“L’omicidio di Jo Cox sposta una fetta importante degli indecisi su posizioni filo-europee, costringendo sulle difensive i sostenitori della Brexit. E’ preoccupante che si vada ugualmente al voto in un momento di così forte carica emotiva”. Lo sottolinea Marcello Foa, direttore del Corriere del Ticino e docente di comunicazione. Oggi i cittadini britannici sono chiamati a esprimersi sul referendum sull’Unione Europea. Due le opzioni tra le quali possono scegliere: “Remain” (rimanere) per chi intende rimanere nell’Ue e “Leave” (lasciare) per chi vuole lasciarla. Il voto si tiene a una settimana esatta dall’assassinio di Jo Cox, una deputata laburista pro-remain la cui vita è stata stroncata per mano di un uomo di 52 anni legato all’estremismo di destra.
Quale esito si aspetta dal referendum Brexit di oggi?
Dopo l’omicidio di Jo Cox, le probabilità che vincano i “leave” sono molto basse, perché è evidente che l’intera dinamica della campagna è stata cambiata. Personalmente sono un cultore della libertà e della democrazia, e quindi non vedo con preoccupazione un eventuale successo dei “leave” anche se lo reputo improbabile.
Dietro l’omicidio di Jo Cox c’è solo la mente di uno squilibrato, o qualcuno che vuole alterare le dinamiche di questo referendum?
Questa è la domanda cui nessuno in coscienza può rispondere. In quanto esperto di comunicazione, sono consapevole degli effetti profondi che produce sugli elettori questo tipo di avvenimenti drammatici e a forte impatto emotivo alla vigilia di un voto. C’è un precedente cui vorrei richiamarmi…
Quale?
Il 10 ottobre scorso si è verificata una serie di attentati a catena ad Ankara che hanno provocato 103 vittime a sole tre settimane dalle elezioni politiche in Turchia: l’effetto è stato quello di spostare consensi a favore di Erdogan, che non a caso è risultato vincitore. Seguendo la stessa logica, l’omicidio di Jo Cox sposta una fetta importante degli indecisi a favore del “remain”, costringendo sulle difensive i sostenitori del “leave”. E’ preoccupante che si vada ugualmente al voto in un momento di così forte carica emotiva: forse sarebbe stato meglio spostare il referendum di qualche settimana o di qualche mese.
Quali saranno le conseguenze politiche se vinceranno i “leave”?
Per le ragioni che ho detto è poco probabile che vincano i “leave”, ma in ogni caso le conseguenze nel medio periodo non sarebbero catastrofiche. La Gran Bretagna infatti è troppo importante per l’Unione Europea e per i mercati perché ci si possa permettere di isolarla. Nei primi tempi ci sarebbero delle turbolenze, ma poi Ue e UK verrebbero a patti.
E se vincono i “remain”?
Se vincono i “remain” non cambierà praticamente nulla. La vera valenza di questo voto è più politica che economica, perché se la Gran Bretagna esce significa che il processo che ha portato all’Ue non è più irreversibile. Alla luce del diffuso malcontento presente in diversi Stati Ue, questo potrebbe generare dei processi di emulazione.
Quali timori o aspirazioni agitano i sostenitori di una Brexit?
La Gran Bretagna ha una grande tradizione di democrazia, di rispetto della sovranità popolare e di splendido isolamento rispetto all’Europa Continentale. Secondo i leader del fronte della Brexit, l’Ue esercita delle forme di condizionamento che sono state addirittura paragonate a quelle di uno Stato totalitario. Ciò inoltre va a incidere pesantemente sulla reale sovranità del popolo britannico. Si tratta di due argomentazioni molto forti e tutt’altro che secondarie.
Da chi vogliono scappare i sostenitori del “leave”? Dal Sud Europa o dalla Germania?
La Gran Bretagna non scappa da Italia, Spagna e Portogallo, ma semmai da Berlino, da Bruxelles e da Francoforte. I sostenitori della Brexit temono cioè quei poteri forti in grado di oscurare i poteri nazionali del Regno Unito. Nella campagna elettorale non ho visto un solo accenno di inimicizia nei conferenti dei popoli del Sud Europa.
Nel caso di una Brexit, Italia, Portogallo e Spagna potrebbero essere attratti nell’orbita britannica?
Sì. Spesso sono proprio i Paesi più piccoli ad avere la flessibilità necessaria per rispondere alle sfide di un mondo in rapido mutamento. Passato un periodo di turbolenza, una Gran Bretagna sganciata dall’Ue potrebbe diventare un player molto interessante in grado di fare da ponte con i Paesi fuori dall’area Ue. Sarebbe quindi un esperimento senza precedenti da seguire con molta attenzione.
(Pietro Vernizzi)