“Il ruolo della Turchia all’interno della Nato ormai appartiene al passato. Erdogan uscirà autonomamente dall’Alleanza Atlantica o ne sarà cacciato”. E’ quanto afferma Carlo Jean, generale e analista militare, dopo che il governo turco è intervenuto per smentire ufficialmente gli Stati Uniti che avevano parlato di un cessate il fuoco con le milizie curde siriane dell’Ypg. Il primo ministro di Ankara, Binali Yildirim, ha affermato che l’intervento militare della Turchia in Siria “continuerà finché tutti gli elementi terroristi non saranno stati neutralizzati e tutte le minacce alle nostre frontiere, al nostro territorio e ai nostri cittadini saranno completamente eliminate”. Una dichiarazione che fa esplicito riferimento alle milizie curde che costituiscono il principale punto di riferimento per gli Stati Uniti nella guerra contro l’Isis.
Generale Jean, quali sono i piani della Turchia in Siria?
Nei piani della Turchia c’è l’obiettivo di mantenere l’unità della Siria, in modo che i curdi siriani dell’YPG siano sottoposti a un’autorità che non consenta loro una forte autonomia. In questo modo l’YPG non potrà sostenere i curdi turchi e in particolare il PKK, cui i curdi siriani sono stati sempre particolarmente legati.
Secondo lei come andrà a finire?
A mio avviso continuerà una guerra di logoramento in quanto gli insorti siriani, anche se perdono Aleppo, non saranno distrutti ma continueranno la rivolta.
Negli ultimi cinque anni Bashar Assad è stato visto dalla Turchia come una minaccia. Perché adesso Erdogan vuole sostenere l’unità della Siria?
Nel gioco politico della Turchia rientra l’idea di utilizzare la Russia come contrappeso agli Stati Uniti, accusati di avere sostenuto il colpo di Stato. Questa svolta è più tattica che non strategica, perché Erdogan non può mettersi contro gli Stati Uniti in quanto se Washington chiude i rubinetti del sistema finanziario internazionale la Turchia va a rotoli.
E allora perché la Turchia può permettersi di ignorare gli inviti Usa a un cessate il fuoco?
Perché Erdogan ha un’opinione molto negativa di Barack Obama e delle sue capacità decisionali. Lo disprezza, di conseguenza lo tratta come un ragazzino.
La Turchia è un membro della Nato. Può andare avanti a lungo con questi giochetti?
La Turchia è diventata membro della Nato quando c’era una seria minaccia da parte della Russia nei suoi confronti. Adesso che la minaccia russa non esiste più o si è molto attenuata, anche l’appartenenza alla Nato ha assunto un’importanza minore.
Un domani la Turchia potrebbe uscire dalla Nato?
La Turchia o uscirà dalla Nato o ne sarà cacciata. Se Erdogan continua a fare il furbo, a un certo momento si potrebbe arrivare a una rottura. E questo a maggior ragione se dovesse essere eletto un presidente Usa più deciso di Obama, perché a quel punto Ankara non potrà più continuare a fare molti giochetti.
Entro quanto tempo la Turchia potrebbe uscire dalla Nato?
Molto dipenderà dall’evoluzione del contesto internazionale.
Potrebbe essere Donald Trump, se venisse eletto presidente, a prendere questa iniziativa?
Un conto sono le campagne elettorali, un altro il comportamento della Casa Bianca. Il presidente americano in politica estera ha poteri molto più limitati di quanto noi pensiamo. La politica estera Usa è dettata dall’establishment che è caratterizzato da una notevole continuità.
Intanto Russia e Turchia sembrano essersi riavvicinate. Che cosa hanno in comune?
In comune hanno l’opposizione all’Occidente. Tanto è vero che la Russia sostiene i partiti di destra dell’Europa Occidentale per mettere in difficoltà Alleanza Atlantica e Ue. Nello stesso tempo Mosca appoggia la Turchia, facendo in modo che una nuova ondata migratoria finisca per mettere definitivamente in crisi i rapporti tra Germania e Paesi dell’Est Europeo e diminuendo così la coesione interna all’Ue.
La Russia vuole usare i migranti contro l’Ue?
In realtà è quanto ha già fatto con i bombardamenti compiuti su Idlib e Aleppo, che hanno provocato un numero notevole di rifugiati.
L’obiettivo è mettere l’Ue in difficoltà?
Mosca ha messo in campo un’azione costante per rendere più difficile la coesione europea, soprattutto dopo la crisi ucraina che ha fato sì che l’Ue fosse vista come un miraggio da parte di alcuni popoli che confinano con la Russia.
(Pietro Vernizzi)