“La Turchia continua a fare il doppio gioco al confine con la Siria. Da un lato ha arrestato dei militanti dello Stato Islamico dopo l’accordo con gli Usa del luglio scorso. Dall’altra Erdogan ha ancora bisogno dell’Isis per impedire che i curdi espandano troppo la loro sfera d’influenza”. Lo afferma Ammar Waqqaf, attivista siriano residente a Londra e direttore di Gnosos, un’organizzazione che fornisce informazioni su Siria e Medio Oriente a media e istituzioni. Lo Stato Islamico è il principale sospettato degli attentati kamikaze all’aeroporto di Istanbul avvenuto martedì sera alle 22 ora turca, che ha provocato 41 vittime.



La matrice dell’Isis è l’unica strada possibile per questi attentati?

Gli obiettivi di questi attentati stanno diventando sempre più uniformi, cioè simili tra di loro. Dietro potrebbe esserci l’Isis, che vuole colpire il turismo della Turchia con l’obiettivo di mettere pressione al governo di Ankara, oppure i curdi che si sentono perseguitati dalle autorità turche e che reagiscono quindi in questo modo. Il fatto che l’attentato all’aeroporto di Istanbul sia stato messo in atto attraverso persone che si sono fatte saltare per aria fa pensare di più allo stile dell’Isis che non ai curdi.



Quali ragioni potrebbe avere l’Isis per colpire la Turchia?

Qualora a organizzare questi attentati sia stato l’Isis, potrebbe averlo fatto per danneggiare il turismo e più in generale l’economia turca. Diverso è il caso del 10 ottobre scorso, quando ad Ankara una serie di attentati avevano colpito una manifestazione organizzata al partito curdo HDP con l’obiettivo di creare divisioni tra la popolazione turca e quella curda. Altri attentati sono arrivati dopo che il governo turco e gli Stati Uniti si sono stretti la mano e hanno annunciato che Ankara prenderà parte alla coalizione contro l’Isis. Da quel momento in poi l’Isis ha iniziato a interferire con le questioni interne dei curdi e a fare pressioni sul governo turco.



Di fatto c’è stato un reale cambiamento nella politica del governo turco nei confronti dell’Isis?

La Turchia ha arrestato una serie di figure legate all’Isis e fatto pressioni sullo Stato Islamico dopo l’accordo raggiunto con gli Usa nel luglio scorso, e soprattutto dopo ciascun attentato suicida, ma non è chiaro se la politica di Ankara sia realmente cambiata. Anzi non ci sono prove del fatto che il flusso dei foreign fighter sia stato fermato. L’ipotesi più probabile anzi è che l’Isis stia lanciando questi attentati per costringere il governo turco a non considerare nemmeno l’ipotesi di bloccare i confini, altrimenti il Califfato incrementerà i suoi attacchi.

La Turchia ha realmente l’intenzione di “scaricare” l’Isis dopo averla sostenuta finora?

La Turchia non intende frenare o distruggere l’Isis, anche se abbiamo visto che nel Nord di Aleppo ha aiutato i suoi alleati più stretti a sottrarre dei territori al califfato. Fatto sta che la principale preoccupazione della Turchia è l’influenza in espansione dei curdi nel Nord-Est della Siria, e l’Isis è proprio ciò che consente di impedire che ciò avvenga. L’atteggiamento della Turchia quindi non è ancora chiaro, e dovremo attendere per vedere come si svilupperà.

 

E’ per questo che la Turchia non compie azioni militari dirette in Siria?

Il punto è che per giocare un ruolo militare più diretto in Siria, la Turchia non può muoversi da sola senza l’approvazione della Nato. Un intervento di Ankara potrebbe provocare delle reazioni di Siria, Russia e Iran. La Turchia preferisce quindi intervenire in modo indiretto attraverso degli altri attori come Al Qaeda, Isis, Jabhat al-Nusra e gli altri gruppi affiliati.

 

(Pietro Vernizzi)