I motivi che rendono sempre più difficile realizzare quella soluzione dei due Stati ritenuta finora la più idonea a chiudere definitivamente la questione palestinese, sono sia esterni che interni. Tra i primi, la grave situazione in cui versa tutto il Medio Oriente, tra i secondi l’involuzione avvenuta negli ultimi anni nell’identità stessa delle due parti in causa, Israele e il movimento palestinese.
Il governo di destra guidato da Benjamin Netanyahu, sostenuto dai partiti religiosi, ha portato Israele su posizioni più nazionalistiche e confessionali e aumentato significativamente la costituzione di colonie ebraiche nelle aree sotto giurisdizione dell’Autorità Palestinese, in violazione degli accordi di Oslo del 1993.
Nell’altro campo, l’Olp, l’Organizzazione per la liberazione della Palestina fondata nel 1965, si è sempre contraddistinta per posizioni laiche e socialiste, sia pure in versione araba, e queste sono ancora, almeno ufficialmente, le caratteristiche di al Fatah, il partito maggioritario al suo interno. Ben diversa la collocazione di Hamas, nata nel 1987 come costola dei Fratelli musulmani e quindi con connotati decisamente religiosi, spesso di tipo estremistico. Dopo il ritiro unilaterale di Israele dalla Striscia di Gaza, nel gennaio del 2006 si tennero elezioni legislative nei Territori palestinesi, elezioni che segnarono una decisa vittoria di Hamas su al Fatah, ma con una concentrazione di voti a vantaggio della prima a Gaza e della seconda in Cisgiordania. Il ruolo di presidente venne attribuito a Mahmoud Abbas, successore di Yasser Arafat alla guida di Fatah, mentre capo di governo divenne Ismail Haniyeh, esponente di Hamas. I dissidi tra le due componenti degenerarono in un conflitto armato nel 2007, con più di un centinaio di morti e parecchie centinaia di feriti. Entrambe le organizzazioni furono accusate di violazioni dei diritti umani e di crimini di guerra. Da allora l’Autorità Palestinese ha una giurisdizione solo nominale sulla Striscia di Gaza, totalmente governata da Hamas, e i rapporti tra le due fazioni sono di fatto interrotti.
Alla base del successo di Hamas vi è anche una maggiore attenzione ai bisogni della popolazione, in una sorta di welfare islamico, che si contrappone alla diffusa e strutturale corruzione nell’Autorità Palestinese e in al Fatah, che ha a suo tempo coinvolto anche il leader storico Arafat. Non sorprende perciò che nelle liste dei Panama Papers appaiano personaggi dell’Autorità e di Fatah, tra cui un figlio del presidente Abbas, rinfocolando così le polemiche sull’uso “privatistico” delle donazioni internazionali al movimento palestinese. Per la verità, una polemica simile è in corso anche a Gaza, dove diversi milioni di dollari provenienti da donatori esteri, per esempio Turchia e Qatar, vengono destinati alla ricostruzione di moschee distrutte durante la guerra con Israele del 2014 e non alla ricostruzione delle case o per venire incontro alle esigenze della popolazione.
I rapporti sono molto tesi anche all’interno dell’Olp, come dimostra la recente vicenda del Fronte Popolare per la liberazione della Palestina e del Fronte democratico per la liberazione della Palestina. Queste due organizzazioni di estrema sinistra hanno accusato l’Olp di avere cancellato i finanziamenti necessari al loro funzionamento, data la loro opposizione al predominio di al Fatah. Nello stesso partito di Abbas si sta sempre più evidenziando una divisione tra i suoi sostenitori e i suoi oppositori, in parte raccolti attorno a Mohamed Dahlan, il leader di al Fatah a Gaza, estromesso dalla Striscia durante la guerra con Hamas e poi espulso da Fatah per corruzione. Mahmoud Abbas è al potere da 11 anni, ma dal 2005 non vi sono più state elezioni e la sua ultima mossa, la creazione con suo decreto di una Corte costituzionale palestinese, è stata vista come un tentativo per consolidare il suo potere in un modo che molti ritengono illegale e contrario alla Costituzione palestinese. E sempre più frequenti sono le accuse di gestire il potere in modo autoritario, licenziando o arrestando gli oppositori.
Riassumendo, il conflitto tra Hamas e al Fatah ha fatto sì che ci siano già due Stati, ma entrambi palestinesi, i dissidi all’interno dell’Olp sono sempre più forti e anche Hamas è meno monolitica di quanto appaia. Il tutto a fronte di un comportamento sempre più aggressivo di Netanyahu. Non stupisce che la questione palestinese sia, purtroppo, ancora lontana da una ragionevole soluzione.