Turchia e Israele oggi firmeranno un accordo di riconciliazione dopo una crisi diplomatica che dura dal 2010. Da sei anni le relazioni tra i due Paesi sono congelate in seguiti all’uccisione di nove attivisti turchi filo-palestinesi per mano delle forze speciali israeliane, avvenuta sulla nave Mavi Marmara che portava aiuti a Gaza. Il patto prevede che Israele paghi risarcimenti da 20 milioni di dollari per la morte dei nove cittadini turchi, e nello stesso tempo vi sarà il reinsediamento dei rispettivi ambasciatori. Resta il blocco marittimo sulla Striscia di Gaza, ma la Turchia potrà esercitare un ruolo più importante nella cooperazione con l’area palestinese. Ne abbiamo parlato con Michael Herzog, generale riservista israeliano, analista strategico e international fellow del Washington Institute for Near East Policy.
Come valuta l’accordo di riconciliazione raggiunto da Israele e Turchia?
E’ un accordo importante tra due attori regionali altrettanto importanti, che mette fine a una crisi diplomatica tra i due Paesi durata sei anni. Questo accordo è il frutto di una convergenza nell’influenza geopolitica ed economica di Israele e Turchia.
Che cosa è cambiato sul piano geopolitico per raggiungere questo accordo?
Sul versante geopolitico entrambi i Paesi si sono resi conto del fatto che la controparte è un attore regionale importante con il quale è necessario normalizzare le relazioni. La Turchia è stata ulteriormente incentivata a un accordo dal collasso della sua politica in Medio Oriente, cioè dai suoi fallimenti in Siria, dalla crisi con la Russia e dalla pressione tanto dell’Isis quanto dei curdi. D’altra parte lo stato di turbolenza regionale ha convinto Israele dell’importanza di normalizzare le sue relazioni con la Turchia.
Qual è il valore economico di questo nuovo patto?
Dal punto di vista economico entrambe le parti hanno da guadagnare da una cooperazione nel campo del gas. Israele dispone di giacimenti di gas nel Mediterraneo, mentre la Turchia in larga parte dipende dal gas russo che copre tra il 55 e il 60% del suo fabbisogno. La Turchia vorrebbe quindi ridurre la sua dipendenza dal gas russo. Israele può trarre beneficio dal fatto di esportare alla Turchia a prezzi convenienti, nonché dal fatto di utilizzare la Turchia stessa come un transito per vendere gas anche ai Paesi europei.
Quali saranno le conseguenze di questo accordo per la Striscia di Gaza?
L’accordo stipulato consente alla Turchia di giocare un ruolo maggiore nella ricostruzione di Gaza, tanto delle abitazioni quanto delle infrastrutture. Tutto ciò avverrà però sotto il controllo della sicurezza israeliana, perché Israele vuole essere sicuro che non ci siano rischi di contrabbando di armi o di materiali che potrebbero essere utilizzati per l’industria bellica in Gaza. Israele inoltre permetterà alla Turchia di costruire un ospedale e di partecipare a un accordo di collaborazione con la Germania per costruire una conduttura per la generazione di energia elettrica.
Mentre sottoscrive accordo con Israele, la Turchia è tornata ad attaccare Papa Francesco. Come valuta la politica estera di Erdogan?
Negli ultimi anni la Turchia ha optato per un orientamento politico che l’ha allontanata dalla tradizionale politica kemalista. Quest’ultima si basava sull’appartenenza alla Nato, sul tentativo di diventare membro dell’Unione Europea, di entrare a fare parte del blocco occidentale e di essere l’unica autentica democrazia nel mondo musulmano.
Quindi che cosa è cambiato?
Tutto ciò è cambiato da quanto il partito AKP è salito al potere sotto la leadership di Erdogan. L’orientamento della Turchia si è spostato quindi da Occidente a Oriente, con l’aspirazione di Ankara a diventare un leader regionale che però è fallita a causa dello stato di turbolenza del Medio Oriente. La Turchia ha assunto quindi una linea atipica, rimanendo un membro della Nato ma cercando di affrancarsi dalla politica statunitense. Nel frattempo in politica interna si è trasformata progressivamente in una “democrazia illiberale”.
Tutto ciò quale espressione ha trovato nei rapporti con l’Occidente?
Questa natura di “democrazia illiberale” della Turchia ha trovato espressione nei suoi attacchi alla Chiesa cattolica e nello stesso modo in cui ha iniziato a ripetere che “l’Unione Europea ha bisogno della Turchia più di quanto la Turchia abbia bisogno dell’Europa”. Ma soprattutto, uno degli elementi più preoccupanti in politica estera è il fatto che la Turchia e il suo governo si siano allineati con i partiti islamisti come i Fratelli musulmani e Hamas.
(Pietro Vernizzi)