Nei giorni scorsi, la battaglia tra i due fronti è stata intensa con pesanti bombardamenti aerei russo-siriani sulle posizioni dei miliziani jihadisti. Ma benché gli islamisti abbiano subìto pesanti perdite, sono ancora molto forti in zona ed hanno in agenda di prendere possesso di tutta la parte in mano governativa.
Naturalmente anche Saa (Syrian Arab Army) vuole riprovare a ritentare l’assedio. Perciò è imminente un’altra violenta battaglia per Aleppo. Questa battaglia sarà probabilmente la battaglia finale ed è importante perché sancirà lo “status quo” definitivo che sarà ratificato dalle parti alla prossima conferenza di pace.
Tuttavia, l’esito è incerto: ciò che manca sopratutto all’esercito siriano ed ai filo-governativi sono gli uomini, indispensabili per porre veramente sotto assedio Aleppo Est senza via di uscita. E’ per questo che la battaglia è caratterizzata da continui conquiste di posizione, seguite da perdite delle stesse e successive riconquiste.
La guerra siriana non è guerra di cavalieri valorosi, ma una guerra subdola, dove la gente muore sul fronte e nelle città ma dove i mandanti sono molto lontano. E’ una guerra sleale, dove gli amici di un tempo sono diventati nemici ed i mezzi usati sono anche quelli economici e della disinformazione.
Quando più l’esercito siriano intensifica i combattimenti e sta per conseguire progressi contro i terroristi, tanto più gli Usa scalpitano e la battaglia mediatica diventa intensa: una falsa accusa ripresa dai grandi network dei principali circuiti dell’informazione è sufficiente per far scatenare un intervento militare, mettere di nuovo in una stasi logorante le parti con una tregua o distruggere un paese: lo abbiamo visto in Libia ed in Iraq ed altrove.
Vi presento un caso emblematico che domina da giorni l’attenzione dei nostri media nazionali, da tempo in perfetta simbiosi con al Jazeera: è la notizia dell’attacco dei gas al cloro lanciati dagli spietati governativi sulla propria popolazione civile. Vi dimostrerò come questa notizia segna l’apice della disinformazione e della leggerezza del nostro orizzonte informativo.
La notizia è di mercoledì 10 agosto: una madre e due bambini vengono uccisi da un ordigno contenente cloro sganciato sul quartiere Zubdiya da un velivolo militare siriano. Il gas avrebbe provocato i sintomi di soffocamento ad altre 25 persone.
Vediamo come sono veramente andate le cose: tutti i media italiani hanno riportato la notizia diffusa dalla tv qatariota al Jazeera. Ebbene, la fonte è un semplice comunicato del gruppo jihadista Jaish al Fatah: al Jazeera non ha fatto altro che leggere un comunicato. Però la notizia è subito stata rilanciata da Amnesty International, dall’Osservatorio Siriano per i diritti umani e da altre onlus. La caratteristica in comune di queste fonti è che ad Aleppo non hanno nessuno sul terreno che possa verificare.
Approfondiamo. Il primo rilancio lo ha dato il network televisivo al Jazeera, di proprietà della monarchia assoluta islamista che governa il paese. Anche l’Ansa, la principale agenzia del nostro paese, ha subito ripreso la “notizia”.
L’Ansa è legata da un accordo (siglato nel 2012) di scambio di informazioni con la Qatar News Agency (Qna) di proprietà della famiglia regnante. Nel 2014, il sottosegretario Usa David Cohen ha citato direttamente il Qatar come sponsor del terrorismo internazionale. Ma sopratutto significativo è che il governo del Qatar sostenga anche gruppi estremisti che operano in Siria.
Ma non è tutto: un’informazione degna di questo nome sarebbe andata a verificare a ritroso, se ad Aleppo ci sono stati altri attacchi recenti di questo tipo. Sarebbe stato facile, ma nessuno ha ritenuto necessario farlo. Eppure, una semplice verifica sarebbe stata sufficiente ad appurare che sì, altri attacchi di questo tipo ci sono stati. La sola differenza è che, questa volta, si tratta di attacchi chimici messi in atto dalla controparte.
La differenza sostanziale è che in questo caso l’attacco chimico è stato rivendicato. Gli islamisti di Jaish al-Islam sono gli stessi che oggi denunciano l’attacco chimico governativo: l’episodio è avvenuto il 7 aprile, durante il bombardamento del quartiere di Sheikh Maqsud. Sono stati utilizzati ordigni al cloro: quattro le persone avvelenate. Jaish al-Islam in un video ha riconosciuto di aver usato armi proibite. Ma non è il solo. Esiste un altro attacco dei miliziani anti-Assad, denunciato dai russi: è del 4 agosto ed è avvenuto in una zona governativa. In questo caso, il bilancio dell’attacco sferrato dai miliziani è stato di 7 morti e 23 feriti.
Questi attacchi non hanno suscitato alcun clamore e l’Onu ha taciuto gli episodi: relativamente al secondo caso, solo l’organizzazione dell’Onu per la tutela dell’infanzia si è dichiarata “allarmata” per le dichiarazioni di Mosca e tutto è finito lì.
Ben diverso trattamento per l’attacco non confermato contro il quartiere in mano ai miliziani. In questo caso, l’Onu manderà gli ispettori e già ha prefigurato che sicuramente si tratta di un crimine di guerra. Inoltre, alcuni media hanno indecentemente rispolverato l’attacco di Ghouta del 2013 attribuendolo nuovamente al governo siriano, nonostante numerose inchieste abbiano chiarito che fu messo in atto come “false flag” per incolpare Assad e scatenare l’intervento Usa (vedi rapporto Onu, rapporto del Mit, conclusioni Hesh, Huffington Post e inchiesta Insteams).
Un capitolo a parte meriterebbe il coro univoco sulla pretesa “liberazione di Aleppo dall’assedio governativo”: è stato questo il titolo di molti articoli nei giorni scorsi che salutavano i “liberatori”. Ebbene, i “liberatori” di oggi sono gli stessi che nel 2011, a soli tre mesi dall’inizio della rivolta, si diedero al saccheggio ed alla distruzione di più di 1.000 fabbriche di Aleppo (trasferendone i macchinari in Turchia). Su questi fatti sono state presentate due denunce corredate da un’ampia documentazione depositata presso la Corte dell’Aja ed a Strasburgo: adesso, come possono essere loro i liberatori?