Devo fare i complimenti a Scenarieconomici per aver scoperto un qualcosa che, se fossimo ancora un Paese con un minimo di orgoglio e senso della sovranità, dovrebbe portare immediatamente alla convocazione dell’ambasciatore francese e a un netto irrigidimento dei rapporti con Parigi. Mi riferisco alle vere ragioni dell’attacco a Gheddafi del 2011 da parte di Sarkozy e Blair e della Nato, al fianco di una titubante ma obbediente Italia, attacco militare che portò alla morte del dittatore libico e all’attuale caos alle porte di casa nostra. Un qualcosa che completa il quadro del golpe internazionale ordito contro l’Italia e permesso dall’allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.



La prima fase è nota a tutti: Deutsche Bank, nella primavera di quell’anno, scarica 9 miliardi di titoli di Stato italiani, rendendo nota la decisione all’inizio dell’estate e premurandosi di far sapere ai mercati che, contemporaneamente, sta coprendosi dal rischio Paese italico comprando credit default swaps. Comincia la danza dello spread, la Bce invia la sua bella letterina e, magia, a novembre Silvio Berlusconi si dimette, aprendo la strada al governo Monti e alla sua agenda dettata da Bruxelles. Ma, in contemporanea c’è stato dell’altro e lo si trova in alcune delle 3mila e-mail di Hillary Clinton, all’epoca segretario di Stato Usa, rese note proprio dal Dipartimento di Stato lo scorso 31 dicembre su ordine di un tribunale federale.



Bene, da quella corrispondenza si delinea con chiarezza il quadro geopolitico ed economico che portò la Francia e il Regno Unito alla decisione di rovesciare un regime stabile e amico dell’Italia, grazie al rapporto personale tra Berlusconi e Gheddafi: due terzi delle concessioni petrolifere nel 2011 erano dell’Eni, azienda che aveva investito somme considerevoli in infrastrutture e impianti di estrazione trattamento e stoccaggio. Attraverso la mail inviata il 2 aprile 2011 dal funzionario Sideny Bluementhal, uomo di fiducia dei Clinton e consigliere nemmeno troppo occulto di Hillary per quanto riguardava il Medio Oriente (vedasi l’attentato all’ambasciata Usa di Bengasi), alla allora segretario di Stato Usa e oggi candidata alla Casa Bianca, Hillary Clinton, dall’eloquente titolo France’s client & Qaddafi’s gold, scopriamo i retroscena dell’intervento franco-inglese.



Primo, la Francia ha chiari interessi economici per l’attacco alla Libia, tanto che il governo francese ha organizzato le fazioni anti-Gheddafi alimentando inizialmente i capi golpisti con armi, denaro, addestratori delle milizie (anche quelle sospette di legami con Al-Qaeda), intelligence e forze speciali al suolo. Secondo, Le motivazioni dell’azione di Sarkozy sono soprattutto economiche e geopolitiche, e il funzionario Usa le riassume in 5 punti: il desiderio di Sarkozy di ottenere una quota maggiore della produzione di petrolio della Libia; l’aumento dell’influenza della Francia in Nord Africa; il miglioramento della posizione politica interna di Sarkozy; offrire ai militari un’opportunità per riaffermare la posizione di potenza mondiale della Francia; infine, rispondere alla preoccupazione dei suoi consiglieri circa i piani di Gheddafi finalizzati a soppiantare la Francia come potenza dominante nell’Africa francofona. Insomma, neo-colonialismo della peggior specie tutto a danno dell’Italia e dei suoi interessi strategici.

Ma non basta, perché il piano di Sarkozy era ancora più preciso e la motivazione principale dell’attacco militare francese fu il progetto di Gheddafi di soppiantare il franco francese africano (Cfa) con una nuova valuta pan-africana, un qualcosa che avrebbe avuto un valore simbolico e formale pari all’abbandono della parità aurea del dollaro. Ecco cosa dice Blumenthal al riguardo, come confermato dalla mail inviata che vediamo nello strappo a fondo pagina: le ingenti riserve d’oro e argento di Gheddafi, stimate in «143 tonnellate d’oro e una quantità simile di argento», pongono una seria minaccia al franco francese Cfa, la principale valuta africana.

Inoltre, l’oro accumulato dalla Libia doveva essere usato per stabilire una valuta pan-africana basata sul dinaro d’oro libico e questo piano doveva dare ai paesi dell’Africa francofona un’alternativa al franco francese Cfa. Quindi, la preoccupazione principale da parte francese è che la Libia porti il Nord Africa all’indipendenza economica con la nuova valuta pan-africana, un rischio tale che l’intelligence transalpina scoprì un piano libico per competere col franco Cfa subito dopo l’inizio della ribellione, spingendo Sarkozy a entrare in guerra direttamente e bloccare Gheddafi con l’azione militare. Puro interesse particolare della Francia, per il quale non solo ora scontiamo il caos libico e le infiltrazioni dell’Isis, ma patiamo anche un’invasione di clandestini che partono dalle coste libiche ormai in mano a bande e tribù.

