Le autorità egiziane venerdì hanno fatto sapere di avere trovato dei resti umani e parti dell’Airbus EgyptAir nelle acque del Mediterraneo, confermando così che il jet è sprofondato nel mare con 66 persone a bordo. Il ministro dell’Aviazione civile ha reso noto con una dichiarazione che “la marina egiziana è stata in grado di recuperare alcuni detriti dell’aeroplano, alcuni degli oggetti appartenenti ai passeggeri e sedili dell’aereo”. Per il momento non ci sono tracce del grosso della carcassa, o di un segnale in grado di consentire la localizzazione della scatola nera. Ne abbiamo parlato con il generale Carlo Jean, analista militare.
Quali elementi oggettivi fanno propendere per un incidente e quali per una bomba?
Sulla base dei dati attualmente disponibili, è impossibile compiere una valutazione di carattere oggettivo. La mia valutazione soggettiva è che si sia trattato di una bomba. Quest’ultima molto verosimilmente ha investito in un primo momento la cabina di pilotaggio, provocando quelle strane virate molto brusche dell’aereo. Quindi ha fatto esplodere il velivolo.
Perché ritiene che le sterzate brusche siano compatibili con una bomba più che con un incidente?
Gli esperti di aviazione hanno avallato questa ipotesi. Bisogna però vedere come era collocata la bomba: per esempio potrebbe esserne esplosa una più piccola in cabina e poi una più grande. E’ d’altra parte possibile che ci sia stato un attentatore suicida che avrebbe costretto i membri dell’equipaggio a compiere queste sterzate. Allo stato attuale però sono tutte semplicemente delle ipotesi. Una volta che avranno ripescato i pezzi di aereo dal mare, gli esperti potranno valutare se ci siano o meno bruciature da esplosioni.
E’ normale che buona parte della carcassa dell’aereo sia scomparsa?
E’ possibile che si sia semplicemente inabissata nel mare. Ora i resti andranno ricercati nel fondo del Mediterraneo. Anche dell’aereo Malaysia Airlines 370 che si è inabissato nel 2014 non è più stato ritrovato nulla.
Gli attentatori come hanno fatto a superare i controlli nell’aeroporto di Parigi?
E’ possibile che anche a Parigi ci siano persone addette al caricamento dei bagagli che fanno parte di organizzazioni terroristiche. D’altra parte anche Andreas Lubitz, il pilota tedesco dell’aereo Germanwings che si è schiantato nel marzo 2015 non era certo un musulmano. Era semplicemente uno psicopatico, e psicopatici ce ne sono dappertutto.
Dopo gli attentati di novembre, a Parigi l’allerta era molto elevata. Perché non è bastato?
Nessuno Stato può essere controllato completamente: il “rischio-zero” non esiste. Anche perché se un obiettivo è protetto, per i terroristi è molto semplice sceglierne un altro. Quindi più si protegge un obiettivo e più gli altri diventano vulnerabili.
E’ così facile mettere una bomba su un aereo?
Basta metterla nella valigia. Se lei va a Fiumicino, guardi come sono portati i bagagli.
Non c’è il metal detector?
I controlli ci sono, ma una volta che il bagaglio è caricato sul carrello non è controllato ulteriormente. Basta quindi che ci fosse un dipendente dell’aeroporto di Parigi che ha inserito la bomba in una valigia perché legato ai terroristi o semplicemente perché psicopatico.
Se è stato un attentato, chi si voleva colpire?
In Egitto ci sono attentati un giorno sì e l’altro pure. In particolare i gruppi legati ai Fratelli musulmani continuano ad attaccare le forze governative di Al-Sisi. Teniamo conto del fatto che la Fratellanza musulmana ha sempre avuto teorici del terrorismo molto duri.
In questo modo si colpisce anche la Francia. Perché?
L’obiettivo più che la Francia era l’Egitto. D’altra parte esiste sicuramente un legame tra Parigi e Cairo. Non a caso Hollande e Al-Sisi si sono messi d’accordo per forniture d’armi e lotta allo stato islamico.
(Pietro Vernizzi)