A 100 giorni dalle Elezioni Usa 2016 il mondo attende di conoscere chi tra Donald Trump, candidato dei Repubblicani, e Hillary Clinton, candidata dei Democratici, prenderà il posto di Barack Obama alla Casa Bianca. L’eccezionalità di questa tornata elettorale è resa evidente da diversi fattori, ne citiamo due: per la prima volta nella storia degli Stati Uniti d’America una donna corre per diventare Presidente; d’altro canto troviamo un imprenditore miliardario, odiato dall’establishment del partito per cui gareggia, che senza alcuna esperienza politica alle spalle rischia di essere il futuro “commander in chief” dello Stato più influente della Terra. Sarà per questo, forse, che questa viene considerata la campagna elettorale più pazza, imprevedibile e allo stesso tempo entusiasmante di sempre. Giusto per avere un assaggio di quanto e cosa saranno i prossimi mesi, ieri l’accusa di Hillary ai servizi segreti russi che avrebbero tentato di hackerare le mail del Partito Democratico per favorire proprio Trump. Lo dicevamo, giusto un assaggio. In questo primo appuntamento di una rubrica che ci accompagnerà da qui al voto dell’8 novembre vogliamo allora ricordare cosa è successo e come si è arrivati fin qui. Un breve ripasso per i distratti che hanno perso i primi capitoli della storia ma che vogliono gustarsi a pieno il finale.
Fin dall’annuncio della discesa in campo di Donald Trump nelle Primarie Usa 2016, erano in pochi a considerare credibile innanzitutto la sua candidatura nel Partito Repubblicano, figurarsi una vittoria. Il tycoon newyorchese, però, ha adottato da subito una strategia semplice, lineare e redditizia: parlare alla pancia della gente. Individuandone i problemi quotidiani e promettendo di risolverli in breve tempo tramite interventi netti. L’immigrazione sottrae posti di lavoro agli americani? Costruiamo un muro al confine con il Messico! Il terrorismo è una minaccia concreta? Sospendiamo l’ingresso nel Paese dei musulmani! Prese di posizioni tanto forti quanto discutibili, che gli hanno attirato le critiche di un’ampia porzione della stampa, ma che di pari passo gli hanno consentito di piazzarsi in vetta ai sondaggi. Gli analisti politici credevano che la sua candidatura col passare del tempo sarebbe andata sgonfiandosi, ma il personaggio Trump e l’oggettiva debolezza dei suoi sfidanti (da Jeb Bush a Ted Cruz, da Marco Rubio a John Kasich) hanno fatto sì che la sua vittoria diventasse realtà ben prima della chiusura ufficiale delle Primarie. Trump ha conquistato 1542 delegati dei 1237 necessari per ottenere la nomination. E adesso è sicuro di battere Hillary Clinton: gli analisti lo ritengono molto difficile. Ma Trump li ha già smentiti una volta…
Lisa Simpson se ne faccia una ragione. Il sogno di diventare la prima Presidente donna degli Stati Uniti d’America potrebbe essere infranto alle prossime elezioni Usa 2016 dalla signora Hillary Clinton. Al contrario di quanto accaduto per Trump e i Repubblicani, Hillary è stata da subito la favorita delle Primarie fra i Democratici. Il ruolo da frontrunner le è stato attribuito fin dai blocchi di partenza grazie all’esperienza maturata come segretario di Stato dell’amministrazione Obama, ma è inutile negare che l’essere stata la first lady di Bill Clinton abbia contribuito a rendere familiare la sua immagine per l’elettorato americano. Ottenere la nomination, però, non è stata una passeggiata. Il rivale di Hillary, Bernie Sanders, un senatore del Vermont con idee molto di sinistra che ha deciso di iscriversi al Partito solo per correre alle Primarie, ha creato attorno a sé un movimento composto soprattutto da giovani pieni di entusiasmo. Sanders ha dato un’alternativa rivoluzionaria al messaggio solido e concreto della Clinton, offrendo un’opzione di discontinuità rispetto alla stessa amministrazione Obama. Neanche alcune grane di un certo rilievo, a partire dal rischio di essere indagata dall’FBI (nei prossimi appuntamenti capiremo perché) hanno però fatto vacillare Hillary che, pur subendo qualche gancio dal suo avversario, è riuscita a conquistare 2810 delegati (quando ne servivano 2.383) e ad arrivare da favorita al duello con Trump. Entrambi i candidati hanno buoni motivi per sperare nel successo. Nessuno può dare per scontata la sconfitta dell’altro. Ciò significa che fino all’8 novembre tutto può succedere. E noi saremo qui a raccontarlo.
(Dario D’Angelo)