All’epoca si parlò di dottrina del Responsibility to Protect (R2P) come motivazione per l’intervento, ma, a detta di Blumenthal, si trattò solo di uno schermo per coprire la vera motivazione dell’attacco a Gheddafi: l’oro delle sue riserve e gli interessi economici francesi in Africa. Infine, appare interessante al fine di attribuzione di fatto determinato, l’accenno di Sidney Blumenthal a «l’occasionale emissario di Sarkozy, intellettuale e auto-promotore Bernard Henri-Levy, considerato dagli esponenti della NLC (National Libyan Council, fazione libica anti-Gheddafi finanziata e addestrata dalla Francia, NdR) un personaggio a metà utile e a metà ridicolo».

È stato lui il gran ciambellano della destabilizzazione? Una cosa è certa: se fosse provato il suo ruolo nell’abbattimento del regime di Gheddafi, avremmo la riprova che certi personaggi alla Soros, che si fanno scudo con i diritti civili per rimestare nel torbido e dar vita ad agende geopolitiche precise, sono il vero cancro delle odierne democrazie, la loro degenerazione in nome di un presunto bene superiore e universalistico che invece non esiste, se non negli interessi precisi delle elites economico-finanziarie. Il problema è che in Italia non esiste ceto politico degno di questo nome: Silvio Berlusconi, principale vittime del duplice golpe del 2011, è ormai fuori gioco per motivi di età e di salute e la persona che ha scelto per succedergli, Stefano Parisi, ha lo stesso appeal e la stessa caratura politica di un Pokemon. Non parliamo poi dei cavalier serventi di turno alla Brunetta, capaci unicamente di polemizzare per il viaggio negli Usa della Boschi, ma totalmente incapaci di un’iniziativa politica reale: siamo alla fine del centro-destra in Italia, mettiamocelo in testa e la Lega appare l’unica alternativa, il che già dice molto. Forse troppo.

Se esistesse ancora il centrodestra, quella mail di Bluementhal dovrebbe finire all’attenzione del Parlamento e dell’ambasciata francese a Roma, dovrebbe avere delle risposte chiare e precise in tempi brevi, altrimenti addio alle relazioni diplomatiche con Parigi. Parliamoci chiaro: Francia e Germania nel 2011 ci hanno dichiarato guerra, la prima orchestrando l’attacco alla Libia e la seconda schiantandoci a livello finanziario e di rischio Paese. Sono Paesi dell’Ue e della Nato, quindi dovrebbero rendere conto del loro operato e pagarne il prezzo: dov’è l’orgoglio dell’Italia? Cosa siamo diventati, un branco di smidollati che applaudono le pagliacciate tipo gli islamici a Messa? Abbiamo permesso che ci calpestassero come Paese per interessi precisi e noi non reagiamo? Abbiamo forse paura di gente come Sarkozy, il quale ora punta all’Eliseo e quasi certamente la spunterà, visto che i francesi di fronte al “pericolo” Le Pen sono pronti a votare anche un cartonato o un serial killer?

È ovvio, poi, che dietro la scelta francese ci siano stati gli Usa e Hillary Clinton, la quale ora si appresta a diventare il primo presidente donna degli Usa, roba da Wwf più che da democrazia matura: i francesi, da Charlie Hebdo in poi, ci hanno infatti dimostrato che a livello di intelligence e militare sono dei poveracci che si fanno mettere in mezzo dal Salah Abdelslam di turno, figuriamoci se sono in grado di dar vita a un’azione di destabilizzazione eterodiretta come quella libica senza l’aiuto di Dipartimento di Stato e Cia. Quando cominceremo a chiedere conto ai presunti alleati delle loro azioni contro di noi e i nostri interessi nazionali? C’è qualcuno, qualunque sia il suo partito, che porterà il caso di quella mail all’attenzione del Parlamento?

Ah già, ora i deputati e senatori si godranno 41 giorni di ferie, perché sono molto stanchi e affaticati. Ormai siamo una colonia, mettiamocelo in testa. Ma attenti, perché arriva sempre il momento in cui il popolo non si fa più ammansire dallo smartphone nuovo a rate o dalla logica del panem et circenses. Poi, però, non lamentatevi per cosa potrà accadere.