Un singolo individuo, di religione musulmana, rischia di decidere le Elezioni Usa 2016. Questa, in breve, è la morale della storia che ci apprestiamo a raccontare e che sta tenendo banco in America in questi giorni, creando non pochi grattacapi al candidato dei repubblicani Donald Trump. Per un momento però, facciamo una breve divagazione che potrebbe venirci utile fra poco. Nel 2010 uscì al cinema un film intitolato “Il mio nome è Khan”. La pellicola descrive la storia di un musulmano con la sindrome di Asperger che una volta maggiorenne si trasferisce negli Usa, dove sposa una donna indù con la quale ha un figlio. Questo figlio però, dopo gli attacchi alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001 viene ucciso per risentimento nei confronti degli islamici, ritenuti responsabili dell’attentato alle Twin Towers. La moglie di Khan a questo punto attribuisce al marito la colpa della morte del loro figlio e gli dice che lo perdonerà soltanto se riuscirà ad incontrare il presidente degli Stati Uniti e a dirgli:”Il mio nome è Khan, e non sono un terrorista”. Ecco, una cosa molto, ma molto, simile è accaduta nell’ultimo giorno della convention democratica a Philadelphia che ha ufficializzato la candidatura alla presidenza Usa di Hillary Clinton. Humayun Khan è un soldato musulmano americano di origini pakistane che l’8 giugno del 2004 in Iraq, vedendo un attentatore suicida dirigersi con una macchina verso la propria base, occupata in quel momento da centinaia di commilitoni, ha prima ordinato ai suoi sottoposti di mettersi al riparo e poi è andato incontro alla vettura consapevole che di lì a poco sarebbe saltato in aria, costringendo di fatto il kamikaze a farsi esplodere prima dell’arrivo al campo base e salvando decine e decine di vite umane. Nell’ultimo giorno della convention di Hillary Clinton sono saliti sul palco i genitori di Humayun Khan. Il padre del giovane militare ucciso, Khizr Khan, ha preso la parola e ha attaccato frontalmente Donald Trump, il candidato repubblicano la cui ricetta per eliminare il rischio terrorismo in America è quello di impedire l’ingresso dei musulmani nel paese. Come riportato da Il Post.it, Khizr Khan ha dichiarato:”Siamo onorati di essere qui in quanto genitori del capitano Humayun Khan, e in quanto americani musulmani patriottici e leali al nostro paese. Come molti immigrati, siamo arrivati qui a mani vuote. Credevamo nella democrazia americana: credevamo che lavorando duro, grazie alla bontà di questo paese, avremmo potuto condividere e partecipare alle sue fortune. Nostro figlio sognava di diventare un avvocato militare. Ma ha messo quei sogni da parte il giorno che si è sacrificato per salvare i suoi compagni. Hillary Clinton ha definito mio figlio “il meglio che abbia prodotto l’America”. Fosse stato per Donald Trump, non ci sarebbe mai stato in America”. La Wells Fargo Arena di Philadelphia ha accompagnato con crescente emozione le parole di Khizr Khan, che, con un gesto di grande impatto, ad un tratto ha tirato fuori dalla tasca della giacca una piccola copia della Costituzione e si è rivolto al tycoon newyorchese:”Donald Trump, tu chiedi agli americani di affidarti il loro futuro. Lascia che io ti chieda una cosa: hai mai letto la Costituzione? Ti presto volentieri la mia copia. Cerca le parole “libertà” e “uguale protezione delle leggi”. Sei mai stato al cimitero di Arlington? Vai a vedere le tombe dei coraggiosi patrioti che sono morti per difendere l’America: troverai tutte le fedi, tutti i sessi, tutte le etnie. Tu non hai sacrificato mai niente per nessuno”. A questo punto c’è stata una standing ovation da parte della folla, e sono iniziati i guai per Trump. Cliccate qui per vedere l’emozionante intervento di Khizr Khan.



