Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti stanno aiutando con raid aerei il generale libico Khalifa Haftar ad assumere il controllo dell’Est della Libia. In pratica è stato creato un centro per il coordinamento internazionale, attraverso cui l’aeronautica militare dei tre Paesi occidentali sta operando nel Paese del Nord Africa. E’ quanto emerge da alcune intercettazioni audio provenienti dal traffico aereo della base di Benina, vicino a Bengasi, diffuse dal portale Middle East Eye. La notizia desta scalpore perché il generale Haftar si contrappone al governo di Fayez Al-Sarraj, riconosciuto ufficialmente dall’Onu. Ne abbiamo parlato con Carlo Jean, generale e analista militare.
Ritiene che la notizia sui raid aerei a supporto di Haftar sia attendibile?
Sì, e non vi partecipano solo Usa, Gran Bretagna e Francia: anche la Russia fa parte di questa operazione. Haftar si è recato a Mosca, nonostante gli fosse stato vietato da Fayez Al-Sarraj, e ha stipulato degli accordi con Putin. Oltre che dall’Egitto, il generale è sostenuto dagli Emirati Arabi, dall’Arabia Saudita, dalla Francia, dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna. Al-Sarraj al contrario è sempre più isolato.
Perché l’Egitto appoggia Haftar e non Al-Sarraj?
Perché Al-Sarraj ha pochi sostenitori e concentrati solo nella zona di Tripoli, mentre Haftar ha con sé l’intera Cirenaica.
Perché allora l’Onu riconosce Al-Sarraj e non il governo di Tobruk?
In una situazione incerta come quella attuale tutti mantengono i piedi in due staffe, sostenendo contemporaneamente Haftar e Al-Sarraj. Poiché adesso Haftar sta vincendo, incassa il sostegno dei principali Paesi. In queste situazioni tutti cercano sempre di individuare quale sarà il vincitore per allinearsi con lui.
Perché allora l’Italia continua a sostenere Al-Sarraj da sola?
L’Italia è più interessata alla Tripolitania, sia per le sue risorse di gas e petrolio, sia perché ci vive la massa della popolazione libica. I principali interessi commerciali italiani sono a Misurata. Ma c’è anche un altro motivo.
Quale?
Il nostro Paese ha sempre avuto una visione molto legalistica dei rapporti internazionali, che spesso è in contrasto con i nostri stessi interessi nazionali. Ci sarebbe infatti bisogno di un maggiore adattamento alla situazione.
Quindi all’Italia converrebbe a sua volta sostenere Haftar?
A onor del vero l’Italia ha inviato delle milizie a Bengasi e manteniamo buoni rapporti anche con il governo di Tobruk. Mentre purtroppo il caso Regeni ha guastato i rapporti con l’Egitto, in quanto il governo Renzi non è nelle condizioni di sfidare l’opinione pubblica assumendo un profilo più improntato alla ragion di Stato.
Il progetto delle superpotenze è dividere la Libia in due parti?
Molto verosimilmente sarà una soluzione obbligata. Ad anticiparla era stato l’ex ad di Eni, Paolo Scaroni, quando aveva affermato che il caos è tale che per semplificare la situazione occorre dividere in due il Paese.
L’embargo sull’invio di armi nel frattempo è stato violato più volte. Che senso ha?
L’embargo ha validità finché viene rispettato. A lasciare perplessi è piuttosto il fatto che la Turchia rifornisca di armi sia Tobruk sia Misurata.
Anche Erdogan fa il doppio gioco?
Sì, tutti quanti si mantengono in una posizione fluida in modo tale da adeguarsi all’evoluzione della situazione.
Lei quale evoluzione si aspetta?
Prima o poi la situazione si sbloccherà, anche perché prima o poi i libici avranno bisogno di soldi. Mentre con l’attuale caos le risorse energetiche non possono essere utilizzate.
A quel punto chi vincerà, Haftar o Al-Sarraj?
La mia previsione è che vinca Haftar e che Al-Sarraj perda. Ma questo non andrà a svantaggio di Tripoli e Misurata, dove vivono i due terzi della popolazione, quella più evoluta e con maggiori competenze tecnologiche. La Tripolitania ha sempre avuto un potere molto forte, e di conseguenza si andrà verso un accordo per la spartizione.
(Pietro Vernizzi)