«Il giorno dopo gli attentati, il Gabinetto del ministro dell’Interno ha inviato un commissario al Centro di sorveglianza urbana che mi ha messo in contatto con Place Beauvau (ministero dell’Interno, ndt). Ho quindi avuto a che fare con una persona frettolosa che mi ha chiesto un rapporto indicante i punti di presenza della Polizia municipale, le barriere, e che, nel dispositivo di sicurezza, si vede anche la Polizia di Stato in due punti. Gli ho risposto che avrei scritto solo quello che avevo visto. O che forse c’era la Polizia di Stato, ma non mi è apparsa nei video. Quella persona mi ha quindi chiesto di inviare per posta elettronica una versione modificabile del rapporto per “non ribattere tutto”. Sono stata tormentata per un’ora, mi hanno ordinato di indicare delle posizioni specifiche della Polizia di Stato, che non avevo visto sullo schermo. A tal punto che ho dovuto rispedire fisicamente l’emissario del ministero dal Csu! Alla fine, ho inviato per email una versione Pdf non modificabile e una modificabile. Poi, qualche giorno dopo, la sottodirezione antiterrorismo mi ha chiesto di cancellare i nastri di sei videocamere menzionate nel mio rapporto, quelle relative alla strage. Ci hanno richiesto, in quanto necessario per l’indagine, di estrarre otto giorni di registrazione di 180 videocamere. E ora bisognerebbe cancellarne alcune per impedirne la diffusione al pubblico… Eppure, il Csu esiste da sei anni senza avere mai subito la benché minima fuga di immagini».
Ciò che avete appena letto è lo sfogo di Sandra Bertin, agente della polizia municipale e segretaria generale del Sindacato autonomi della funzione pubblica territoriale (Safpt) di Nizza, intervistata da Le journal de dimanche. Per queste sue parole, il ministro dell’Interno francese, Bernard Cazeneuve, l’ha querelata, mentre il primo ministro Manuel Valls, intervistato da France 1, ha parlato di volontà di destabilizzazione del governo. I giudici ci diranno chi ha ragione, resta però un fatto: quale motivo avrebbe la Bertin di mentire? È forse una militante del Front National? Se anche lo fosse, giova ricordare tre cose. Primo, Hollande e il governo Valls sono al minimo storico di consenso. Secondo, ogni attentato rischia di rinforzare il supporto alla destra, non minarlo. Terzo, la Francia è in regime di stato di emergenza, quindi è difficile destabilizzare un governo che può fare il bello e il cattivo tempo, invocando la sicurezza nazionale.
Viviamo in un mondo impazzito, questo mi pare sia chiaro a tutti, ma in questa follia c’è una lucidità incredibile, un filo che tiene insieme tutto. Come spiegare, altrimenti, quanto accaduto in Germania negli ultimi cinque giorni. Prima l’afghano/pakistano che assalta un treno e colpisce i passeggeri con un machete, poi la sparatoria al centro commerciale a Monaco di Baviera con le sue mille incongruenze, poi ancora il profugo siriano che uccide una donna incinta di fronte a un negozio di kebab vicino a Stoccarda e, infine, un altro profugo che si sarebbe fatto esplodere all’esterno di una sala da concerto ad Ansbach, in Baviera, uccidendo se stesso e ferendo altre 11 persone. In tre casi su quattro, i fatti sono accaduti in Baviera, patria del partito gemello della Cdu, ovvero la Csu e, guarda caso, il più duro oppositore interno alla politica migratoria di Angela Merkel. Di più, il ministro dell’Interno bavarese, Herrmann, domenica in un’intervista ha invocato l’utilizzo dell’esercito in caso di emergenze interne legate al terrorismo, nonostante la costituzione tedesca post-bellica lo vieti. Qualcuno vuole instaurare anche in Germania uno stato di emergenza come quello francese?
Giova ricordare che entrambi i paesi il prossimo anno andranno al voto e che i partiti di governo sono in forte sofferenza, con la destra che continua a crescere, sia il Front National che Alternative fur Deutschland. Qualcuno sta utilizzando stranieri con profili psicologici difficili per compiere un lavoro di destabilizzazione? Non mancano esempi in tal senso nella storia degli Stati occidentali e, converrete con me, di matti con pistole e machete ce ne sono un po’ troppi nella cronaca odierna: avanti di questo passo, i servizi segreti incroceranno i dati con le farmacie per sventare gli attentati. Il caso del 18enne di Monaco di Baviera che ha perpetrato la strage al McDonald’s e al centro commerciale è tipico: depresso, timido, vittime dei bulli per anni e con un odio in corpo che se incanalato nel modo giusto può sfociare in quanto accaduto. Un’arma letale che le anime belle vorrebbero ridurre a problema psichiatrico, quasi il terrorismo si potesse battere con il Prozac: no, il problema ce lo abbiamo in casa, da tempo e ora, solo ora, si manifesta in tutta la sua gravità.
