Caos e grande incertezza in Thailandia. 4 morti e 32 feriti, è questo il bilancio di una serie di esplosioni ancora dai contorni poco chiari avvenute tra l’11 e il 12 agosto in alcune località prevalentemente turistiche nel sud del paese. Tra i feriti ci sono anche due italiani, Lorenzo Minuti, 21 anni, e Andrea Tazzioli, 51 anni. Le loro condizioni non sono gravi. Le autorità hanno negato la matrice terroristica degli attentati, tuttavia hanno dichiarato che gli attacchi erano “coordinati”. Francesco Sisci, editorialista di Asia Times e del Sole 24 Ore, conosce molto da vicino il paese del sud-est asiatico.



Sisci, le notizie che giungono dalla Thailandia sono frammentarie, anche un po’ misteriose. Perché?
Oggi la situazione in Thailandia è molto confusa. La giunta al potere ha varato una riforma costituzionale che di fatto limita i poteri del futuro governo eletto a quello di portinaio delle decisioni altrui. I poteri vengono lasciati ai militari, i quali negli ultimi anni si sono arrogati sempre più competenze anche per la malattia del re, sovrano praticamente assoluto.



In quali condizioni si trova attualmente la monarchia?
Oggi il re è molto malato e — si dice — in fin di vita. Il principe che dovrebbe succedergli pare abbia problemi di stabilità mentale, o tali sono le voci al suo riguardo. Le proteste nel sud musulmano non si sono placate e il partito di Thaksin Shinawatra, che ha vinto praticamente ogni elezione negli ultimi 15 anni, è bandito e Thaksin è costretto all’esilio. Così i contorni di questo attentato sono estremamente confusi. Inoltre da quando i militari sono al potere l’economia traballa. I tassi di crescita della Thailandia, una volta in testa nella classifica delle nuove tigri asiatiche, oggi sono indietro e nell’ultimo anno persino la Birmania, non ancora pienamente democratica, appare più interessante della Thailandia.



Non è terrorismo ma “sabotaggio locale”, hanno detto le autorità. Dobbiamo credergli?
Le autorità forse hanno ragione. O forse cercano di prendere due piccioni con una fava: accusare elementi vicino a Thaksin, o vicino ad altri circoli… Di certo la politica thailandese non è estranea agli assassini politici e minacciare il turismo, una delle prime industrie del paese, potrebbe essere utile nei giochi di ricatti multipli interni al paese.

Però gli attacchi farebbero parte di una “strategia coordinata”. Cosa significa?
Bisogna capire la geografia politica thailandese, che è molto opaca. Semplificando, ci sono i militari, la corte, gli indipendentisti meridionali e le camicie rosse vicine a Thaksin. Questi gruppi sono tra loro poi molto divisi. In particolare corte e militari, che ora hanno tutti i poteri, sono alleati ma hanno anche profonde divisioni interne. Il punto principale è: chi gestirà la morte del re attuale e chi prenderà sotto tutela (e che tutela) il principe designato?

Questo cosa c’entra con quanto accaduto?

L’attentato potrebbe essere una carta di qualcuno che ora sta perdendo in questo gioco e che domani potrebbe essere più forte. Forse bisogna anche vedere chi emerge nei prossimi giorni, se qualcuno emerge… questi potrebbe essere il vincitore del gioco dell’attentato, cosa che peraltro non esclude altri attentati, vista l’instabilità complessiva del paese.

E’ vero che i ribelli del sud lottano da vent’anni per una specie di stato a matrice islamica?
Quella è una popolazione in realtà etnicamente di confine, dove l’islam è stato per decenni tratto di identità culturale più che fede vera religiosa. Questo islam ha poi coagulato forze che volevano l’indipendenza oppure l’adesione alla vicina Malaysia. Qui certo ci sono state infiltrazioni di Al Qaida, ed è possibile che sia arrivato anche l’Isis. Ma in questo caso direi che la tensione nel sud è figlia dell’instabilità politica a Bangkok.

Dunque esiste il rischio di una saldatura tra l’Isis e questi gruppi?
Certo, però la Malaysia, pur islamica, è lontana da tentazioni estremiste. Il problema è la deriva di Bangkok.

E l’esercito? Che partita sta giocando?
L’esercito è diviso, molti generali sono partiti a sé alleati con pezzi della Corte e delle élite tradizionali, che temono la sfida di Thaksin. Thaksin ha fatto crescere una nuova piccola e media borghesia nelle campagne del nord. Questa nuova borghesia ha sfidato il potere e l’accesso al credito della vecchia borghesia, abbarbicata sui suoi vecchi privilegi, e questo conflitto è ancora irrisolto.

Si rischia un cambio di regime, o un nuovo colpo di stato?
Il golpe già c’è stato, i militari sono già al potere. Forse l’attentato prova che il re è davvero ai suoi ultimi giorni o settimane e che altri sommovimenti potrebbero avvenire presto.

(Federico Ferraù)