La menzogna ha questo di brutto, elimina la fiducia; mentre la fiducia e la sicurezza generale sono il patrimonio più prezioso di una società. Secondo gli insegnamenti islamici, imbroglio, tradimento e menzogna sono la minaccia più grave, la scure posta alle radici del vivere comune.
Tuttavia, è concesso dire bugie nelle circostanze in cui è necessario farlo. Solo, però, nella misura in cui ve n’è bisogno, non a nostro piacimento. Vale a dire, in tutti i casi la cui importanza superi l’abiezione della menzogna. “Il Giorno della Resurrezione — disse l’imam Sadiq — si verrà interrogati per ogni bugia, tranne in tre casi: chi in guerra ha mentito al nemico per imbrogliarlo, questa bugia non viene registrata; quando la bugia risolve una controversia e mette pace tra due musulmani…” (Kulayni, Kafi, vol. 2, pag. 342, hadìth 18). Non solo: come disse il nobile Ridha, “Certamente colui che dice la verità riguardo al suo fratello musulmano creandogli dei problemi, presso Iddio è un bugiardo, e certamente colui che dice una bugia riguardo al suo fratello musulmano, evitandogli così un danno, presso Iddio, è un veritiero” (Hurr ‘Amili, Wasa’il al-Shi’ah, vol. 12, pag. 255, hadìth 16238).
Chiedo scusa al lettore per questa lunga premessa, peraltro necessaria. Il fatto è che nel caso del rapimento dei due tecnici italiani e del loro collega canadese in Libia probabilmente mentono tutti. Il generale Khalifa Haftar sostiene che dietro il rapimento ci sono gruppi salafiti mossi dal desiderio di rappresaglia nei confronti della presenza militare italiana sul suolo libico. Il sindaco di Gaath, fedele a Tripoli, lo esclude. Come pure il governo italiano che fa pressing sui media nazionali perché nessuno adombri motivazioni politiche per il rapimento. Chi non la racconta giusta? L’Alto consiglio di Stato di Fayez al-Sarraj ha assunto anche il potere legislativo, finora in mano al Parlamento con sede a Tobruk. Lo strappo avviene dopo la conquista dei terminal petroliferi da parte di Haftar, l’uomo forte dell’Est della Libia.
La scorsa settimana il generale Haftar, a capo delle autoproclamate Forze nazionali libiche, ha conquistato i terminal della cosiddetta Mezzaluna del Petrolio ed è diventato arbitro delle esportazioni di greggio, il 90 per cento degli introiti dello Stato libico. Tripoli ha cercato di reagire con una controffensiva di milizie alleate, che però è fallita. E ora è arrivato lo strappo che Tobruk ha definito “un colpo di Stato”.
L’Italia, che al termine del tormentato rapporto con l’Egitto ha optato per al-Sarraj, ha inviato un contingente per installare un’ospedale militare, ma per molti libici non ci sono grandi differenze rispetto al principio “boots on the ground”.
Il governo italiano forse minimizza le circostanze del rapimento dei nostri connazionali per non radicalizzare lo scontro tra Tripoli e Tobruk e soprattutto per non rimanere in mezzo nella faida feroce tra fazioni libiche. Ma gli hadìth parlano chiaro. Solo un musulmano può mentire per evitare danni ad un altro musulmano. Gli scout di lotta e di governo farebbero bene a dire agli italiani come stanno le cose. Se siamo in guerra meglio saperlo.