“Nel Nord-Ovest della Siria la Cia continua a sostenere gruppi jihadisti in aperto conflitto con i curdi del Nord-Est armati e finanziati dal Pentagono. E’ uno dei tanti fatti che mettono in evidenza come il principale problema della Siria sia la mancanza di una strategia da parte degli Stati Uniti”. E’ l’analisi di Gian Micalessin, inviato di guerra de Il Giornale. A sud di Aleppo si continua a combattere. A essere coinvolte sono da un lato truppe fedeli ad Assad, coadiuvate da miliziani iraniani e libanesi e appoggiate dall’aeronautica russa. Dall’altra ci sono i qaedisti di Al-Nusra sostenuti da Turchia e Arabia Saudita.



Perché ad Aleppo si prolunga la tregua mentre esercito siriano e Al-Nusra continuano a combattere?

Innanzitutto la tregua non ha mai riguardato Isis e Al-Nusra. I combattimenti con Al-Nusra andranno quindi avanti indipendentemente da questa tregua, che riguarda solamente gli altri gruppi ribelli. La strategia di fondo del governo punta alla liberazione di Aleppo, il cui assedio all’inizio di quest’anno è stato rotto dai russi. Ora continua l’offensiva per liberare la parte sud, con l’obiettivo di riaprire la strada che attraversando il deserto garantisce i collegamenti con Damasco.



Quanta influenza ha Al-Nusra nella zona di Aleppo?

Al-Nusra ha un’influenza decisiva, anche perché è la sigla che riceve i maggiori aiuti da parte della Turchia. Dal punto di vista militare è uno dei gruppi più forti, perché al suo interno ha componenti che hanno combattuto in Afghanistan nelle file di Al-Qaeda. Ad Al-Nusra fanno capo anche molti dei cosiddetti “ribelli moderati”.

Come sono i rapporti di forza tra lealisti e jihadisti?

L’offensiva di inizio anno, con l’appoggio dei bombardamenti russi, ha sicuramente tagliato molti di quei cordoni ombelicali che garantivano i rifornimenti dalla Turchia alle zone ribelli. I bombardamenti russi hanno colpito duramente tutta la zona nord di Aleppo, che era rimasta per anni nelle mani di Al-Nusra e che a gennaio-febbraio è stata liberata con bombardamenti durissimi messi a segno dall’aviazione di Mosca.



La presenza di Al-Nusra nel nord della Siria è stata interamente debellata?

No. Restano sacche importanti, soprattutto nella zona sud-occidentale di Aleppo, da cui partono questi attacchi. La Turchia e gli altri alleati di Al-Nusra hanno approfittato della tregua dello scorso mese per rifornire e ricompattare le forze jihadiste che attendono armi e munizioni.

Perché si è scelto di concentrare gli sforzi bellici intorno a una grande città come Aleppo anziché in campo aperto?

Perché la città doveva diventare la capitale dei cosiddetti “territori liberati”. Nella logica della “Grande Turchia”, Aleppo è considerata una città turca. D’altra parte occupare Aleppo significava occupare il centro produttivo più grande del Paese, una sorta di “Milano della Siria”. Prima della guerra Aleppo era una città di oltre 3 milioni di abitanti, nella quale si concentravano attività manifatturiere e commerci. Da sempre è il cuore economico della Siria.

 

Nel frattempo qual è la strategia degli americani?

Gli americani probabilmente non hanno una strategia e stentano a ricostruirne una: questo è il problema di fondo della Siria. A oggi la Cia continua a sostenere dei gruppi cosiddetti “moderati”, che in realtà sono legati ai jihadisti, nella parte nord-occidentale del Paese. Invece nella parte nord-orientale il Pentagono appoggia alcuni gruppi curdi che sono in aperto conflitto con i gruppi jihadisti appoggiati dalla Cia. E’ chiaro che gli Stati Uniti in Siria hanno sbagliato tutto. Hanno appoggiato i cosiddetti “ribelli moderati” che non esistevano, favorendo di fatto l’ascesa dei gruppi jihadisti dell’Isis. Quindi di fronte all’offensiva russa, gli Stati Uniti sono stati costretti a rivedere tutte le proprie strategie. Però aspettiamo ancora di vedere i risultati.

 

(Pietro Vernizzi)