Evito la scontata contabilità dei continui sbarchi che quotidianamente interessano il nostro Paese, sapete da tempo che ritengo ciò che stiamo vivendo un’invasione preordinata al fine di destabilizzare la società italiana, già fiaccata da una crisi economica profondissima e di cui non si intravede la luce alla fine del tunnel. Però il problema resta: paesi come Francia, Germania, Belgio e Svezia hanno fatto entrare negli ultimi venti anni milioni di profughi in nome dell’integrazione e del multiculturalismo e ora pagano il conto ai ghetti che si sono creati, con il beneplacito dello Stato e degli intellettuali d’accatto che ne cantavano le sorti magnifiche e progressive.
L’integrazione e il multiculturalismo hanno miseramente fallito, tocca prenderne atto, ma per farlo occorre anche sfatare alcuni tabù. Certa gente, va espulsa. Punto, rispedita al mittente senza troppe pastoie burocratiche o patemi d’animo buonisti. E le frontiere vanno rinforzate con controlli seri: solo venerdì gli austriaci hanno completato del tutto la struttura di controllo al confine del Brennero, di fatto sigillandola. I francesi, un po’ per paura, un po’ per ripicca verso gli inglesi, un po’ perché di voglia di lavorare ne hanno poca, hanno trasformato il punto di frontiera di Calais in un inferno, con attese di cinque, sei ore per chi arrivava da Oltremanica. Noi abbiamo migliaia di chilometri di costa che non sono sigillabili come un confine terreno e, infatti, i clandestini (perché tali sono) cominciano ad arrivare dappertutto, non solo in Sicilia: nel fine settimana oltre mille persone sono infatti arrivate nei porti della Sardegna. Dio non volesse che nella sua operazione di riallineamento con Mosca, la Turchia volesse mandare un segnale all’Ue disonorando l’accordo sui profughi, perché in quel caso le frontiere con Grecia e Bulgaria esploderebbero in due giorni, trasformando i Balcani in una polveriera.
Occorre prenderne atto e agire di conseguenza: stipulare accordi, anche economici, con i paesi di partenza, esattamente come fatto a suo tempo da Berlusconi con Gheddafi, e smetterla di fare la guerra all’Egitto per Giulio Regeni, visto che a venderlo ai suoi killer sono stati i servizi britannici a cui non abbiamo chiesto conto di nulla. Investire in sviluppo nei Paesi di partenza, con l’Africa sub-sahariana e il Maghreb e, infine, respingere le barche già partite e di cui si conosce il porto di provenienza: con umanità, assistendo in mare, ma poi facendo fare marcia indietro. Al terzo viaggio pagato e andato storto, vedi che i ragazzoni di un metro e 80 che arrivano qui e si lamentano per cibo e wi-fi lento ci pensano due volte prima di partire, visto che non fuggono da nessuna guerra. Un Paese serio e civile farebbe così, ma noi siamo l’Italia, la civiltà l’abbiamo persa da tempo. Per quanto riguarda la serietà, basta vedere chi sta al governo.
Attenzione, poi, all’utilizzo che dell’immigrazione e dell’estremismo che spesso la pervade, sta facendo chi tira i fili: i continui attentati che stiamo vivendo servono a instaurare uno stato di paura permanente, il quale garantisce affari d’oro al business bellico e della sicurezza e permette ai governi di bypassare i Parlamenti, quindi il confronto democratico e il bilanciamento dei poteri. Non sentite, da qualche tempo, un continuo richiamo al modello israeliano, sia per la sicurezza aeroportuale che per quella più in generale delle città? Modello israeliano significa stato di guerra permanente se non lo sapete e non siete mai stati in quel Paese: è questo il destino d’Europa, lo stesso che diventa sempre più necessario per gli editorialisti di Stampa e Corriere? Volete vivere in città con i vigilantes armati sugli autobus? E magari arrivare a check-point tra quartieri, per dividere quelli a rischio e degradati da quelli bene? Basterebbe far rispettare la legge e rispedire a casa chi non ha diritto a stare qui, non servono lezioni israeliane. Le quali, però, fanno molto comodo a chi governa e a chi fa business con l’industria della paura.
In Francia c’è già lo stato di emergenza, tra non molto lo applicheranno anche Germania e Belgio: siamo al primo stadio dello stato di polizia. Attenti a valutare bene di chi avere paura e di cosa abbiamo bisogno davvero, perché da certe derive non si torna indietro. Se non a prezzi altissimi.