma prevede tagli alle pensioni e uno scollamento della solidarietà tra le generazioni. Poi nel 2018 si vedrà se è sostenibile, oppure se dovrà essere rivista con nuovi tagli. La dichiarazione del ministro, fa quasi il paio con quanto sostenuto dal primo ministro Tsipras: “Siamo impegnati – ha detto intervenendo in Parlamento – a riformare il sistema pensionistico senza ridurre le pensioni principali. Il sistema aveva bisogno di una riforma perché è troppo complesso, socialmente ingiusto e clientelare. E non corrisponde allo Stato finanziario del Paese”. Il capo del Governo ha sottolineato che il sistema a partire da oggi sarà “sostenibile senza toccare le pensioni principali” e ha promesso che “a più di due milioni di pensionati non verrà tolto un solo euro dalla pensione”.
Sono bastate quarantotto ore – sabato e domenica scorsi – di discussione parlamentare per votare il Memorandum della sinistra che comporta tagli per 3,6 miliardi complessivi. Nei prossimi giorni verrà votata la nuova legge che aumenterà le tasse indirette (totale 1,8 miliardi), istituirà la cassa per le privatizzazioni e affronterà la questione dei crediti inesigibili A quel punto i “compiti a casa” saranno terminati. Tutti soddisfatti, il governo Tsipras in primis che ormai vede all’orizzonte la discussione sul debito pubblico, stando a quanto successo all’Eurogruppo di lunedì scorso.
Il primo ministro si rimetterà la cravatta? Forse dal 2018. Ritornando alla discussione – feroce – in Parlamento, vengono alla mente le dichiarazioni di Alexis Tsipras quando, nel 2012, il governo conservatore votò il secondo Memorandum. A ruoli invertiti, le parole dell’allora presidente di Syriza sono state prese a prestito dal presidente del conservatori di Nea Democratia, Kyriakos Mitsotakis, che ha accusato Tsipras di non dire la “verità al popolo”, così come Tsipras usò le stesse parole per accusare l’allora primo ministro Antonis Samaras. Ironia del gioco politico. La “verità”, ecco la parola della “neo-lingua” che ha modificato il suo significato. Mitsotakis sostiene che Tsipras non ha detto la “verità”. Tsipras risponde: “Non è vero, forse abbiamo creato illusioni, ma non abbiamo mai mentito al popolo”. La memoria di un anno e mezzo di governo fa fatica ad accettare questa analisi.
In 153 hanno votato i tagli, tagli che i due governi “borghesi” non sono riusciti a far passare. Il primo ministro ha una maggioranza solida per cui è inutile continuare a parlare di elezioni anticipate o quant’altro. Potrà governare fino a fine legislatura, in attesa che gli indici economici migliorino (secondo quanto si sostiene nel governo). Se fino alla scorsa settimana Tsipras si era “illuso” di poter modificare gli equilibri europei, oggi ha fatto un salto nella realtà. Adesso applicherà il suo Memorandum e troverà un marchingegno per il quarto (i 3,6 miliardi di tagli a stipendi e pensioni chiesti dal Fmi qualora non si raggiungerà la percentuale prevista nell’attivo di bilancio) che potrebbe materializzarsi con un “decreto presidenziale” e quindi non andrebbe votato in Parlamento, ma entrerebbe in funzione in maniera automatica, senza cioè intervento del governo. Il che potrebbe significare un “memorandum decennale”, qualora la percentuale di attivo di bilancio si discostasse da quello previsto dalla legge finanziaria.
Comunque Tsipras è ormai sicuro che i creditori non lo tradiranno, come hanno fatto con il suo predecessore. Sono certi che Tsipras porterà a termine il lavoro. Quelle frizioni con la Troika sono servite soltanto a uso mediatico, in aggiunta all’uso interno al partito, cioè a dire: non siamo dei combattenti e non vogliamo superare la nostra “linea rossa”, linea che con il tempo si è sbiadita. L’ultima? Il ministro delle Finanze aveva dichiarato che non era disposto ad abbassare da 9100 euro la soglia di reddito non tassabile. La nuova legge l’ha portata a 8600 euro. Dunque, nessuna “uscita con onore”, come chiedeva il clan dei 53 – di cui fanno parte alcuni parlamentari tra cui lo stesso ministro delle Finanze.