Non so se avete letto questo articolo pubblicato da La Stampa, se non lo avete fatto vi consiglio di porre rimedio: è estremamente educativo rispetto ai tempi che viviamo e lo stato di salute della cosiddetta stampa autorevole. Anzi no, delle “testate tradizionali”, come si recita nel catenaccio del titolo, forse la decenza di levare l’aggettivo autorevole l’hanno trovata. 



Ve lo riassumo brevemente: un militante della lista per Salvini ha creato due false notizie attribuendole a La Stampa e Repubblica, senza che le due testate le abbiano mai pubblicate realmente e le ha messe in rete attraverso i social. I quali, si sa, sono abitati per la gran parte da cani di Pavlov senza il minimo senso per la bufala: leggono, condividono e condannano in base alle leggi da tribunale del popolo di Facebook e affini. Di fatto, una non notizia, perché se due colossi come i quotidiani in questione hanno paura per l’operato di uno sfaccendato in servizio permanente ed effettivo, siamo davvero messi male: tutti quanti. 



La questione grave è che La Stampa va oltre ed entra in pieno maccartismo all’amatriciana: i due casi in questione sarebbero infatti l’esempio di come la propaganda russa sta infestando la rete e mettendo a rischio la credibilità delle testate tradizionali. Ora, a parte il fatto che la credibilità di quei giornali — in Piemonte, La Stampa è comunemente chiamata la busiarda, tanto per capirci — viene messa in discussione da loro stessi ogni volta che arrivano in edicola, da dove arriva questa paranoia anti-putinana? Cosa ha fatto all’Italia e al mondo il leader russo per animare tanto livore e, addirittura, una campagna stampa che denuncia la propaganda russa? Nostalgia di Peppone e Don Camillo? No, coda di paglia. E lunga un chilometro. Noterete come nel titolo dell’articolo si faccia riferimento alla bufala di Putin che aiuta i terremotati e qui scatta la malafede: perché, primo, i falsi articoli sono opera di tale Tristano Quaglia, il quale sarà certamente un agente del Kgb sotto copertura ma da qui a tramutarlo in propaganda russa tout court, ce ne passa, almeno nel mondo delle persone normali. Secondo, con quel titolo intende dire solo due cose ai lettori: non che tale Tristano Quaglia inventa bufale da spacciare in rete ma che Putin non aiuta affatto i nostri terremotati e che, anzi, sta dando vita a una strategia di disinformacija degna dell’Unione Sovietica. 



Bene, spero che concordiate con me sul fatto che la Rai non possa essere annoverata tra le emittenti filo-Putin. Ecco, è di lunedì questa notizia, ovvero che “su richiesta delle autorità italiane, una task force del ministero delle Emergenze russo è già stata inviata in Italia per valutare l’entità e il tipo di assistenza necessaria”. Lo ha detto l’ufficio stampa del ministero russo all’agenzia Ria Novosti: “l’Italia ha chiesto al ministero delle Emergenze russo di contribuire alla valutazione dello stato degli edifici e delle costruzioni colpite dal sisma”, si legge ancora nel testo. Vero? Falso?  

La Rai lo ha rilanciato, seppur con la formula più stringata al mondo e senza gli strepiti fatti dal Tg3 per la telefonata di Obama a Renzi il giorno del sisma e la fonte è un ministero. Il quale dice chiaramente che è stata l’Italia ha chiedere aiuto e Mosca si è detta pronta ad aiutare: se La Stampa facesse il suo lavoro, invece che essa stessa propaganda anti-Putin per compiacere Villa Taverna come fa da sempre, dovrebbe scoprire se è vero che il nostro governo ha chiesto aiuto e perché. Sono già presenti esperti cinesi e giapponesi nelle località colpite, ora con ogni possibilità e nonostante la rabbia che monta nella redazione de La Stampa, arriveranno anche i russi: chi manca? Quei fenomeni dei nostri partner dell’Ue e quegli altri fenomeni d’Oltreoceano. Ma questo non si dice nei salotti bene, come non si può dire che in Siria gli Usa hanno addestrato, armato e coccolato i terroristi e che, finché la Russia non ha rotto le uova nel paniere, attaccando davvero l’Isis, grazie ai raid statunitensi lo stato islamico era misteriosamente riuscito a espandersi, come mostra questa cartina pubblicata dal comunistissimo e filo-russo Wall Street Journal

