“È la frase più bella che ho sentito quest’anno: ‘Tu sei un bene per me’. Perché quando vedo me stesso nell’altro, porterò la pace ovunque. C’è una storia dell’imam Al-Ghazali, una delle più importanti figure del pensiero musulmano. Bussa alla sua porta uno studente, lui apre e chiede: ‘chi è?’. ‘Sono io’. ‘Allora vai a casa tua’. Il giorno dopo, di nuovo, bussa e chiede: ‘chi è?’. ‘Sono io’. ‘Vai a casa tua’. Il terzo giorno torna e alla domanda: ‘chi è?’ risponde: “tu”. “Allora entra”. L’imam voleva educarlo a rispettare l’altro per poter essere rispettato”.
L’invito del Meeting al gran muftì di Croazia Aziz Hasanovic non nasce da particolari strategie geopolitiche, ma da un incontro col professor Wael Farouq, che ha scoperto come nel paese balcanico esista una grande comunità islamica, senza neppure un integralista.
“Siamo qui per dare il nostro contributo, la Croazia può diventare un esempio da seguire, in tema di integrazione, in Italia e in tutta Europa”. Hasanovic incontrerà anche alcuni esponenti del nostro Parlamento.



Lei dice che la Croazia è un esempio da seguire per i paesi con minoranze musulmane e per quelli con minoranze cristiane in paesi musulmani, perché?
In Croazia il governo ha riconosciuto l’islam da oltre cent’anni, come religione ufficiale, al pari delle altre.

Com’è possibile che nel suo paese non ci siano integralisti?
Dipende tutto dall’educazione. L’ignoranza è il nemico più pericoloso per il mondo. Gli imam che vanno nelle scuole devono educare i ragazzi alla vera religione islamica, alla tolleranza e alla pace e lo devono fare davanti a tutto il popolo, in croato. Noi siamo l’unico paese dei Balcani che non ha dato alcun terrorista all’Isis per questo dialogo molto stretto.



Qual è la principale differenza tra Croazia e Italia?
L’Italia non ha riconosciuto l’islam come religione ufficiale e non c’è un patto tra governo e comunità islamica. Nelle scuole statali in Croazia anche la religione islamica è una materia, il matrimonio musulmano equivale a quello civile. La nostra comunità è seguita dalle televisioni ufficiali dello stato. Tutti gli imam, inoltre, prendono uno stipendio dal governo e hanno un tesserino di riconoscimento. Ogni musulmano ha diritto alle ferie per le due feste religiose più importanti, può mangiare alimenti secondo la nostra legge e celebrare funerali con rito islamico.



Crede che questa via sia percorribile anche in paesi come l’Italia e la Francia?
Ne parliamo da un po’ con i rappresentanti francesi, soprattutto dopo gli attentati dell’ultimo anno e mezzo. Dobbiamo aiutarli a capire dov’è la chiave per avvicinare i musulmani al paese e al governo. Purtroppo molti di loro non sentono la Francia come patria, questo è il problema.

E l’Italia?

Pur essendo vicini, non abbiamo ancora un rapporto stretto. Questa è la mia prima visita, finora sono stato solo in Vaticano da papa Francesco e dal cardinal Tauran. Da oggi possiamo aprire una nuova pagina.

Che rapporto ha col papa? E’ vero che si è proposto come ambasciatore di pace nei paesi musulmani dove i cristiani sono perseguitati?
È un uomo di grande valore, di dialogo e molto intelligente. Si vede che dà pari dignità a ogni religione e persona. Inoltre, quello che dice, lo fa, per questo è rispettato da tutti. Io mi sono detto disponibile, come muftì, ad andare a visitare i paesi musulmani con minoranze cristiane, per parlare di queste situazioni. Il nostro obiettivo è diffondere la pace, come la nostra religione invita.

In quali paesi è stato finora?
In 18 paesi tra cui: Iran, Arabia Saudita, Kuwait, Qatar, Algeria, Kazakhstan, Azerbaijan, Turchia, Oman e Marocco…

Lei è ottimista sull’esito di queste visite?
Sono ottimista ma anche molto triste per le guerre in corso, la situazione è molto complicata.

Alessandro Caprio

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