Più passano i giorni e più ho una convinzione: ovvero, che il problema non sia la Turchia, ma la Francia. Pensateci, quante bugie ha raccontato il governo francese sulla strage di Nizza? E noi ci lamentiamo della mancanza di democrazia di Erdogan? Almeno il presidente turco non ha mai fatto nulla per spacciarsi come un trasparente uomo di potere: è un despota e come tale si comporta, ma, almeno, ha la decenza di farlo apertamente. In Turchia è in vigore lo Stato di emergenza ed è stata sospesa la Convenzione europea dei diritti umani, un qualcosa che giovedì ha fatto trasalire le anime belle di questo Paese di ipocriti. Bene, volete sapere una cosa? In Turchia lo stato di emergenza durerà tre mesi, mentre dopo Nizza, Hollande lo ha prorogato di sei mesi, durerà fino al gennaio 2017 (dopo essere entrato in vigore il novembre 2015) e anche in Francia è stata sospesa la Convenzione sui diritti umani proprio in ossequio allo stato di allerta anti-terrorismo. Ma nessuno, giustamente, ha trovato nulla da ridire.
Erdogan tratta male i militari golpisti arrestati? Gli Usa a Guantanamo cosa hanno fatto con i prigionieri, li hanno messi in una spa? Ma in quel caso, chissenefrega, bastava evocare le Torri Gemelle e ogni prurito liberale passava. Per tutto lo scorso fine settimana, poi, ci siamo sentiti dire che l’autore della strage di Nizza, Mohamed Lahaouiej Bouhlel, era un violento, ma non un estremista, che beveva, mangiava carne di maiale, non andava in moschea ed era anche bisessuale. Di più, era un lupo solitario che aveva compiuto la strage perché affetto da una forte depressione, aggravata dal divorzio, cui l’estremismo aveva garantito uno sfogo. Per il ministro dell’Interno, Cazeneuve, si era radicalizzato in brevissimo tempo, due settimane e aveva fatto tutto da solo.
Bene, ieri abbiamo scoperto altro, dopo che la popolazione nizzarda ha detto chiaramente cosa pensava dei politici e della loro gestione della questione terrorismo, fischiando sonoramente il premier, Manuel Valls, alla celebrazione per le vittime. Abbiamo scoperto che non era così solitario, Mohamed Lahaouiej Bouhlel e che il suo attacco alla Promenade di Nizza non è stato neppure un gesto improvvisato, di un radicalizzato a tempo di record, secondo l’analisi che ne ha fatto sbrigativamente il governo francese. «Premeditava da mesi il suo piano criminale», ha rivelato il procuratore antiterrorismo, François Molins e se non esistono ancora prove di un legame con Daesh, è accertato che Bouhlel era dentro una rete di conoscenze che lo hanno «sostenuto nella preparazione e nell’attuazione» nella strage sulla Promenade des Anglais in cui sono morte 84 persone. Insomma, era in un branco di lupi. Tanto che cinque persone – quattro uomini e una donna – sono ora in stato di arresto, accusate tra l’altro di «partecipazione a organizzazione terroristica».
C’erano altri attacchi in preparazione? Di certo, Bouhlel è stato accompagnato nel suo progetto. Il 14 luglio, tre ore prima della strage, è sulla Promenade con Choukri Chafroud, tunisino di 37 anni che viene ripreso nelle immagini di videosorveglianza nel tir bianco, lato passeggero. Choukri, incensurato, ha vissuto a Gravina, quaranta chilometri da Bari, fino al 2015, lavorando in una masseria. Stando gli investigatori francesi, sarebbe anche tornato in Puglia qualche settimana fa, ospite di alcuni connazionali. Inoltre, Bouhlel e Choukri erano in contatto regolare (oltre cento telefonate nell’ultimo anno). E il 4 aprile scorso, il tunisino “pugliese” scrive un messaggio su Facebook nel quale sembra incitare il suo amico di Nizza, consigliandolo di «caricare il camion», riempendolo di «duemila tonnellate di ferro». Choukri parla di «tagliare i freni». Aggiungendo: «E io guarderò».
L’altro arrestato su cui si concentrano le indagini è il franco-tunisino Mohamed Walid G., 40 anni, amico di lunga data di Bouhlel: nell’ultimo anno i tabulati registrano 1278 chiamate tra i due. Anche quest’uomo era presente sulla Promenade il 14 luglio, visto che nel suo cellulare è stato ritrovato un filmato del lungomare, mentre passeggia tra le vittime e i soccorritori ancora al lavoro. Inoltre, sembra ormai assodato che Bouhlel meditava al suo piano da tempo, forse addirittura da un anno visto che nel suo cellulare sono state ritrovate «foto rivelatrici», stando alla definizione del procuratore, come un articolo del 22 maggio 2015 sul Captagon, “pozione magica dei combattenti”, una droga già usata da altri jihadisti. Ma un altro dettaglio rivela la lunga premeditazione: il 14 luglio 2015 Bouhlel fotografa sulla Promenade i fuochi d’artificio. E, nota il procuratore antiterrorismo, «fa diversi zoom sulla folla».
