La Gran Bretagna sta cercando di capire il momento storico che vive. Ovunque si parla di Brexit. Si discute su cosa accadrà ora. Si discute sull’opportunità o meno di cominciare subito i negoziati con Bruxelles. Si discute su cosa succederà all’economia, al business. Si discute sul fatto che la classe politica si è troppo allontanata dalla gente e ha sottovalutato le preoccupazioni legittime di gran parte della popolazione. Con questo referendum, il terzo nella storia del Regno Unito, la maggioranza dei cittadini britannici ha scelto un cambio di rotta che inciderà, in positivo e in negativo, sul futuro del Paese. Ma che nel breve termine ha provocato un terremoto politico.



Tra i Tories è caos per la successione, dopo le dimissioni del Primo Ministro David Cameron. Boris Johnson è tra i favoriti, ma ci sono quelli che cercano di fermarlo. Una possibile alternativa è il ministro dell’Interno Theresa May. Ma fino a quando non sarà eletto il nuovo Primo Ministro non potranno avere inizio i negoziati con Bruxelles per la Brexit. Sul fronte laburista si sta consumando un golpe contro la leadership di Jeremy Corbyn. Più di venti ministri ombra del partito si sono dimessi e altri potrebbero seguire. Lo accusano di essere stato troppo tiepido nella campagna per restare in Europa. Corbyn, eletto democraticamente dagli iscritti al partito, ha detto che non intende dimettersi e ha già nominato dieci nuovi ministri ombra. Ma il partito è in pieno subbuglio.



Dimissioni britanniche anche a Bruxelles dove Jonathan Hill, diplomatico Tory incaricato dei servizi finanziari presso la Commissione europea, ha lasciato il prestigioso incarico. A complicare il quadro politico ci sono poi i sussulti indipendentisti della Scozia, che ha votato per rimanere in Europa. Nicola Sturgeon, First Minister, ha detto che un secondo referendum sulla permanenza nel Regno Unito è sul tavolo.

Sul piano economico, come ampiamente previsto, il voto a favore di Brexit ha creato panico sui mercati, con la sterlina a picco sul dollaro fin dalle prime ore dello spoglio e forti ribassi sui mercati azionari. Una tendenza che sta continuando, nonostante le rassicurazioni del Cancelliere George Osborne. Nel suo primo discorso dopo il referendum, Osborne ha detto che il Regno Unito affronterà il futuro “da una posizione di forza” e, anche se ci saranno degli aggiustamenti nell’economia, non ci sarà nell’immediato un “emergency budget”. Durante la campagna, Osborne aveva detto che nel caso di una vittoria di Brexit ci sarebbe stato bisogno di una legge finanziaria d’emergenza per alzare le tasse e colmare un buco nell’economia stimato in circa 30 miliardi di sterline.



La City ragiona sui possibili scenari futuri. Il calo della sterlina favorisce gli esportatori britannici, ma potrebbe far aumentare l’inflazione perchè le importazioni diventeranno più costose. In un tale scenario, la banca centrale d’Inghilterra potrebbe decidere di alzare i tassi per tenere l’inflazione sotto controllo. Ma un rallentamento dell’economia o addirittura una recessione spingerebbe la banca centrale a tagliare i tassi d’interesse a supporto della crescita.

Hetal Mehta e Christopher Jeffery, economisti di Legal and General Investment Management, scommettono su questo secondo scenario e prevedono una recessione in UK nella seconda metà del 2016. Di conseguenza, la Bank of England non alzerà i tassi. Al contrario, il suo obiettivo sarà quello di aiutare l’economia in questo periodo di aggiustamento. “Non ci aspettiamo che i tassi d’interesse diventino negativi come in Europa, ma un piccolo taglio dei tassi con l’aggiunta del Quantitative easing sono una risposta probabile, insieme a misure volte a facilitare il credito e la liquidità,” dicono gli economisti.

Il referendum ha inferto un colpo micidiale a una già traballante Unione europea, con conseguenze imprevedibili. Il divorzio della Gran Bretagna dall’Europa potrebbe fare da catalizzatore per una maggiore integrazione del continente, ma potrebbe anche rafforzare il sentimento anti-Ue presente in altri paesi. “Molto dipenderà da come il dibattito politico europeo risponderà alla Brexit nei mesi a venire,” dicono Mehta e Jeffery.

Questo timore è condiviso da molti altri investitori. David Lloyd, head of institutional portfolio management, fixed income, di M&G Investments, dice che è improbabile che l’incertezza politica ed economica resti circoscritta al Regno Unito. “Ci sono già indicazioni sul fatto che i partiti euroscettici in Europa si sentono rafforzati dal risultato del referendum,” aggiunge.

“Da una prospettiva d’investimento ci vorranno settimane o mesi prima che si comprendano pienamente le implicazioni [di Brexit]”, dice Edward Bonham Carter, vice chairman di Jupiter Fund Management, aggiungendo che durante questo periodo di incertezza gli investitori dovranno essere preparati al rischio di un livello di volatilità sui mercati finanziari addirittura maggiore di quanto visto finora dalla fine della crisi finanziaria del 2008-2009. Tuttavia, la storia insegna che i mercati hanno vissuto altre volte simili shock, ma si sono ripresi. “Le aziende continuano a fare commercio e a fare profitti e quindi i mercati azionari tendono a risalire sul lungo periodo,” aggiunge Bonham Carter.

Marino Valensise, head of multi asset and income di Baring Asset Management, condivide l’ottimismo sull’azionario. “Una sterlina più debole andrà, nel lungo periodo, a favore delle aziende multinazionali che vedranno i loro profitti aumentare”, dice. “Guarderemo con interesse alle compagnie quotate sul FTSE 100.”

Per Valentijn van Nieuwenhuijzen, Head of Multi Asset di NN Investment Partners, è impossibile sapere quanto durerà l’agitazione dei mercati. “Molto dipende da come reagiranno le banche centrali”, dice. “Questo risultato potrebbe portare ulteriore Quantitative easing”. 

Gli occhi degli investitori sono puntati anche sugli Stati Uniti, dove si attendono le elezioni presidenziali e le prossime mosse della Fed.