In una campagna per le Elezioni Usa 2016 che ogni giorno riserva sorprese, non possiamo fare a meno di parlare del caso delle email rubate al Partito Democratico di Hillary Clinton, soprattutto se del furto è stata accusata la Russia di Vladimir Putin. Non siamo ancora tornati ai livelli di tensione tipici della Guerra Fredda, ma sembra chiaro che a novembre, in caso di successo della Clinton su Trump, al Cremlino non faranno i salti di gioia. Tutto è iniziato qualche giorno fa, in concomitanza con l’inizio della convention democratica di Philadelphia, quando Wikileaks, l’organizzazione fondata da Julian Assange che già in passato aveva diffuso documenti riservati, ha pubblicato circa 20mila email trafugate dagli archivi del partito Democratico, dalle quali emergeva l’ostilità dei vertici nei confronti del rivale della Clinton nelle Primarie, Bernie Sanders. Dai documenti pubblicati non risultava un vero e proprio condizionamento della campagna (all’epoca Hillary era già ampiamente in testa), ma veniva avvalorato il convincimento di Sanders e dei suoi sostenitori che l’establishment del partito non vedesse di buon occhio la sua candidatura e sperasse in un suo fallimento. Subito dopo la diffusione delle email, il presidente del partito Debby Wasserman Schultz ha presentato le sue dimissioni, creando non poco imbarazzo alla Clinton stessa, chiamata a gestire una situazione potenzialmente esplosiva nel primo giorno della convention che le avrebbe poi assegnato la nomination per le presidenziali. A ribaltare la situazione, facendo sì che la questione delle email diventasse un problema di Trump, sono state le indagini delle agenzie di intelligence statunitensi, che hanno sostenuto di avere un “alto livello di certezza” che a commettere l’azione di spionaggio sia stato in realtà il governo russo. Vi state chiedendo cosa c’entra la Russia con Trump? Lo spieghiamo nel paragrafo successivo.



Come sottolineato da diversi giornali americani che stanno passando ai raggi X le Elezioni Usa 2016, in questi mesi Donald Trump non ha fatto nulla per nascondere il suo apprezzamento per Vladimir Putin. Durante il programma “Morning Joe” lo ha definito un “leader”, al contrario dei politici americani, ribadendo come “in termini di leadership meriti una A”. La stima fra Trump e Putin, in ogni caso è reciproca: l’inquilino del Cremlino, come riferisce Il Post, ha parlato di The Donald come di una persona “esuberante e talentuosa”. Sarà per questo che i più importanti giornali di tutto il mondo stanno mettendo in risalto questo “particolare” legame. “Slate”, per esempio, ha definito Trump il “pupazzo di Putin”, “Politico” si è limitato a chiamarlo il “candidato del Cremlino”, ma c’è anche chi, come lo street artist lituano Mindaugas Bonanu, si è spinto addirittura oltre, raffigurando in un murale a Vilnius, in Lituania, Trump e Putin intenti a scambiarsi un bacio appassionato. Ma qual è stata la scintilla dalla quale è scaturita l’empatia fra i due? In una sola parola: affari. Fin dagli anni Ottanta Trump ha individuato la Russia come nazione ideale per i suoi investimenti. Per questo motivo ha visitato diverse città russe, stringendo contatti con uomini influenti e di conseguenza vicini a Vladimir Putin. Ci sono due nomi in particolare però ad unire The Donald al plenipotenziario di Mosca. Il primo è quello di Paul Manafort, consigliere di Trump nonché capo-stratega della sua campagna elettorale. Manafort, prima di affiancare il tycoon newyorchese, ha messo le sue idee al servizio di Viktor Yanukovych, l’ex presidente dell’Ucraina, molto filo-russo, che nel 2014, all’epoca dei disordini scaturiti dalla ingarbugliata situazione in Crimea, trovò rifugio proprio dall’amico Putin. Il secondo collegamento tra l’imprenditore di New York e il capo di stato russo risponde al nome di Carter Page. Questi, per Trump rappresenta un consulente per la politica estera, ma nel frattempo ha instaurato legami finanziari molto forti con la Gazprom. Per chiunque abbia una minima conoscenza delle dinamiche interne alla società energetica è evidente che nessuno che non sia in accordo totale con le idee di Putin possa ricoprire ruoli di alto livello all’interno dell’azienda. L’uomo che dà la linea alla campagna elettorale di Trump e quello che consiglia il candidato alla presidenza Usa in fatto di politica estera hanno dunque un rapporto diretto con Putin. Non è un po’ strano? Rispetto all’indagine per risalire all’esecutore materiale del furto di email, come riferisce Il Post, la CrowdStrike, società privata specializzata in attacchi informatici, ha detto di aver individuato due gruppi di hacker, entrambi legati al governo di Mosca e in particolare al G.R.U, l’intelligence militare di Mosca. A rivendicare l’attacco però è stato un hacker che si è attribuito lo pseudonimo Guccifer 2.0, un chiaro riferimento al celebre pirata informatico rumeno Guccifer, attualmente detenuto per altre azioni di hackeraggio. Guccifer 2.0 ha dichiarato di essere anch’egli rumeno e di non avere alcun legame con il governo russo ma Lorenzo Franceschi-Bicchierai, il giornalista di VICE che è riuscito ad intervistarlo in lingua inglese, ha notato che le poche frasi pronunciate dall’hacker in rumeno erano ricche di errori banali per un madrelingua. Al di là di tutto, in attesa di prove certe che facciano luce su una vicenda a dir poco nebulosa, restano pochi dubbi sul fatto che Vladimir Putin auspichi la vittoria di Trump su Hillary Clinton. L’inquilino del Cremlino spera di poter presentare presto a Trump il conto dei favori e dei finanziamenti ottenuti grazie al suo diretto intervento in un periodo economico certamente non brillante per The Donald. In una fase in cui le banche statunitensi hanno smesso di fare credito a Trump in considerazione di un debito che si allarga a macchia d’olio (secondo Il Post nel 2015 è passato da 350 a 630 milioni di dollari) le uniche che hanno deciso di investire sui progetti del tycoon newyorchese sono state quelle russe, e lo hanno fatto grazie all’intervento di uomini molto vicini a Putin. Ma l’ostilità di Putin nei confronti di Hillary non riguarda solo la preferenza per Trump. Nell’appuntamento di domani scopriremo perché tra il presidente russo e la moglie di Bill Clinton le relazioni sono quasi glaciali. C’entrano, come spesso accade tra politici di primo livello, rapporti personali mai veramente decollati. Sembra strano, ma il feeling tra due soggetti può incidere sul futuro di due dei paesi più influenti del pianeta e su quello di milioni di persone.
(Dario D’Angelo)

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