Anche l’Italia dovrà misurarsi con Erdogan? Parrebbe di sì, dopo che due colonnelli turchi ritenuti golpisti dal governo si sarebbero imbarcati dalla Grecia per l’Italia con le rispettive famiglie il 6 agosto. Il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu ha fatto sapere di avere richiesto al nostro paese la consegna dei militari. Un episodio che aumenta il caos in un quadro internazionale che appare ormai privo di certezze e in balia di nuovi rapporti di forza. Ne abbiamo parlato con Gian Micalessin, inviato di guerra de Il Giornale.



Micalessin, finora l’Italia non ha avuto a che fare se non indirettamente con la Turchia del dopo-golpe. E adesso?
Se la notizia sarà confermata dovremo prendere posizione, forse per primi a livello europeo, e decidere se espellerli, consegnandoli a un processo non basato su canoni europei, o se invece fare muro e metterci in conflitto diretto con Erdogan.



Insomma, una vera grana.
Sì, e non possiamo far nulla senza essere sicuri di avere l’appoggio di tutti i nostri partner europei, perché la Turchia è pronta a utilizzare tutti i pretesti per mettere a rischio l’accordo con l’Europa sui profughi. Siamo in una posizione molto delicata.

Perché Erdogan vuole a tutti costi la liberalizzazione dei visti?
Potrebbe essere un modo per bluffare, toccando un nervo debole dell’Europa. Il presidente turco vuole un’arma efficace per mettere paura all’Europa, che senza l’accordo sui profughi rischierebbe un’invasione di 2 milioni di persone. L’economia turca soffre molto l’embargo russo e le sospensione delle sanzioni assicurata da Putin è di là da venire. Per questo Erdogan non vuole rinunciare a intascare fino all’ultima rata i 6 miliardi promessi dall’Ue.



Veniamo alla svolta nei rapporti tra Ankara e Mosca. Sono solo tatticismi o c’è dell’altro?
Non sono tatticismi, sono il frutto di una politica confusa di Stati Uniti ed Europa che ha spinto due naturali nemici a unirsi per interessi economici molto chiari: da un lato la Turchia ha perso miliardi negli scambi economici con la Russia, dall’altro la Russia vede nella Turchia un partner economico indispensabile per portare il proprio gas sulle coste del Mediterraneo e venderlo a quella stessa Europa che aveva messo fuori gioco Mosca con le sue norme sulla concorrenza. Detto questo, la vera questione aperta è la Siria.

Perché?
Qui sono in gioco interessi completamente opposti: Mosca appoggia Assad, Erdogan è stato il grande demiurgo della guerra siriana, colui che fin dall’inizio ha appoggiato le milizie islamiste alle quali ha offerto ospitalità sul proprio territorio. Ma potrebbero trovare un nuovo punto di incontro.

In che modo?

Una pace turco-russa senza l’inclusione dell’occidente e degli Usa spiazzerebbe completamente Washington e Berlino. A queste condizioni, per Erdogan e Putin la Siria diventerebbe improvvisamente un’interessante opportunità, una leva per cambiare completamente lo scenario. Non dimentichiamoci che un mese prima del fallito colpo di stato due ex generali turchi erano andati a incontrare Assad su mandato di Erdogan.

Questo cosa significa?
La Turchia avrebbe tutto l’interesse ad una politica russa meno favorevole ai curdi e magari a un controllo delle zone curde in Siria; Assad potrebbe restare in sella in una Siria mutilata di alcune parti del suo territorio, magari quelle curde date in affidamento ai turchi. Putin avrebbe estromesso gli Usa dall’area. A quel punto, Erdogan potrebbe essere tentato di aprire i confini e liberarsi di due milioni di persone in più…

A proposito di Stati Uniti. Ieri si è riacceso improvvisamente un altro fronte, con Putin che ha accusato l’Ucraina di aver tentato un blitz in Crimea e Poroshenko che ha disposto l’allerta massima al confine. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu si è riunito d’urgenza.
Non penso che Putin abbia voglia di riaccendere il conflitto con L’Ucraina, a meno che l’Ucraina non sia così così suicida da lanciarsi in un’avventura per la riconquista della Crimea. I primi a sconsigliarla dovrebbero essere i suoi alleati americani, ma credo che abbiano altri problemi. No, è una situazione che anche in un mondo impazzito i russi hanno tutto l’interesse a non far degenerare e a tenere sotto controllo.

(Federico Ferraù)