“L’Isis ha compiuto due grossi attentati con ben otto kamikaze in un piccolo villaggio del Libano con l’obiettivo di spaventare i cristiani che ci vivono, ma il risultato che hanno ottenuto è quello opposto. I cristiani non solo non scappano ma stanno tornando dalla capitale al confine per difendere le loro terre”. Lo evidenzia Camille Eid, intellettuale libanese residente in Italia e giornalista di Avvenire, dopo che due attentati kamikaze di seguito sono stati organizzati nel villaggio cristiano di Al Qaa, nella zona nord-orientale del Paese al confine con la Siria. La prima ondata di attentati ha ucciso cinque persone e ne ha ferite 15. La seconda ondata è avvenuta in una chiesa durante i funerali delle vittime del primo attacco. Per Camille Eid, “lo Stato Islamico sta mettendo in atto il colpo di coda dello scorpione. Poiché sta perdendo terreno dal punto di vista militare, nel solo mese di maggio 2016 ha organizzato 119 attentati, oltre la metà di quelli messi in atto in tutto il 2015”.
Qual è la logica di questa ondata di attentati che ha colpito due volte lo stesso villaggio?
Due volte nello stesso giorno, e la cosa strana è che le menti dell’attacco hanno utilizzato otto kamikaze, se non di più, per colpire un villaggio di modeste dimensioni come Al Qaa.
Perché colpire un villaggio insignificante?
In realtà Al Qaa pur essendo piccolo non è affatto insignificante, anzi è un centro ricco di significati simbolici e strategici, in primo luogo perché stiamo parlando di un villaggio cristiano. Naturalmente la sua posizione geografica non l’aiuta perché è vicino alla frontiera siriana. Abbiamo quindi i profughi che fuggono dalla guerra, i gruppi che si contendono il controllo, Hezbollah e l’esercito libanese che cercano di contrastare questi infiltrati.
Qual è il valore storico di Al Qaa?
Già prima della guerra era nota la tenacia degli abitanti di Al Qaa nel resistere a tutti i poteri. Il villaggio ha subito anche un famoso massacro a opera dei soldati siriani che all’epoca controllavano quella parte del Libano. La popolazione cristiana di Al Qaa è tradizionalmente armata perché girare senz’armi in questa parte del Libano significa rischiare la vita.
Chi c’è dietro a questo attentato?
Non ho ancora visto rivendicazioni da parte dell’Isis, ma al 99% è stato il Califfato e non Al Nusra né altri gruppi. Un fatto che posso dimostrare statistiche alla mano è che nessuna organizzazione terroristica a parte lo Stato Islamico è mai riuscita a raccogliere otto kamikaze per una singola operazione e un obiettivo di questo tipo.
Qual è lo scopo dell’Isis?
Lo scopo è uno solo: spaventare i cristiani. La cosa sorprendente è che è avvenuto il contrario, nel senso che non solo i cristiani non stanno fuggendo da Al Qaa ma martedì sono arrivate 40 macchine da Beirut con a bordo persone originarie del villaggio che tornano per difendere la loro terra.
I giornali libanesi hanno detto che gli attentatori sono siriani provenienti dal campo profughi. E’ un’ipotesi che la convince?
Ovviamente tra i profughi ci possono essere anche degli infiltrati. Dalle indagini sui precedenti attentati avvenuti in Libano è emerso che i terroristi avevano affittato degli appartamenti in zone che ritenevano più sicure e meno sospette. Il ministro degli Interni libanese, Nuhad Mashnuq, ha affermato che gli attentatori venivano dalla Siria e non dal campo profughi, ma è possibile che lo abbia fatto per non tacciare di terrorismo tutti i profughi siriani innocenti.
Qual è la nazionalità dei kamikaze?
Per il momento non lo si sa ancora. I kamikaze dopo l’attentato avevano ancora i visi integri, e quindi ora gli investigatori potranno risalire alla loro identità. Di solito però è lo stesso Isis che proclama l’identità degli attentatori suicidi ricorrendo a una perifrasi. Per esempio Abu Anas Al-Lubnani indica la nazionalità libanese (Lubnani significa “libanese” in lingua araba, Ndr).
Nel tempo c’è stato un intensificarsi del numero di attacchi kamikaze?
Sì, l’Isis e Al Qaeda stanno sempre più ricorrendo all’”arma letale” dei kamikaze. Personalmente non so dove possano trovare ogni giorno gente disposta a farsi saltare in aria per la causa. Nel mese di maggio si sono contati 119 attentati kamikaze tra Siria, Iraq e Libia, mentre a febbraio erano stati 90. Nel 2015 in tutto il mondo arabo si erano avuti 204 attentati. Quindi nel solo maggio abbiamo avuto oltre la metà degli attentati avvenuti nell’intero anno precedente, peraltro in una regione più vasta. Il trend è nettamente in salita. Guai quindi a sottovalutare la pericolosità dell’Isis, che nel momento in cui batte in ritirata diventa più letale. E’ come il colpo di coda dello scorpione.
(Pietro Vernizzi)