Una Gran Bretagna per tutti, non per pochi privilegiati. Theresa May si è presentata alla guida del Paese con questo manifesto. La scelta dei ministri che compongono il suo governo è stato il primo passo verso una svolta rispetto alla politica del suo predecessore, David Cameron. L’attuazione della Brexit e una politica economica meno austera sono le linee che hanno guidato la formazione del nuovo governo. La politica economica, innanzitutto. Con il licenziamento di George Osborne e la nomina di Philip Hammond al ministero più importante, la May ha preso le distanze dall’austerity che ha caratterizzato l’esecutivo di Cameron. La politica economica di questi anni ha in parte contribuito all’impoverimento di intere aree del Regno Unito e questo ha inciso sul voto del referendum. Critiche al governo non sono arrivate soltanto dalla working class, che si è sentita abbandonata dalla politica di Westminster e che ha maggiormente sofferto per i tagli al welfare. Ma anche dalla middle class, che ha avvertito la stretta attuata in nome di una riduzione del deficit.



Gli incarichi assegnati ai Brexiteers riflettono la volontà del primo ministro di avviare il processo di svincolamento della Gran Bretagna dall’Unione europea, che assorbirà gran parte dell’azione di questo governo. Boris Johnson al Foreign Office ha suscitato ilarità e perplessità, soprattutto nelle cancellerie europee. Johnson, che ha guidato la campagna per lasciare l’Ue, è noto per essere tutt’altro che diplomatico. Si è fatto una reputazione a suon di gaffes e di sarcastici commenti, come quando ha paragonato Hillary Clinton a “una sadica infermiera di un ospedale psichiatrico”. Ma Johnson sembra intenzionato a prendere molto sul serio il nuovo incarico. A lui sono stati affiancati gli euroscettici David Davis, che guiderà il ministero creato ad hoc per la Brexit, e Liam Fox, al commercio internazionale.



Queste cariche hanno tranquillizzato l’elettorato euroscettico. Davis, che ha fatto campagna con il movimento “Grassroots Out” a fianco del leader di estrema destra Nigel Farage, ha già dato indicazioni sulle prossime tappe della Brexit. A suo parere, i negoziati formali con Bruxelles dovrebbero cominciare a inizio 2017. L’orientamento del primo ministro è stato quello di imporre la sua visione e procedere non tanto a un rimpasto, bensì alla creazione di un nuovo gabinetto. Così, in una mossa che molti commentatori hanno giudicato “spietata”, la May ha licenziato i ministri di Cameron: Michael Gove, Stephen Crabb, John Whittingdale, Nicky Morgan. L’unico che ha tenuto il suo posto è stato Jeremy Hunt, il ministro della salute.



Volti nuovi e molte donne hanno preso il loro posto. Liz Truss è il nuovo ministro della giustizia, Justine Greening guiderà il ministero dell’istruzione e Andrea Leadsom (la cui decisione di abbandonare la competizione per la leadership ha accorciato i tempi e portato alla nomina fulmine della May) è stata promossa al ministero dell’ambiente. Il posto chiave del ministero dell’interno va a un’altra donna, Amber Judd. Con queste nomine, May ha voluto lanciare un messaggio chiaro al Paese: l’esecutivo lavorerà per ridurre le ingiustizie sociali. Ci saranno meno austerity, meno privilegi per i ricchi e più attenzione ai poveri.

Resta da capire dove troverà i soldi per sostenere un inevitabile aumento della spesa pubblica. Hammond, il neo-nominato cancelliere, ha chiarito subito che non ci sarà nessun Emergency Budget, cioè nessun provvedimento d’emergenza di politica finanziaria (aumento delle tasse), come aveva minacciato Osborne negli ultimissimi giorni di campagna referendaria. In caso di Brexit, aveva detto, saremo costretti ad approvare un Emergency Budget per colmare un buco nell’economia stimato in circa 30 miliardi di sterline. Invece il nuovo chancellor ha detto che l’appuntamento con il prossimo Budget sarà in autunno. E che si farà di tutto per evitare che l’economia scivoli in una recessione.

Intanto la Bank of England ha sorpreso i mercati lasciando i tassi d’interesse fermi allo 0,5%. Gli investitori si aspettavano un taglio. Il messaggio della banca centrale guidata da Mark Carney è che l’economia non ha – per il momento – bisogno di ulteriori stimoli. Dopo la notizia la sterlina è salita, recuperando valore fino a essere scambiata a 1,3480 dollari. Tuttavia, la banca ha aggiunto che la maggioranza dei membri del Monetary Policy Committee è orientata ad allentare la politica monetaria il prossimo mese. Bisognerà aspettare che il comitato abbia un quadro più chiaro dell’impatto post-referendum sull’economia britannica.