“Su una cosa sicuramente Erdogan ha ragione: l’Europa non ha riflettuto sufficientemente sulla Turchia. Il punto centrale è che non si è capito abbastanza bene chi fosse Erdogan stesso”. E’ la considerazione dell’ex sottosegretario alla Difesa, Giuseppe Cossiga, dopo l’intervista rilasciata dal presidente turco a Rai News 24 in cui ha attaccato l’Alto Rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Federica Mogherini, affermando: “C’è stato un golpe contro la democrazia che ha fatto 238 martiri e nessuno è venuto qui. Se venisse bombardato il Parlamento italiano che cosa succederebbe? L’Occidente è da parte della democrazia o del golpe? Io penso, dopo alcune dichiarazioni, che sia dalla parte del golpe”. Per non parlare dell’attacco frontale di Erdogan all’Italia, rea di aver inquisito a Bologna il figlio del Presidente turco.



Cossiga, perché non abbiamo capito a sufficienza chi sia Erdogan?

Con le sue dichiarazioni a Rai News 24 il presidente turco vuole dire che non si è capito sufficientemente quanto il golpe abbia messo a rischio la democrazia. In realtà quanto sta facendo Erdogan dopo il golpe non deve stupire nessuno. Il presidente sta consolidando la sua base di potere cogliendo l’occasione del golpe, in quanto la democrazia è in pericolo e lui è il prescelto del popolo. La parola democrazia va cioè adattata al contesto islamico da cui Erdogan proviene.



Una democrazia islamica?

Sì. Erdogan non è l’Isis, non è l’Islam retrivo dell’Arabia Saudita, ma è pur sempre l’Islam. E’ un Islam diverso, moderno e forse più intelligente. Adesso sta portando a termine una presa di potere completa. I partiti di opposizione, vedendo in Erdogan l’unico barlume di democrazia, gli stanno dando anche una mano.

Che cosa ne pensa del paragone fatto da Erdogan tra il suo rivale Fethullah Gulen e la mafia?

Erdogan vuole dire che quella di Gulen è una rete pervasiva. Non gli darei torto perché è la stessa pervasività da cui proviene Erdogan e che caratterizza l’Islam in una società moderna. Capisco quindi che Erdogan veda in Gulen un pericolo per il suo progetto di creazione di uno Stato islamico moderno, e che si scontra con la visione di uno Stato moderno ma non islamico di chi come i militari si ispira all’ideologia kemalista. Mi è più volte capitato di notare quanta differenza ci fosse tra i membri delle forze armate kemaliste e i ministri del governo di Erdogan.



In che senso?

Le rispondo con un aneddoto. Una volta a una riunione ministeriale si mise a piovere, e in pochi secondi c’era un ombrello che proteggeva il tavolo del ministro della Difesa. Il ministro per scherzare disse al generale che aveva di fronte: “Siete stati veloci, non oso pensare se ci fosse stato il comandante dell’Esercito”. Il generale rispose: “Se ci fosse stato il comandante dell’Esercito non avrebbe neanche piovuto”.

Per venire agli attori internazionali di questa vicenda, lei come si spiega il riavvicinamento tra Erdogan e Putin che è avvenuto contestualmente al fallito golpe?

Il nemico esterno del modernismo kemalista cui si ispirano i militari turchi è la Russia. Il jet di Mosca abbattuto nel novembre scorso al confine con la Siria potrebbe essere stato colpito per sola volontà dell’Esercito. Non si trattava cioè di un piano di Erdogan finalizzato a provocare la Russia, tanto è vero che il presidente turco scrisse anche una lettera di scuse a Putin.

 

Ma quindi qual è il legame tra il riavvicinamento con Mosca e il fallito golpe?

Nel momento in cui Erdogan si è riavvicinato alla Russia è partito il golpe, in quanto l’avvicinamento di Erdogan alla Russia è stata l’espressione della sua volontà di farla finita con il modernismo kemalista. Putin, che era il nemico per antonomasia, diventa invece utile alla Turchia. Due giorni dopo è avvenuto un goffo tentativo di colpo di Stato.

 

Perché i militari turchi considerano la Russia come un nemico?

E’ un fatto che affonda le radici nel passato: l’Unione Sovietica era un nemico per la Turchia militarista perché le loro sfere d’influenza confliggevano. Non a caso prima dell’accordo con Putin la Turchia guardava agli Stati “turchici” dell’Asia Centrale, che sono tutti Paesi ex sovietici. Oggi invece Erdogan vuole rivolgersi innanzitutto ai suoi confini mediorientali.

 

(Pietro Vernizzi)