Le Elezioni Usa 2016 stanno entrando nel vivo, ma a meno di tre mesi dall’appuntamento delle presidenziali di novembre c’è già chi teme che il risultato delle urne possa essere alterato da agenti esterni al volere popolare. Non stiamo parlando di qualche sostenitore della teoria del complotto, né di un normale cittadino intento a fare chiacchiere da bar insieme ad un paio di amici. A lanciare l’allarme, indovinate un po’, è stato Donald Trump, candidato alla Casa Bianca dei Repubblicani. Qualche giorno fa infatti, come riportato dalla Cnn, mentre si trovava per un comizio in Ohio, uno degli Stati in bilico e risultato spesso decisivo per la vittoria delle Elezioni Usa, Trump ha ammesso il timore che queste elezioni possano essere “truccate”.
Un’accusa particolarmente grave quella di Trump, argomentata peraltro con temi molto cari ai sostenitori di Bernie Sanders più appassionati, quelli che ancora oggi, nonostante il loro leader abbia annunciato il proprio endorsement per Hillary Clinton, non si rassegnano a votare per la candidata del partito Democratico e vanno ripetendo lo slogan “Bernie or bust”, in pratica “Bernie o niente”. La speranza di The Donald è che l’unione contro il sistema “corrotto”, possa trasformare quel “niente” in “Trump”. Non è un mistero, infatti, che nel corso degli ultimi mesi Trump abbia corteggiato i supporters di Sanders, il senatore del Vermont che alle Primarie Usa dei Democratici ha impegnato la favoritissima Hillary Clinton molto più del previsto. Del resto, le migliaia di email rubate dagli archivi del partito Democratico di cui abbiamo parlato alcuni giorni fa hanno in parte avvalorato le accuse che Sanders stesso aveva rivolto in passato all’establishment del partito, svelando l’ostilità dei vertici nei suoi confronti. L’intenzione di Trump potrebbe essere proprio quella di cavalcare l’onda del complotto, convincendo gli americani più arrabbiati nei confronti della casta, che il loro futuro e quello dei loro figli rischia di essere deciso da qualche organismo corrotto che ha intenzione di plasmare il voto popolare a proprio piacimento. In un sistema come quello americano, che del fair play fa da sempre un motivo d’orgoglio nonché un elemento irrinunciabile, le parole di Trump non potevano passare inosservate.
In un messaggio pubblicato sul suo profilo Twitter, il portavoce di Hillary Clinton, Brian Fallon, ha definito le parole di Trump oltre che “patetiche”, anche “pericolose”. Difficile dargli torto. Ammettiamo che Hillary Clinton vinca le Elezioni Usa 2016 e lo faccia con uno scarto risicato in qualche Stato: come la prenderebbero i sostenitori di Trump? Sarebbero pronti ad accettare l’esito dello spoglio o scenderebbero in piazza a protestare? E lo stesso imprenditore newyorchese come si comporterebbe dopo aver evocato lo spettro delle elezioni truccate? Concederebbe a Clinton l’onore delle armi o aizzerebbe i suoi sostenitori dando vita magari ad una battaglia legale sul modello di quella tra George W. Bush e Al Gore nel 2000, quando 537 voti della Florida risultarono decisivi per l’elezione alla Casa Bianca del Repubblicano? Quesiti ai quali al momento non è possibile rispondere con certezza e ai quali in molti preferiscono non pensare.



Ma qual è il modo più intelligente per ridimensionare le dichiarazioni incendiarie di Trump in vista delle Elezioni Usa 2016? Probabilmente quello messo in atto dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama. L’attuale inquilino della Casa Bianca, come riportato da Vox, in una conferenza stampa di qualche giorno fa ha letteralmente demolito la teoria del repubblicano. Come ha fatto? Per prima cosa ha definito “senza senso” le accuse di Trump e con un’espressione del volto che non ha lasciato troppo spazio ad interpretazioni ha esclamato:”Le elezioni non saranno truccate! Cosa significa?”. Subito dopo Obama è diventato più serio, è entrato nel merito della questione e ha chiarito che il governo federale non entra direttamente nel processo di voto. Bisogna ricordare, infatti, che il sistema elettorale statunitense si sviluppa su base locale: senza entrare troppo nei tecnicismi, ogni Stato fa storia a sé. Compito del governo federale è soltanto quello di monitorare che le operazioni di voto non vengano falsate e procedano senza particolari intoppi.
Dopo aver ricordato a Trump e alle menti più malleabili le caratteristiche del sistema di voto a stelle e strisce, Obama ha giocato la carta dell’ironia per descrivere il tycoon repubblicano:”Penso che tutti noi in alcuni momenti della nostra vita abbiamo fatto sport, o forse abbiamo semplicemente giocato a scuola o in un recinto di sabbia, e qualche volta le persone, se perdono, iniziano a dire di essere state imbrogliate. Ma non ho mai sentito di qualcuno che si lamenta di essere truffato prima che il gioco sia finito! O prima ancora che vengano contati i punti!”. Infine Obama ha rifilato una stoccata non da poco all’avversario di Hillary Clinton:”Se il signor Trump è sopra di 10 o 15 punti (nei sondaggi, ndr) il giorno delle elezioni e finisce per perdere, allora forse può sollevare alcune domande. Ma questo non sembra essere il caso in questo momento”.
Alcuni giornalisti americani negli ultimi giorni stanno ipotizzando che le frasi di Trump sul rischio di elezioni truccate nascondano in realtà il desiderio dell’imprenditore di costruirsi un alibi in caso di sconfitta. Che a Donald Trump non piaccia perdere è risaputo. Ma non possiamo fare il suo stesso gioco: meglio non spingersi troppo oltre e limitarsi a commentare i fatti. In fondo è pur sempre l’America, la culla della democrazia moderna. Sarà il popolo a decidere, senza trucchi, il nuovo presidente degli Stati Uniti.
(Dario D’Angelo)

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