Un rapporto del Parlamento britannico pubblicato martedì è giunto alla conclusione che esiste un’“evidenza storica” del fatto che lo stato islamico ha ricevuto finanziamenti dai Paesi del Golfo Persico. In risposta al documento presentato dalla commissione Affari esteri, il ministero della Difesa inglese ha sottolineato: “Esiste un’evidenza storica di donazioni finanziarie all’Isis da parte dei Paesi del Golfo”. La modalità delle transazioni comprende l’utilizzo dei bitcoin e a essere coinvolti sono Turchia, Arabia Saudita, Kuwait e Qatar. Ne abbiamo parlato con Rony Hamaui, professore di Economia dei mercati e degli intermediari finanziari all’Università Cattolica ed esperto di finanza islamica.
Professore, che cosa ne pensa della notizia sui finanziamenti dei Paesi del Golfo allo stato islamico che emerge dal rapporto del Parlamento britannico?
La ritengo una notizia assolutamente vera. Esistono molti indizi che fanno pensare che diverse famiglie dei Paesi del Golfo attraverso fondazioni o altre strutture private finanzino frange sunnite molto vicine all’Isis. In quei Paesi la linea di demarcazione tra pubblico e privato è piuttosto labile.
A quali indizi si riferisce?
Dai documenti dell’Isis emergono legami abbastanza forti con i Paesi del Golfo. L’intera Penisola Arabica ha sempre finanziato frange di Al Qaeda o di altri gruppi terroristici. E’ una storia che continua da molti anni. Non ci sono dubbi che per un certo periodo e in certe situazioni la stessa Arabia Saudita abbia finanziato l’Isis.
I massimi livelli dello Stato sono a conoscenza di questi finanziamenti all’Isis?
Assolutamente sì. In questi Paesi a dominare la vita pubblica sono poche famiglie ricchissime, e quindi alla fine il cerchio è estremamente ristretto. Se lei guarda la composizione dei governi o dei Parlamenti, si accorge che sono tutti imparentati tra loro.
Qual è lo scopo di questi finanziamenti all’Isis?
Giocano diversi fattori, e tra questi sicuramente è molto importante quello religioso inteso come la difesa del sunnismo contro lo sciismo. L’Isis non è altro che la frangia più nuova e aggressiva del sunnismo, e quindi agli occhi dei Paesi del Golfo andava protetta e aiutata contro il fenomeno dello sciismo.
Questi finanziamenti come hanno cambiato le sorti del conflitto?
Certamente sono stati una parte importante. Poi non sono stati tutto perché l’Isis ha avuto una capacità di raccogliere fondi anche da migliaia e migliaia di fan. Certamente però, soprattutto in una fase iniziale, sono stati un elemento molto importante. L’Isis ha un gran bisogno di soldi per gestire una guerra e una intera struttura statale. Questo denaro è venuto in parte dal petrolio che sono riusciti ad estrarre, in parte dai riscatti dei rapimenti e in parte dalla tassazione, ma una parte importante è venuta anche dalle donazioni.
Questi finanziamenti continuano tuttora?
Dopo una fase iniziale sono rallentati, anche perché erano sempre più imbarazzanti e difficili da sostenere. Generalmente inoltre si finanzia chi vince, mentre oggi l’Isis è in una fase molto difficile. Finanziare lo sconfitto o chi probabilmente sarà sconfitto non è molto semplice.
Il governo siriano invece come si finanza?
La Russia è stata un grandissimo sostenitore di Bashar Assad. Non dimentichiamo che in Siria c’è la più importante base navale russa, e Mosca ha sostenuto la guerra in modo diretto e indiretto. Ha avuto quindi sicuramente un ruolo molto importante.
(Pietro Vernizzi)