Le migrazioni stanno già cambiando le società ospitanti, in Italia e in Europa. “Ma perché questa famiglia funzioni, è necessario che si regga su delle convinzioni fondamentali comuni che emergono dal cuore”. A dirlo è monsignor Tomasi, già osservatore per la Santa Sede presso le Nazioni Unite e attualmente membro del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Tomasi è intervenuto di recente su questo tema al Meeting di Rimini.



Mons. Tomasi, l’Italia è paese accogliente, nondimeno i migranti sono talvolta percepiti come portatori di una diversità rispetto alla nostra tradizione e stile di vita. E’ ancora così?
Per l’Europa, la diversità che caratterizza l’arrivo massiccio di richiedenti asilo e di immigrati, dipende,in gran parte, dalla loro distanza culturale radicata nell’islam, e dalla maniera irrompente con cui sono sbarcati nel continente europeo. La percezione nazionale dell’emigrazione era ancora quella degli italiani che andavano in America o più recentemente in Australia, Canada, Paesi europei, e in circostanze molto diverse e meglio programmate. E lo scossone provocato dai recenti arrivi ha messo in luce la mancanza di una politica europea comune e di solidarietà.



Ha dato l’allarme che qualcosa non funziona nelle nostre società?
Sì. L’esperienza dei nuovi arrivi appare più come uno scontro tra due auto quando tutte e due sono modificate in maniera mutualmente distruttiva.

Di quali condizioni c’è bisogno affinché questo incontro si trasformi in un’esperienza positiva e non invece in un evento traumatico?
Occorre una collaborazione reale tra paesi di partenza, transito e arrivo, canali di emigrazione sicuri, rispetto delle leggi, disponibilità all’accoglienza, sapendo che siamo membri di una stessa famiglia che prende precedenza sulle frontiere. Ma perché questa famiglia funzioni, è necessario che si regga su delle convinzioni fondamentali comuni che emergono dal cuore, dalla legge naturale iscritta in ogni persona.



I migranti non sono numeri, sono persone. Ma nelle circostanze in cui ci troviamo si può davvero prescindere dal loro numero?
La priorità dev’essere data sempre alla persona che richiede aiuto. Certo, l’Italia e l’Europa non possono accogliere tutte le persone sradicate del mondo. Ma guardiamo bene i numeri. Nel mondo l’86 per cento dei richiedenti asilo è accolto nei Paesi in via di sviluppo. Non c’è un’invasione in atto. E’ la governance delle migrazioni che è deficitaria. Il prossimo 19 settembre si terrà il primo summit mondiale sulle migrazioni organizzato dalle Nazioni Unite a New York. I capi di stato e di governo che si  raduneranno per questo evento arriveranno a stabilire misure concrete di protezione e di solidarietà per una gestione equilibrata del fenomeno migratorio attuale?

In Italia è in atto una crisi occupazionale che sta colpendo pesantemente le famiglie. L’arrivo di nuovi migranti rischia di peggiorare la situazione?

Mi sembra si debba esaminare la situazione economica realisticamente. Gli immigrati nuovi tendono a inserirsi nei settori dell’economia dove la mano d’opera nazionale fa fatica ad adattarsi. I giovani laureati italiani vanno verso altri mercati del lavoro più in linea con la loro qualifica. Nel 2015 sono emigrati 155mila italiani, molti di essi giovani. Ma si dovrà tener conto anche di altri due fattori, le centinaia di piccole imprese iniziate dagli immigrati e l’apporto che danno all’economia nazionale con le tasse che pagano, che l’anno scorso hanno coperto la spesa per i servizi di immigrazione (tre miliardi e 300 milioni di euro) e hanno contribuito a pagare la pensione a 600mila italiani.

Che cosa intende fare la Chiesa cattolica per favorire il dialogo e l’integrazione degli immigrati di fede musulmana?
La via del dialogo è la via maestra per l’integrazione. La Chiesa cattolica opera per l’assistenza pastorale a tutti gli immigrati. Ha messo a disposizione chiese per le comunità ortodosse e provveduto sacerdoti della stessa lingua per le comunità cattoliche. Nelle relazioni con il mondo musulmano il rapporto è più complesso, data la tradizione islamica che non separa religione e politica. Il dialogo dovrà orientarsi  verso l’accettazione, da parte degli immigrati di fede islamica, di questa separazione, vitale per le democrazie europee, come verso l’accettazione del pluralismo e della libertà di coscienza.

Come giudica l’impasse dell’Unione Europea in tema di migranti?
Preferisco vedere la cosa da un altro punto di vista: i migranti hanno fatto da catalizzatore nel far emergere l’indebolimento in atto dell’Unione Europea. L’invecchiamento demografico ed un’ideologia di estremo individualismo hanno contribuito non poco a creare paure e a far vedere una minaccia nelle nuove migrazioni.