Venerdì le forze leali al governo libico di unità nazionale hanno bombardato le postazioni dell’Isis a Sirte con l’artiglieria pesante, dopo che il giorno prima si erano spinte all’interno della roccaforte jihadista. Le forze del governo di unità nazionale provengono dalle città della Tripolitania che sostengono il premier Fayez Al-Sarraj e dalle guardie dei pozzi petroliferi che l’Isis ha cercato ripetutamente di conquistare. Giovedì un portavoce di Al-Sarraj aveva previsto che Sirte potrebbe cadere nel giro di qualche giorno. Ne abbiamo parlato con Carlo Jean, generale e analista militare.



Come legge l’avanzata delle truppe libiche verso Sirte?

L’Isis in Libia è sempre stato molto debole, infatti non è mai riuscito a reclutare i libici e in prevalenza i suoi effettivi sono composti da foreign fighter. Il motivo è che i libici sono piuttosto xenofobi e vedono nello stato islamico una realtà essenzialmente straniera.



Quali sono gli obiettivi dell’Isis in Libia?

L’Isis mira soprattutto a conquistare il territorio e a stabilire relazioni con gruppi criminali, in modo da esserne finanziato. Escludo invece che voglia utilizzare la Libia come piattaforma per organizzare attentati in Europa. Anziché partire dalla Libia, all’Isis conviene piuttosto seguire la rotta balcanica, arrivare in aereo o reclutare terroristi già presenti sul terreno.

Al-Sarraj sta risultando efficace nel combattere l’Isis?

Fa quello che può, perché non ha truppe proprie bensì un insieme di milizie che attualmente hanno trovato un interesse comune nel combattere l’Isis. L’obiettivo principale è evitare che a eliminare lo stato islamico in Libia sia il generale Haftar, perché se ciò avvenisse poi la comunità internazionale ne legittimerebbe il potere e gli darebbe degli aiuti.



Di fatto il governo di Tobruk sta sottraendo terreno all’Isis?

Il governo di Tobruk ha tutto l’interesse che, nello sforzo di combattere l’Isis, le forze di Misurata e di Tripoli finiscano per logorarsi. Per ora quindi le forze di Tobruk non muovono da est verso Sirte, anche perché quest’ultima è molto più vicina a Misurata che non a Bengasi.

Da chi è sostenuto il governo di Tobruk?

Il governo di Tobruk è sostenuto dalla Russia, che gli ha stampato le banconote e gli ha promesso delle armi. Mosca inoltre frena su un intervento deciso dell’Occidente, in quanto sostiene che la risoluzione Onu che consente di combattere l’Isis non possa essere applicata in Libia. La Russia aspetta di vedere chi vincerà, per poi allearsi con il vincitore.

Perché la Russia non vuole che il governo di Al-Sarraj sia riconosciuto da Tobruk?

Perché Al-Sarraj è troppo legato all’Occidente e agli Stati Uniti e dipende troppo dai loro aiuti in termini militari. Il governo di Tobruk dà alla Russia la possibilità di essere presente in Libia, garantendosi l’appoggio di Egitto, Emirati Arabi e Arabia Saudita, cioè dell’intero blocco sunnita con la sola eccezione della Turchia che sostiene Misurata.

E’ davvero nell’interesse della Russia mantenere una Libia spaccata in due?

La Russia sa di potere esercitare un’importante influenza in Cirenaica ma non nella Tripolitania. Meglio avere quindi una Libia divisa in due, anziché unita e con un governo filoccidentale.

 

In questo modo la Cirenaica entrerebbe nell’orbita egiziana?

Sì, anche se la situazione sul terreno è ancora interamente incerta e quindi può rovesciarsi da un momento all’altro. Sicuramente il generale Haftar si è notevolmente rafforzato grazie agli aiuti militari ricevuti dagli Emirati Arabi e dall’Egitto. Inoltre una parte significativa delle 28mila guardie delle installazioni petrolifere è passata con il generale.

 

(Pietro Vernizzi)