Un ordigno nascosto in un cassonetto dei rifiuti è esploso ieri a Manhattan (New York), nel quartiere Chelsea, ferendo 29 persone. Una seconda bomba, inesplosa, è stata rinvenuta a poca distanza. Si trattava di un ordigno molto simile a quello impiegato nella strage alla maratona di Boston del 15 aprile 2013. A New York l’allerta è massima, anche in vista dell’assemblea generale dell’Onu che comincerà oggi e che porterà al Palazzo di Vetro capi di stato e di governo da tutto il mondo. Il sindaco Bill de Blasio ha negato che si sia trattato di un atto di terrorismo perché non sono per ora collegamenti a gruppi terroristici internazionali. Invece il governatore dello Stato, Mario Cuomo, ha parlato chiaramente di atto terroristico anche in assenza di rivendicazioni. “Una premessa è d’obbligo — spiega al sussidiario il generale Carlo Jean, analista politico e militare —. Se la polizia di New York non è giunta a una conclusione e non rilascia dichiarazioni significative, difficilmente possiamo farlo noi a 6mila chilometri di distanza”.
Detto questo, generale Jean?
Detto questo, gli atti terroristici oggi sono compiuti da individui isolati, i cosiddetti lupi solitari, che non hanno collegamenti precisi ma comunicano con parole d’ordine e agiscono. Riviste online come Inspire di al Qaeda o Dabiq dell’Isis indicano genericamente la strategia da adottare e poi ciascuno decide e agisce secondo le circostanze.
New York è uno dei cuori pulsanti degli Stati Uniti. Inoltre siamo alla vigilia dell’assemblea generale dell’Onu sui rifugiati: ci saranno capi di stato e di governo, oltre al presidente americano Barack Obama.
Quanto è accaduto non è necessariamente collegato all’evento, ancor meno sulla base delle informazioni che sono state rese note.
C’è stato subito un imponente dispiegamento di forze. Ma quanto sono efficaci contro il terrorismo fai da te?
Poco. L’azione dei lupi solitari richiede una forte collaborazione da parte dei cittadini, perché solamente migliaia di persone attente al bene pubblico possono percepire anomalie e dare l’allarme. La polizia da sola non ce la può fare.
Per ora l’Isis ha rivendicato l’attentato in Minnesota, ma non la bomba di New York. E’ solo questione di tempo?
L’Isis è molto cauto e prima di rivendicare ci pensa due volte. Sicuramente c’è una rete di controllo in tutto l’occidente, però questa, essendo orizzontale e fatta di tante cellule collegate con internet o altri social, deve attivarsi, verificare, e ha bisogno di un certo tempo.
Insomma, vogliono essere ben sicuri di essere stati loro.
Sì, e di avere prodotto degli effetti. Sarebbe stato facile rivendicare la fine del volo Egyptair scomparso nel Mediterraneo il 19 maggio scorso, ricorda? Se però non sei stato tu, poi perdi ogni credibilità.
Gli Stati Uniti vanno verso il voto, viene spontaneo pensare alle ripercussioni che può avere sulle elezioni un attentato come questo.
Sicuramente Trump è il candidato che più si avvantaggia di un clima di preoccupazione crescente.
E’ esattamente quello che ha dichiarato: “saremo duri, intelligenti e vigili e metteremo fine a tutto questo”. Più prudente la Clinton.
Una dichiarazione meramente elettorale, perché nessuno mette fine al terrorismo: potrà assumere forme diverse, passando dalla matrice jihadista e dallo sterminio in stile Breivik al terrorismo ecologico, ma è sempre esistito e sempre esisterà. A mio avvio non ci sono strategie terroristiche precise fatte per sostenere l’uno o l’altro candidato. Se questo fosse lo scopo, il mezzo per ottenerlo sarebbe modificare davvero l’opinione pubblica, con una strage — mi si passi il brutto termine — in grande stile.
E’ molto cinico il discorso che stiamo facendo.
Sì, ma è necessario per capire davvero il punto di vista di chi fa questo genere di cose. Per fare quel che le dicevo occorrono moltissimi morti e molti feriti. Nemmeno l’attentato di Boston (di cui si è trovato a New York un ordigno analogo, anche se non è esploso, ndr), è stato tale da poter influire sull’opinione pubblica. Ciò detto, il terrorismo di per sé non cerca i morti, ma gli effetti psicologici conseguenti, la destabilizzazione. Le vittime sono una variabile dipendente di questo primo obiettivo. Ciò che conta è il messaggio.
La fase conclusiva di una presidenza americana può favorire atti terroristici in generale?
No, perché le misure antiterroristiche sono indipendenti da chi è al governo. E comunque, gli inglesi sono esemplari sulla condotta da seguire, perché reagiscono continuando a vivere come se nulla fosse accaduto. Se invece una cosa del genere capitasse in Italia, il rischio maggiore sarebbe il verificarsi di reazioni spropositate, come la caccia all’immigrato per le strade.
Dunque siamo un paese favorevole agli attentati?
Sì perché le istituzioni italiane sono fragili, il sistema politico è caratterizzato da liti continue, tutti cercherebbero di strumentalizzare il loro vicino e ci sarebbe un’escalation del terrore, con grossi inconvenienti come quello che le ho detto.
(Federico Ferraù)