I militari russi presenti nel Nord-Ovest della Siria hanno intercettato le comunicazioni sul colpo di Stato e informato il governo turco alcune ore prima che avesse inizio. La notizia è stata diffusa dal canale satellitare russo RT. Secondo Ammar Waqqaf, attivista siriano residente a Londra e direttore di Gnosos, un’organizzazione che fornisce informazioni sul Medio Oriente a media e istituzioni, “se la notizia è vera, allora probabilmente la Russia ha stretto un accordo con Erdogan, e ha ritenuto che aiutarlo a superare questa dura prova fosse meglio che sostituirlo con dei nuovi arrivati. Nell’ottica di Mosca il rischio era che una volta rimpiazzato Erdogan, chi fosse salito al suo posto sarebbe stato più interessato a tendere la mano agli Stati Uniti”.



Waqqaf, verso dove sta andando la Turchia dopo il fallimento del colpo di Stato e la successiva repressione di Erdogan?

Questo colpo di Stato offre a Erdogan l’opportunità di rafforzare il suo gruppo di potere. Decine di migliaia di persone sono state arrestate o licenziate, ed è molto probabile che ciò porti a ulteriori tensioni all’interno della Turchia. Sarà però molto difficile che l’opposizione riesca a raccogliere abbastanza sostegno pubblico contro queste procedure, come pure che possa stringere un’alleanza con l’esercito in funzione anti-Erdogan. L’opposizione non ha una leadership sufficiente per dare vita a un movimento che si contrapponga all’AKP. A livello di politica interna la Turchia si sta muovendo verso una dittatura più dura e un regime più autoritario.



Pochi giorni prima del tentato colpo di Stato, Erdogan aveva compiuto delle mosse distensive verso Russia e Israele. Come si inseriscono questi passi rispetto al blitz dei militari?

La Turchia ha perso gran parte della sua influenza geografica a causa della posizione assunta nella crisi siriana. Molti cittadini turchi temevano che ci fosse un’influenza eccessiva di idee radicali e troppe porte aperte che consentivano ai terroristi di entrare e uscire dal Paese. A tutto ciò si è aggiunta la questione curda e un elevato numero di attentati suicidi, che hanno iniziato a colpire al cuore dell’industria turistica turca.



In che modo la politica di Erdogan ne è stata condizionata?

Questa situazione ha messo in discussione uno dei principali motivi per cui l’AKP riscuote consensi in Turchia, cioè il fatto di avere migliorato l’economia e stabilità del Paese. Per esempio i turisti dell’Ue hanno smesso di recarsi in Turchia a causa delle loro preoccupazioni sulla sicurezza. E’ per questo che da parte di Erdogan è diventato prioritario il fatto di rendere sicuro il fronte delle relazioni con i Paesi circostanti come Russia e Israele.

Quando è iniziata la svolta?

La politica estera della Turchia è iniziata a cambiare due mesi fa quando il ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, si è recato in visita in Iran. Quindi Erdogan ha avviato dei negoziati con Israele, telefonato a Putin per esprimergli il suo dispiacere per l’abbattimento del jet russo, e ci sono state addirittura voci su un negoziato con il governo siriano che sarebbe avvenuto ad Algeri. Il presidente turco ha compiuto tutto ciò per aumentare i consensi all’interno del suo elettorato.

 

Ora continuerà su questa strada?

Dopo il fallito colpo di Stato l’AKP non cambierà la sua linea nei confronti di Israele e della Siria, anzi continuerà con questo movimento di riconciliazione per calmare le acque intorno alla sua nave.

 

Questi cambiamenti hanno giocato un ruolo rispetto al tentativo di colpo di Stato?

Come rivelato dal canale satellitare russo RT, ci sono state affermazioni in base a cui i militari russi presenti negli aeroporti nel Nord-Ovest della Siria avrebbero informato le forze di sicurezza turche e quindi il governo dell’AKP sul fatto che stava per avvenire il colpo di Stato. La Russia ha intercettato delle comunicazioni in grado di confermare quanto stava avvenendo poche ore prima che avesse effettivamente inizio.

 

Perché mai la Russia avrebbe dovuto salvare il “nemico” Erdogan?

Con ogni probabilità la Russia ha stretto un accordo con Erdogan, e ha ritenuto che aiutarlo a superare questa dura prova fosse meglio che sostituirlo con dei nuovi arrivati. Nell’ottica di Mosca il rischio era che una volta rimpiazzato Erdogan, chi fosse salito al suo posto sarebbe stato più interessato a tendere la mano agli Stati Uniti, facendo sfuggire ancora una volta la Turchia dalla sfera di influenza russa. Meglio quindi un “male” conosciuto come Erdogan di uno sconosciuto.

 

(Pietro Vernizzi)