Il primo sms è arrivato alla madre alle 2 e 06 del mattino. La donna stava dormendo, si è svegliata e ha letto: “Mamma ti voglio bene”. Era il figlio, Eddie Justice, sposato con un altro uomo, faceva il designer di interni, una persona solare e felice che amava ballare in discoteca. Il primo pensiero dell’uomo quando ha capito che era in corso una strage è stato di dire alla madre che le voleva bene, poi un nuovo messaggio: stanno sparando nel club. Lei non ha capito cosa stava succedendo, ha provato a chiamare ma lui non ha risposto. Gli ha chiesto se stava bene, Eddie ha risposto che si era chiuso nel bagno. Poi un nuovo messaggio: chiama la polizia e subito un altro messaggio: sto per morire. La madre manda una serie di messaggi ormai nel panico ma non ha risposta. Sapendo che il figlio frequenta locali gay, comincia ad avere sospetti su cosa stia succedendo. Chiama la polizia. Alle 2 e 39 finalmente il figlio le scrive di nuovo: mamma chiama la polizia, adesso. Poi: sta arrivando, morirò. Alle 2 e 42 Eddie fa capire che lui e altri sono stati presi ostaggi, è passata più di mezz’ora dal primo sms, ma la polizia non si vede. Allle 2 e 49 la madre gli scrive che la polizia è nel locale. “Fate presto” scrive Eddie, “lui è in bagno con noi”. La madre gli chiede conferma: è nel bagno con voi?. Silenzio. Alle 2 e 50 gli ultimi due sms di Eddie: è un terrorista. E poi: sì. Nel senso che è lì davanti a loro. Sta per ucciderli tutti. Meno di cinquanta minuti fra il primo e ultimo messaggio, un tempo incredibilmente lungo. La mamma di Eddie saprà della conferma ufficiale della morte del figlio più di quindici ore dopo, ma ormai aveva già capito. Così si muore oggi negli Stati Uniti. Come in Siria. Come in Iraq. Come a Parigi, come a Bruxelles. La prossima volta?
(Paolo Vites)