Riguardo al discorso di Khizr Khan, il candidato repubblicano alle Elezioni Usa 2016, Donald Trump, ha commentato la presenza silenziosa di Ghazala Khan, la mamma del militare ucciso in Iraq 12 anni fa, dicendo:”Sembrava che non avesse niente da dire. O forse non ha parlato perché non le è permesso”. Una chiara allusione, quella di Trump, al ruolo subordinato della donna musulmana rispetto all’uomo. Ghazala Khan qualche giorno dopo ha deciso di scrivere una lettera al Washington Post di cui citiamo alcuni passaggi:”Donald Trump ha chiesto per quale ragione io non abbia parlato alla convention Democratica. Ha detto che gli sarebbe piaciuto sentire cosa avevo da dire. Questa è la mia risposta a Donald Trump: senza dire niente, tutto il mondo, tutta l’America, ha provato il mio dolore. Sono una madre che ha perso un figlio in guerra. Chiunque mi abbia visto alla convention, ha capito nel suo cuore come mi sentivo (…). L’ultima volta in cui parlai a mio figlio fu alla festa della mamma del 2004. Gli avevamo chiesto di chiamarci a carico nostro ogni volta che poteva. Lo implorai di stare attento. Gli chiesi di starsene indietro e di non andarsene in giro cercando di diventare un eroe, perché sapevo che avrebbe fatto una cosa del genere. Lui mi disse: “Mamma, sono i miei sodati, la mia gente. Devo prendermi cura di loro” (…). Donald Trump ha detto che forse non mi era stato permesso di parlare. Non è vero. Mio marito mi aveva chiesto se volessi parlare, ma io gli avevo detto che non ce l’avrei fatta. (…) Donald Trump ha detto di aver fatto molti sacrifici. Non conosce il significato della parola sacrificio.”



Sia Khizr che Ghazala Khan hanno accusato Donald Trump, candidato repubblicano alle Elezioni Usa 2016, di non conoscere il significato della parola sacrificio, né di averne mai fatti nella propria vita. Intervistato dall’Abc, Trump ha così replicato a questa accusa:”Penso di avere fatto molti sacrifici. Lavoro davvero moltissimo”. Incalzato dal giornalista dell’Abc sul tipo di sacrifici fatti nella sua vita, Trump ha spiegato:”Ho creato migliaia e migliaia di posti di lavoro, decine di migliaia di posti di lavoro, ho costruito dei grandi edifici. Ho avuto un successo incredibile. Penso proprio di aver fatto parecchio”. In poche parole Trump ha catalogato come “sacrificio” il suo essere un imprenditore di successo. Un paragone improponibile se rapportato con il sacrificio di un giovane eroe che decide di rinunciare alla sua stessa vita per salvarne delle altre. O anche a quello di due genitori che hanno perso il proprio figlio per un grande gesto d’altruismo. La questione sarebbe di per sé sbilanciata a favore dei signori Khan senza che a tutto ciò si aggiungesse il fatto che Trump non si è propriamente “creato da solo”, come spesso lascia credere. Il padre era infatti un grande manager e da lui Trump ha ereditato nome, blasone, rispetto e 40 milioni di dollari. Sarà per questo che sui social è scattata l’ironia degli utenti che hanno iniziato ad ipotizzare sacrifici paradossali di Trump, del tipo:”Una volta è riuscito a restare per trenta secondi senza parlare di se stesso”; oppure:”Ha costruito anche dei palazzi accessibili per i disabili come richiesto dalla legge”. A queste prese in giro, si sono aggiunte le ben più rilevanti critiche di gran parte della stampa, nonché le prese di posizione indignate di Obama e del suo ex sfidante nel 2008 (repubblicano) John McCain.



Ad un certo punto anche Trump ha capito che era arrivato il momento di ripiegare e di non compromettere definitivamente l’andamento di queste Elezioni Usa 2016, e su Twitter ha detto:”Il capitano Humayun Khan è stato un eroe del nostro paese e dovremmo onorare tutti quelli che hanno compiuto il sacrificio supremo per mantenere al sicuro la nostra nazione (…). Per quanto io mi senta molto vicino alla famiglia per la perdita del loro figlio, il signor Khan non ha alcun diritto di rivolgersi a milioni di persone e sostenere che non ho mai letto la Costituzione (un’affermazione falsa) e di fare altre dichiarazioni imprecise”. La risposta del papà del militare ucciso, durante il programma “Meet the Press” del canale Nbc, ha di fatto segnato la sconfitta di Trump:”Apprezzo che nella sua affermazione abbia definito mio figlio eroe e che si sia sentito in dovere di fare questa dichiarazione per chiarire le sue parole. Ma sono parole che suonano false, a causa delle sue scelte politiche, a causa della sua retorica basata sull’odio, sulla derisione e sul tentativo di dividere gli americani”. Torniamo alle origini adesso. Lo scopo del protagonista del film “Il mio nome è Khan” era quello di dire al presidente Usa che pur essendo un musulmano non era un terrorista. I signori Khan hanno fatto di meglio. Hanno detto al mondo che loro figlio musulmano non era un terrorista ed è morto per fermarne uno. Il loro nome è Khan, e non sono terroristi.
(Dario D’Angelo)