 

 

Piloti strabici? Missili poco intelligenti? O volontà politica di abbattere Assad ad ogni costo, anche blandendo tagliagole assortiti? E che dire della campagna elettorale statunitense, dove Donald Trump viene dipinto nella migliore delle ipotesi come un pazzo, mentre Hillary Clinton pare pronta per andare a Stoccolma a ritirare il Nobel per la pace. In più di un articolo vi ho raccontato chi è in realtà la candidata democratica, lo scandalo delle mail distrutte da un server privato, la strana scia di morti in chiunque incrociasse i suoi segreti, gli affari della Clinton Foundation, il sostegno da segretario di Stato a chi il terrorismo lo ha sempre finanziato e sobillato, Arabia Saudita in primis

Ma il problema è Trump, forse perché è ricco, mentre i milioni ottenuti dalla Clinton quando era ministro degli Esteri attraverso donazioni da parte di chi aveva bisogno del suo intervento politico, vanno benissimo. Chi sta ammazzando donne e bambini in Yemen, nel silenzio dei media autorevoli come La Stampa? I sauditi con armi statunitensi e britanniche e un nuovo carico per un controvalore di 1,5 miliardi di dollari attende il via libera alla spedizione dal Congresso a giorni. Caso strano, due sabati fa a Sanaa, capitale yemenita, 100mila persone erano in piazza a sostegno dei ribelli Houthi e contro la volontà saudita di piazzare un presidente fantoccio e il leader ed ex presidente yemenita ha aperto all’utilizzo di basi aerei e porti per i russi, al fine di combattere il terrorismo (e mettere un po’ di paura a Ryad). Guarda caso, l’altro giorno l’Isis è comparso in Yemen con un attentato che ha fatto oltre 70 morti. Coincidenze. Come le morti di chi sapeva troppo sulla Clinton. O come quelle di quasi tutti i componenti del commando che avrebbe ucciso Osama Bin Laden ad Abbottabad nel corso dell’Operazione Neptune Spear nel maggio 2011: si sa, i navy seals sono notoriamente cagionevoli di salute, sono degli scricciolini, quindi cascano come mosche. Chi con l’elicottero, chi in macchina, chi con strani infarti o suicidi da stress post traumatico. Evito di entrare nel capitolo economia-finanza, dove gli Usa hanno fatto più danni della grandine e continuano a farne. Ma il problema, per La Stampa, è la propaganda russa, sono i tentacoli del Cremlino sull’informazione. 

Ora, io capisco che essendo diretta da chi è stato prima corrispondente a Washington e poi a Tel Aviv, La Stampasubisca un pochino il fascino del mainstream, però il ridicolo toccato con quell’articolo è veramente degno di Lercio e dei suoi affini che popolano la rete. Lo ripeto, non è la propaganda russa a screditare la stampa tradizionale, è la stampa stessa pubblicando idiozie come quelle dell’altro giorno a coprirsi di ridicolo. Il problema però è altro ed è esattamente sovrapponibile all’intemerata contro i mercati senza morale fatta sempre l’altro giorno da Sergio Marchionne, quindi non esattamente un frate trappista. I figli del capitalismo di relazione e la stampa controllata dai poteri forti hanno paura dello scollamento sempre più ampio tra opinione pubblica e classe dirigente/intellettuale di questo Paese e delle conseguenze che potrebbe portare con sé. Quindi, o fa mea culpacome quello di Marchionne o picchia alla cieca come La Stampa, entrambe reazioni di debolezza a una criticità reale: la gente ha aperto gli occhi, la crisi che si protrae ormai da otto anni ha fatto cadere tabù e spazzato via paure classiche dell’italiano medio. Il quale, oggi, se interpellato rispetto al politico preferito, molto facilmente direbbe Vladimir Putin. E’ questo che fa paura, non due articoli taroccati da un signor nessuno che dovrebbero da soli distruggere la credibilità di quotidiani di livello nazionale. Se siete ridotti ad aver paura di Tristano Quaglia, tanto da evocare la propaganda russa e il pericolo del Cremlino, allora siete davvero al capolinea. Come è giusto che sia. La Russia è il paradiso in terra? Assolutamente no. Ma ci sono inferni peggiori, ve lo assicuro. E governi più infidi.