«La conquista di Roma annunciata due anni fa da al-Baghdadi sta già avvenendo passo dopo passo. Colpire una chiesa come è avvenuto in Francia è il terzo passo di una strategia precisa, che mira a instillarci la paura così da farci abiurare la nostra identità». A spiegarlo è Gian Micalessin, inviato di guerra de Il Giornale, dopo che due terroristi sono entrati nella sagrestia di una chiesa nel villaggio di Saint’Etienne-du-Rouvray, in Francia, sgozzando un anziano sacerdote che stava celebrando la messa. L’Isis ha rivendicato l’attacco affermando che i due terroristi erano soldati del Califfato.
Un sacerdote ha incontrato il martirio non in Siria o Iraq, ma in Francia. Che cosa cambia?
Siamo in una nuova tappa di questa guerra che ci contrappone all’Isis. In tutto ciò però non vi è nulla di imprevisto. L’1 luglio 2014, nel suo primo discorso pubblicato sotto forma di messaggio audio, Abu Bakr al-Baghdadi annunciò esplicitamente: “Conquisteremo Roma”. Colpire una chiesa nel cuore dell’Europa e uccidere un prete sull’altare è il terzo passo di questa strategia che si è già articolata in varie forme.
Quali sono stati i due passi precedenti?
Tra agosto e ottobre 2014 sono iniziate le decapitazioni degli ostaggi occidentali con l’obiettivo di instillare la paura nei nostri cuori, tanto è vero che quello che è emerso è un Occidente pusillanime. E così il Califfato ha potuto compiere un secondo passo avanti, colpendoci con gli attentati prima di Parigi e poi di Bruxelles. Adesso siamo arrivati a una nuova tappa: attaccare le chiese significa iniziare quell’assalto per la conquista di Roma.
L’obiettivo dell’Isis è davvero quello di prendere Roma?
Non necessariamente in senso letterale. Ciò che vuole fare lo Stato Islamico è combattere i nostri valori, instillare la paura in qualsiasi fedele che desidera frequentare i luoghi sacri, desertificare i nostri simboli. Svuotare le chiese è il primo passo per farci abiurare la nostra identità e i nostri valori, così da arrivare poi alla conquista dell’Europa che avverrà con la spada o semplicemente grazie al numero dei musulmani che diventeranno la maggioranza.
In concreto quali saranno le tappe successive attraverso cui l’Isis intende conquistare l’Europa?
Lo Stato Islamico vuole avere a che fare con un nemico progressivamente più debole, che non ha un’identità e che non è capace di rispondere con la dovuta energia. Il problema di noi europei in questo momento è che non sappiamo neanche chi siamo. Lo Stato Islamico quindi non fa altro che sfruttare le nostre debolezze e incapacità. Sta avvenendo quello che predisse il cardinal Giacomo Biffi già nel 2000, quando affermò: “L’Europa o ridiventerà cristiana o diventerà musulmana. Ciò che mi pare senza avvenire è la ‘cultura del niente’ che sembra essere l’atteggiamento largamente dominante nei popoli europei”.
L’Università di Al-Azhar ha condannato l’attacco di Rouen. La considera una condanna sincera?
Non è questo il vero problema: nel momento in cui questa condanna viene fatta dobbiamo per forza presupporre che sia sincera. La vera questione è quanto l’Università di Al-Azhar sia effettivamente ascoltata nel mondo musulmano, almeno da parte di chi esercita la violenza, e quanto invece siano ascoltate le prediche di al-Baghdadi e degli altri profeti dell’odio. Noi non siamo in lotta con un miliardo di musulmani, bensì con una percentuale del 2-3% che però ha la forza di portare avanti la jihad. Questa minoranza fa sentire la sua voce più di quella dei grandi imam di Al-Azhar e dei grandi predicatori moderati.
Il Papa ha detto: “Il mondo è in guerra, ma non è una guerra di religione”. Lei che cosa ne pensa?
Non ci troviamo di fronte a una guerra di religione con tutto l’Islam. Sicuramente però l’Islam più estremista, ma anche un certo Islam wahabita, guarda al mondo cristiano come all’ultimo nemico da abbattere. Anche perché queste correnti si rifanno all’ultima profezia contenuta negli Hadith di Maometto in cui si dice: “Conquisteremo Costantinopoli e poi conquisteremo Roma”. Tutto ciò è parte della dottrina islamica più estremista, quella dei Fratelli musulmani e degli wahabiti. Questo tipo di Islam è in guerra con noi.
Lei prima ha detto che la risposta dell’Occidente finora è stata sbagliata. In che senso e che cosa dovremmo fare?
Quando si è in guerra e si ha un nemico si tende ad avanzare, non ad arretrare. Noi invece abbiamo fatto esattamente ciò che quel nemico si aspettava da noi. Anziché inviare truppe in Siria e Iraq per combattere l’Isis direttamente, ci siamo limitati a dei bombardamenti per ripulirci la coscienza nella speranza che quel nemico non sarebbe arrivato fino a qui. Invece arretrando abbiamo dato a quel nemico la consapevolezza che poteva attaccarci in casa, anche nei luoghi simbolo della nostra spiritualità.
(Pietro Vernizzi)