Ieri una serie a ripetizione di attentati kamikaze hanno fatto numerose vittime nelle città siriane costiere di Jableh e Tartus. Lo stato islamico ha rivendicato gli attentati, affermando che il suo obiettivo è colpire i membri della minoranza alawita legata al presidente Bashar Al-Assad. Secondo l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani le vittime sarebbero 145, mentre secondo i media governativi sarebbero morte 78 persone. “L’Isis organizza questi attentati per convincere i giovani diseredati a entrare nelle sue fila – spiega Ammar Waqqaf, attivista siriano residente a Londra e direttore di Gnosos, un’organizzazione che fornisce informazioni su Siria e Medio Oriente a media e istituzioni –. Ma dietro potrebbe esserci anche Al-Nusra, che vuole fare fallire la cessazione delle ostilità attraverso cui Russia e Stati Uniti stanno cercando di spezzare il fronte ribelle tra gruppi jihadisti e non jihadisti”.
Perché l’Isis ha organizzato questi sanguinosi attentati a Tartus e Jableh?
La ragione è molto simile a quella per cui l’Isis nei mesi scorsi ha colpito Parigi e Bruxelles. Fondamentalmente si tratta di un esercizio di reclutamento: l’obiettivo è arruolare il maggior numero di persone possibili. Ciò che si vuole è che i siriani vedano la guerra in corso come un conflitto tra sunniti e sciiti. Si punta quindi a creare il maggior danno possibile, in modo che le persone reagiscano e si uniscano alle file dell’Isis.
L’Isis organizza questi attentati perché i suoi reclutamenti sono in calo?
E’ possibile, ma gli attentati a fini di reclutamento hanno sempre fatto parte della strategia dell’Isis. Gli attacchi di Parigi erano stati congegnati per dire ai giovani musulmani europei che si sentono alienati che lo stato islamico può infliggere danni ai suoi nemici. La speranza di Daesh era che ciò convincesse nuove persone a entrare nelle sue fila.
Nel caso di Tartus invece chi si vuole arruolare?
Oggi in Siria ci sono numerosi sfollati a causa della guerra, principalmente sunniti che vivono nelle aree costiere. Negli ultimi cinque anni non ci sono stati problemi con la popolazione di queste zone: l’Isis spera ora di creare ripercussioni nei sunniti delle aree costiere.
Gli attentati hanno anche a che fare con la presenza delle truppe russe nelle zone in cui sono avvenuti?
No. Le esplosioni hanno preso di mira aree civili come una fermata dell’autobus e due ospedali. Inoltre non c’è la certezza al 100 per cento che a organizzarle sia stato l’Isis, perché la prima rivendicazione è arrivata da parte di Ahrar al-Sham, ma potrebbe essere anche stata Al-Nusra.
In questo caso quale sarebbe l’obiettivo?
L’obiettivo potrebbe essere quello di mettere fine alla cessazione delle ostilità. Gruppi come Al-Nusra sono stati infatti esclusi dalla tregua, e il fatto che altre sigle vi aderiscano potrebbe creare frizioni nel fronte ribelle.
Qual è la posta in gioco legata alla durata o meno della cessazione delle ostilità?
L’obiettivo del cessate il fuoco proposto inizialmente dalla Russia era quello di separare le sigle non jihadiste da quelle affiliate ad Al-Qaeda. La risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha dichiarato che Al-Nusra e Isis sono gruppi terroristici. Significa che Russia e Stati Uniti erano d’accordo sul fatto di spingere i gruppi non jihadisti a separarsi da Al-Nusra. Questo piano però non ha funzionato. I risultati ci sono stati per quanto riguarda alcune piccole fazioni. I gruppi più grandi però non si sono potuti permettere di abbandonare Al-Nusra.
Per quali motivi?
Quando è iniziata la cessazione delle ostilità il capo di Al-Nusra, Abu Mohammad al-Julani, è andato ben due volte in televisione per dire che avrebbe combattuto qualsiasi sigla avesse preso parte al processo politico, e che i soldati di queste fazioni si sarebbero uniti ad Al-Nusra. Quest’ultima ha dato seguito alle sue minacce nella provincia di Hama, nei confronti del gruppo ribelle noto come “13esima divisione”, appoggiato dagli Stati Uniti. Il 13 marzo scorso infatti Al-Nusra ha conquistato il quartier generale e le armi di questo gruppo. I gruppi semi-jihadisti d’altra hanno ritenuto che non fosse nel loro interesse scontrarsi con una fazione molto più organizzata come Al-Nusra.
Al-Nusra è così potente da riuscire da sola a fare fallire la tregua?
Dietro il fallimento della cessazione delle ostilità non c’è solo Al-Nusra. Arabia Saudita e Turchia non sono contente delle modalità con cui si sono realizzati i negoziati di Vienna, in quanto preferivano il format di Ginevra.
Qual è la differenza?
Arabia Saudita e Turchia vogliono un esecutivo di transizione con pieni poteri, e non invece un governo più ampio nel quale Assad rimanga in carica pur formando una coalizione con una parte delle opposizioni. Riyad e Ankara hanno dato rassicurazioni ai gruppi non jihadisti o semi-jihadisti sul fatto che se loro continuano a combattere, li riforniranno di armi e denaro. Il loro invito è a rinviare il processo politico a dopo che sarà stato eletto il nuovo presidente degli Stati Uniti.
(Pietro Vernizzi)