Hanno fatto di tutto per costringerlo a ritirarsi da queste Elezioni Usa 2016, ma Donald Trump ha deciso di non dargliela vinta. Si ci sono messi i giornali, con l’Huffington Post che lo ha definito una “disgrazia nazionale”, la Cnn che ha parlato di lui come un “presidente inconcepibile”, fino al New York Times, che in due editoriali al vetriolo lo ha descritto come un “essere ripugnante” di cui “i figli dovrebbero vergognarsi”. Ma la fase in cui un ritiro della candidatura del Repubblicano sembrava se non probabile quanto meno ipotizzabile, sembra ormai alle spalle. Nemmeno il timore di andare incontro ad una sconfitta sembra ormai impensierire più di tanto il tycoon newyorchese. Alcuni giornalisti del New York Times, citando fonti vicine a Paul Manafort, il capo della campagna elettorale di The Donald, avevano ironicamente definito il suo staff vicino “al suicidio”: troppi gli errori e le brutte figure alle quali cercare di porre rimedio; impensabile sperare di proseguire senza incorrere in nuove gaffe senza prima ottenere la collaborazione del candidato. Secondo alcuni retroscena svelati dalla CNBC, politici dell’esperienza di Rudy Giuliani, ex sindaco di New York, e Newt Gingrich, ex speaker della Camera dei Rappresentanti, si sarebbero addirittura scomodati per consigliare a Trump un “reset” della campagna elettorale. Un modo molto americano per riequilibrare le strategie comunicative, per abbassare i toni, soprattutto, per non alienarsi quell’elettorato conservatore intimorito dall’aggressività del candidato repubblicano.
Poi però si è capito che Trump, se anche perderà, lo farà alla sua maniera. Lo ha confermato anche lui in una recente intervista alla CNBC, parlando di sé come di un “narratore di verità”. Non si è tirato indietro quando gli è stato fatto osservare che l’accusa rivolta ad Obama, il presidente degli Stati Uniti in carica, di essere il “fondatore dell’Isis”, un’organizzazione terroristica che vuole uccidere gli americani, poteva essere giudicata “poco appropriata”. Trump ha ribadito quello che a suo dire è stato l’errore più grande di Obama, il ritiro tardivo delle truppe statunitensi dall’Iraq che ha “destabilizzato il Medio Oriente”. Ha sottolineato che Obama è “assolutamente il fondatore dell’Isis”, tirando in ballo nuovamente la Clinton in qualità di “cofondatrice” dell’organizzazione terroristica. Nemmeno il richiamo alla “gente del Secondo Emendamento”, il popolo dei possessori di armi che “potrebbe fare qualcosa per fermare Hillary Clinton”, in quello che era sembrato un invito non troppo velato ad imbracciare i fucili contro la democratica, e le polemiche che da esso sono derivate, hanno minato la sicurezza di Trump. Il repubblicano, il suo staff e i politici schieratisi dalla sua parte hanno rimarcato con forza che era evidente che quello di Trump fosse un semplice invito ai possessori di armi ad unirsi nelle urne per sconfiggere Hillary. La Cnn, però, riporta che alcuni dialoghi sarebbero intercorsi tra i servizi segreti americani in cerca di chiarimenti e alcuni dirigenti della campagna elettorale di Trump. Il candidato smentisce su Twitter; Cathy Milhoan, invece, direttrice della comunicazione dello United States Secret Service, semplicemente non conferma e ribadisce che l’agenzia federale è “al corrente dei commenti” di Trump. Una formula per dire che si sta investigando, che l’affermazione non è passata inosservata e sarà meglio che non abbia un seguito.
Nonostante ciò, Trump ostenta sicurezza: anche quando gli fanno notare che gli ultimi sondaggi indicano che lo supporta soltanto il 72% delle donne Repubblicane; un dato preoccupante se si pensa che Mitt Romney nel 2012 perse le Elezioni Usa contro Obama pur avendo il 90% delle donne del Gop a suo sostegno. Trump va dritto per la sua strada, elenca i dati dell’ultimo comizio, dice che c’erano “oltre 10.000 persone” e che Hillary dovrebbe ritenersi fortunata se al suo ultimo evento ce n’erano 200. Poi prova a prendersi una rivincita sulla stampa. Cita un articolo apparso sul Washington Post, si dice incredulo che lo abbiano pubblicato visto che “non hanno mai detto cose cattive” sulla Clinton e descrive la sua opera fallimentare come senatrice dello stato di New York. Trump sostiene che le stesse parole e gli stessi slogan utilizzati all’epoca della campagna elettorale da senatrice, durante la quale la Clinton prometteva un forte rilancio dell’economia nonché la creazione di nuovi posti di lavoro, vengono utilizzati in quella attuale per la Casa Bianca. Lo fa per sottolineare che l’esperienza da senatrice di Hillary si è poi rivelata “un disastro”, così come lo è stata a suo dire quella da Segretario di Stato, invitando dunque gli americani a scegliere un’altra strada. Nemmeno quando gli intervistatori provano a mettere in luce i suoi passi falsi Trump accetta di catalogarli sotto la voce “errori”. Al contrario rimarca la sua differenza dai politici di professione quando dice di non essere un “insider” ma un “outsider”. Per darsi forza ricorda di avere già sconfitto 17 persone alle Primarie del partito Repubblicano e che ora gli basta battere un’altra persona, che lui definisce “poco meno che incompetente”, per diventare il Presidente degli Stati Uniti.
Anche per questo motivo, Donald Trump non si ritirerà: perché nella narrazione di sé agli americani e al mondo, ha già costruito l’immagine di un vincente, qualunque cosa accada. Per questo, forse, Trump è apparso tranquillo anche dinanzi all’ipotesi di una sconfitta. Sempre alla CNBC ha detto di voler attendere questi ultimi 90 giorni prima delle presidenziali dell’8 novembre, consapevole che se il suo non essere politicamente corretto lo porterà alla sconfitta potrà comunque fare ritorno ad “uno stile di vita molto buono”. La grande novità probabilmente risiede però nel fatto che Trump inizi a commentare l’ipotesi di un insuccesso. Nel mettere in conto che di fronte a lui ci sono due strade, una di grande lavoro, l’altra, in caso di sconfitta, che lo condurrà verso un periodo di vacanza “molto molto lungo”, Trump da una parte conferma che andrà fino in fondo a questa storia, dall’altra ammette che non è detto che vincerà. Bisogna soltanto scegliere da quale punto di vista osservare le cose, a meno di non essere Donald Trump: per lui, in ogni caso sarà un successo.
(Dario D’Angelo)