Perché quella fretta nel voler archiviare tutto come il disegno estemporaneo di un pazzo o di un depresso? Perché negare la premeditazione e l’esistenza di un gruppo di supporto, altro che lupi solitari? E perché l’Europol, prima che il procuratore antiterrorismo dicesse le cose come stanno, ha parlato di «assenza di legami reali con l’Isis» e del fatto che «i lupi solitari in azione sono spesso dei malati di mente»? Forse perché abbiamo paura di dire che abbiamo la guerra in casa e che l’abbiamo fatta entrare noi? Direte voi, quanto sappiamo adesso è frutto del lavoro d’indagine, lo scorso weekend non si sapeva. Allora si tace o si resta sul generico, non si sposano tesi di comodo, soprattutto se si è uomini di Stato. Già, ma quale Stato, perché sempre di più sono convinto che in Francia ci siano due Stati in lotta tra loro, con l’estremismo islamico a fungere da utile idiota di una guerra più profonda. E pericolosa.
E la conferma mi è arrivata ieri da Le Figaro, quindi una fonte autorevole e certamente non tacciabile di complottismo. Il municipio di Nizza ha ricevuto un’ingiunzione di sequestro dalla Procura di Parigi: deve cancellare “completamente” le 24 ore di immagini riprese da sei telecamere di sorveglianza (specificamente nominate e numerate) che hanno ripreso l’attentato del 14 luglio e anche «tutte le scene che dall’inizio dell’attentato hanno avuto luogo sulla Promenade des Anglais». Il quotidiano francese riporta poi una frase pronunciata da una fonte coperta da anonimato del Comune di Nizza: «È la prima volta che ci si chiede di distruggere delle prove. La città di Nizza e il centro di videosorveglianza potrebbero essere perseguiti se lo fanno. E, del resto, gli agenti responsabili del dispositivo non hanno la prerogativa di fare tali operazioni». La richiesta appare ancora più stupefacente, perché lo Sdat (Sotto-Direzione Antiterrorismo, la Digos francese) ha inviato da venerdì del personale allo scopo di recuperare tutte le immagini della videosorveglianza legata ai noti eventi.
E come ha risposto la Procura di Parigi alla richiesta di spiegazioni di Le Figaro? «La misura mira a evitare la diffusione non controllata e non padroneggiata di immagini». E la polizia nazionale cos’ha da dire, dopo essere finita nel mirino delle polemiche per aver abbandonato la Promenade mezz’ora prima che iniziasse lo spettacolo pirotecnico? «Sulle mille telecamere istallate a Nizza, 140 presentavano elementi d’inchiesta interessanti. La polizia giudiziaria ha recuperato il cento per cento di queste immagini. La polizia e la Procura hanno chiesto di cancellare le immagini di queste 140 per evitarne l’utilizzo malevolo, preoccupati per la dignità delle vittime e la ripresa di queste immagini da siti jihadisti a scopi di propaganda». Inoltre, «la distruzione deve essere completa, perché è impossibile procedere a distruzione parziale di questo tipo di materiali».
Lo Stato e la polizia, accampando scuse ridicole, hanno ordinato di distruggere le prove di un attentato: e sarebbe la Turchia il problema? Chi c’era la sera del 14 luglio sulla Promenade des Anglais di così importante da dover far sparire i filmati delle telecamere di videosorveglianza? Davvero si vuole evitare un uso malevolo delle immagini, quando da una settimana girano in rete centinaia di filmati dell’accaduto ripresi con gli smartphone? Per caso la Promenade des Anglais quella sera era una specie di via Fani in salsa islamista, qualcuno stava controllando che tutto andasse per il verso giusto? Qualcuno, magari, che formalmente il terrorismo dovrebbe sconfiggerlo. E che, invece, grazie al sangue innocente di Nizza, non ha visto esaurirsi lo Stato di emergenza il 26 luglio, ma lo ha anzi visto prorogato fino al prossimo anno? Guarda caso, giovedì il Jobs Act alla francese, la riforma del lavoro che ha dato luogo a molti mesi di proteste, è stata ufficialmente approvata dal Parlamento, in assenza di mozioni di sfiducia nei confronti del governo presso l’Assemblea nazionale. Lo ha annunciato il presidente dell’Assemblea, Claude Bartolone e il premier, Manuel Valls, ha subito salutato su Twitter la notizia, definendola «un grande passo per la riforma del nostro Paese: più diritti per i nostri lavoratori, più visibilità per le nostre piccole e medie imprese, più posti di lavoro».
Ma sia l’opposizione di destra, sia la sinistra estrema hanno annunciato un ricorso al Consiglio costituzionale, mentre i sindacati invece hanno promesso una ripresa della mobilitazione il 15 settembre: con calma, ora si va in vacanza. E, soprattutto, è dura andare in piazza con lo stato di emergenza in vigore e Nizza che consente al governo di fare il bello e il cattivo tempo, coperto com’è dal potere assoluto conferito a Hollande. Per farcela, il governo ha fatto ricorso per la terza volta allo strumento previsto in Costituzione del quesito di fiducia per consentire l’approvazione senza voto dell’ultimo grande progetto del quinquennio, prima delle presidenziali del 2017. In un’aula semideserta, Bartolone ha constatato che non è stata depositata alcuna mozione di sfiducia e il testo va considerato come definitivamente approvato. Senza colpo ferire, a parte 84 vite spezzate.
Voi temete Erdogan, io temo gente come Hollande e Valls.