-Tutti i sondaggi relativi alle Elezioni Usa 2016, quando mancano meno di 3 mesi alle presidenziali dell’8 novembre, parlano chiaro: se si votasse oggi Hillary Clinton non avrebbe problemi a vincere contro Donald Trump. Il sistema elettorale americano prevede che il giorno delle Elezioni i votanti non scelgano direttamente il candidato alla Casa Bianca, bensì i cosiddetti Grandi Elettori. Questi, rappresentano i delegati che si riuniscono per eleggere formalmente il Presidente degli Stati Uniti d’America: sono in tutto 538 e vengono nominati su base statale, di cui 100 vengono indirizzati al Senato (2 per stato), 435 alla Camera dei Rappresentanti (in maniera proporzionale rispetto alla popolazione residente in ogni stato), più 3 che provengono dal Distretto di Columbia, dove ha sede la capitale Washington. Essendo il numero complessivo di Grandi Elettori pari a 538, il candidato che ambisca a diventare il nuovo inquilino della Casa Bianca deve collezionarne la metà più uno: ovvero 270. Detto che l’assegnazione dei delegati avviene su base statale e in maniera proporzionale rispetto alla popolazione, questo significa che non è detto che chi prende più voti vinca. Nella storia delle Elezioni Usa è già successo che un candidato prendesse molti più voti del suo rivale su base nazionale, ma perdesse lo stesso perché il rivale aveva collezionato un numero maggiore di Grandi Elettori. È quanto accadde nel 2000 al Democratico Al Gore, che perse l’opportunità di salire alla Casa Bianca perché il repubblicano George W. Bush vinse in Florida, uno stato chiave che assegna 29 delegati, per uno scarto di circa 500 voti. Gli stati più importanti, dal punto di vista numerico, sono California e Texas, che ne attribuiscono rispettivamente 55 e 38. Quelli che contano meno (assegnano soltanto 3 Grandi Elettori) sono, in ordine alfabetico, i seguenti: Alaska, Delaware, Montana, North Dakota, South Dakota, Vermont, e Wyoming. Per vincere le Elezioni Usa 2016 però, bisogna fare i conti non solo con la calcolatrice, ma anche con la tradizione. In California ad esempio, i democratici vincono ininterrottamente dal 1992 (l’ultimo Repubblicano a vincere fu Bush senior nel 1988); allo stesso modo il Gop fa suo il Texas dal 1980 (l’ultimo Democratico a trionfare fu Jimmy Carter nel 1976). Dunque, in una battaglia resa complicata da molti fattori, spesso a risultare decisivi sono i cosiddetti “swing state”, gli stati in bilico. Quelli che secondo molti esperti sono imprescindibili per una vittoria di Trump sono Florida, Ohio e Pennsylvania. Sono questi gli stati in cui The Donald deve fare bottino pieno per sperare di ribaltare i pronostici che lo vedono sconfitto quasi sicuro. Sono questi, infatti, gli stati in cui il tycoon ha deciso di investire maggiormente a livello di presenza e di spot elettorali. La dimostrazione che la strategia di Trump è quella di focalizzarsi soprattutto sugli stati che assegnano il numero più alto di Grandi Elettori e sugli stati in bilico, come riferisce Il Post, è dimostrata dal fatto che il Super PAC repubblicano, un comitato elettorale che può sostenere i candidati mediante donazioni a patto di non coordinarsi direttamente con essi, ha prenotato spazi pubblicitari in tv soltanto in Florida, Ohio e Pennsylvania. Ma quali sono le speranze di Trump di vincere in questi stati chiave? Secondo FiveThirtyEight, il sito di Nate Silver, il giornalista e statistico che ha rivoluzionato il modo di stilare i pronostici in America, ad oggi Trump in Florida ha solo il 21.1% di possibilità di aggiudicarsi i 29 delegati messi in palio dallo stato affacciato sul Golfo del Messico. La situazione non è delle migliori soprattutto in ragione della folta presenza di latino-americani, un segmento elettorale con cui, per usare un eufemismo, Trump non ha mai “legato” particolarmente. Anche in Ohio le cose non vanno molto meglio: sempre secondo Nate Silver, il candidato del Gop ha una percentuale di vittoria del 23.4% contro il 76.5% di Hillary. A rendere complicata l’assegnazione dei 18 Grandi Elettori dell’Ohio vi è poi il fatto che il governatore dello stato, il repubblicano John Kasich, è stato anche rivale di Trump nelle Primarie Usa e ultimamente si è rifiutato di annunciare il suo sostegno al candidato del Grand Old Party. Nemmeno la Pennsylvania (20 Grandi Elettori) regala soddisfazioni a Trump, visto che gli ultimi sondaggi del Marist College danno la Clinton con un vantaggio di 9 punti percentuale. I numeri insomma sembrano parlare chiaro: la strategia di Trump e del suo staff è ben definita, ma allo stesso tempo quasi disperata. Il Post, ad esempio, ha citato le dichiarazioni di John Brabender, un consulente politico Repubblicano, che al New York Times ha ammesso:”Il fatto che dobbiamo preoccuparci di vincere la Pennsylvania per vincere la presidenza dice quanto sia una cosa difficile”. Eppure, quella di vincere in Florida, Ohio e Pennsylvania, sembra l’unica strada veramente percorribile per la vittoria di Trump: un po’ perché altri stati in bilico come Colorado e Virginia (che insieme assegnano 22 delegati), sembrano già in mano a Hillary. Un po’ perché l’altra strada, quella di sottrarre stati tradizionali ai Democratici è ancora più impervia. Paul Manafort, il capo-stratega della campagna elettorale di Trump, ha dichiarato però che il suo candidato spera vivamente di strappare alla Clinton alcuni stati che da diverse elezioni si colorano di blu (il colore dei democratici). Fra questi, vi sono in particolare Iowa (dove nel 2008 e nel 2012 trionfò Obama) e Michigan (stato democratico dal 1992). Lo stesso Trump, come riportato dal giornalista Francesco Costa, durante un’intervista della scorsa settimana ha voluto mantenere il massimo riserbo sugli stati in cui spera di riservare sorprese alla Clinton:”Andremo benissimo in stati a cui la gente non pensa nemmeno. Preferisco non dire quali. Perché dovrei attirare l’attenzione? Possiamo essere competitivi in stati in cui nessun Repubblicano è mai stato competitivo. Ma non voglio dire quali sono. Non pensa anche lei che sia meglio così? Preferisco non dirlo”. Se quella di Trump è solo pretattica lo scopriremo soltanto con il tempo. Nel frattempo i numeri sembrano condannare la sua candidatura alla Casa Bianca: per Nate Silver le sue chance di diventare Presidente ad oggi non superano il 12.3%. Ma sono le Elezioni Usa 2016 e ormai l’abbiamo imparato: può succedere di tutto, fino all’8 novembre. (Dario D’Angelo)



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