LIPSIA – Caro direttore, riflettendo sulla ricezione del fallito golpe turco, mi sono dapprima chiesto che cosa ne pensasse il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I, amico di papa Francesco. Ho trovato questa risposta (kathpress.at): “Il patriarca appoggia ogni governo turco, che sia stato eletto dal popolo e sia così legittimamente democratico ed è allo stesso tempo contro ogni forma di violenza”, così si è espresso il metropolita austriaco Arsenios. 



Questi ha accompagnato nei giorni scorsi il patriarca Bartolomeo in una breve vacanza in Slovenia, programmata da due mesi e per la quale il patriarca era partito per caso poche ore prima dell’inizio del golpe. Due ore dopo il suo arrivo in Slovenia ha saputo degli avvenimenti in Turchia e pur volendo ritornare immediatamente a Istanbul è rimasto in Slovenia, per la non accessibilità dell’aeroporto Atatürk. Le speculazioni di katholisch.de che il patriarca sarebbe fuggito perché avvertito in tempo del golpe non sembrano essere vere (il biglietto dell’aereo era stato già prenotato da settimane, ha precisato il metropolita austriaco).



Così rimangono speculazioni il seguito delle informazioni di katholisch.de, stando alle quali secondo degli osservatori ci sarebbe il pericolo che le rappresaglie del governo post golpe possano colpire anche il patriarcato di Costantinopoli. Il motivo sarebbe che l’accusa fatta al movimento islamico Hizmet di Fethullah Gülen di aver ideato il golpe potrebbe danneggiare anche il patriarca, che nel passato aveva tenuto buoni rapporti con il suo fondatore. 

In verità anche Erdogan aveva nel passato buoni rapporti con Gülen. Il giornalista turco Orhan Kemal Cengiz, in un articolo in cui aveva recensito un libro che affermava che Atatürk avrebbe origine armene, diceva che la grande difficoltà nel ricostruire la storia turca consiste nel fatto che essa è ricolma di ideologia e leggende. Questo pericolo, leggendo certi articoli sul golpe, sembra non limitarsi a un modo “turco” di leggere la storia, ma ha a che fare anche con forme di giornalismo che piegano le notizie a uno scopo ideologico, quale esso sia.



Enzo Bianchi, priore della comunità di Bose, ha detto su Twitter di ricevere da Istanbul messaggi del tipo: “Notti di paura, di arresti, di violenza e di tradimenti. Perché non ci aiutate?”. Nel dibattito in calce al messaggio sembra di poter capire che il modo di potere aiutare i dissidenti turchi sarebbe quello di dare loro asilo, per esempio anche nella comunità di Bose stessa. 

Il politico di origine turca capo del partito verde tedesco Cem Özdemir si è espresso dopo il golpe in modo radicale su Erdogan: “Mentre una Turchia orientata democraticamente  avrebbe un posto in Europa, dobbiamo dire che sotto la guida di Erdogan ciò non è per nulla possibile”. Quello che si comprende in Ankara sotto il termine democrazia, non avrebbe nulla a che fare con una democrazia liberale in senso occidentale, ha precisato.

La cancelliera tedesca Angela Merkel, come riferisce una portavoce, in una telefonata di lunedì scorso ha detto al presidente turco Recep Tayyip Erdogan con chiarezza che nella reazione al golpe la Turchia deve attenersi ai principi di uno “stato di diritto”. Dopo aver espresso le condoglianze per i molti morti causati dal golpe ha aggiunto che la pena di morte viene rifiutata con decisione sia dalla Germania che dall’Europa. Mi sono chiesto leggendo la dichiarazione della portavoce che cosa avesse risposto Erdogan agli appelli della cancelliera, ma non c’è stato modo di saperlo. 

Il ministro tedesco degli Esteri Frank-Walter Steinmeier, in un suo viaggio a Washington, ha reagito così allo “stato d’emergenza” dichiarato dalla Turchia: “Esso deve esser limitato allo stretto necessario e finito al più presto. Tutto il resto distruggerebbe il Paese e indebolirebbe la Turchia, sia all’interno che all’esterno”. Politici turchi importanti twittano invece messaggi per far comprendere che lo stato d’emergenza non limiterà né la libertà di stampa, né quella di movimento. 

Alla fine della mia piccola ricerca mi sono chiesto che cosa sia credibile o meno in tutto ciò che leggevo: che cosa è storia, che cosa è ideologia? Lascio la domanda in sospeso, ma essa è sempre più urgente per comprendere questi tempi in cui le notizie degne di essere comprese accadono in un ritmo molto intenso. 

“Oggi – ha detto da qualche parte Bill Gates, riandando alle radici culturali della crisi – il nostro dibattito non è guidato dai fatti ma dall’ideologia… ci manca qualcosa di grosso”. Non saprei individuare più precisamente il soggetto (“qualcosa di grosso”) di questa mancanza, ma ne sento tutta l’urgenza, negli odierni dibattiti spesso guidati non dai fatti ma dall’ideologia.