Non si scherza con il codice etico della politica americana. Secondo Massimo Teodori, ex politico e docente di storia americana, Donald Trump è un presidente a rischio: “Per quanto riguarda l’hackeraggio, lo stesso Trump ha riconosciuto che è stato fatto e che è opera dei russi. Adesso quello che bisogna scoprire è se si sia trattato di una manovra personale di Putin per gettare scompiglio nella politica americana o se effettivamente il neo presidente era al corrente di questa operazione”. E’ inaccettabile per gli Stati Uniti che un proprio presidente mantenga rapporti nascosti con una potenza straniera, ha detto ancora Teodori al sussidiario, specie se è il nemico storico degli Stati Uniti. “Nel dossier in mano al congresso non c’è solo questo, ci sono anche presunti rapporti di Trump con settori della mafia russa, la stessa che Putin tollera e appoggia”. Si arriverà all’impeachment? “Nixon ci è arrivato per molto meno” dice Teodori.



Professore, non le sembra che sia in atto una vera opera di delegittimazione di Trump? E’ mai successo qualcosa di analogo nella storia americana?

Le notizie che stanno uscendo in questi giorni erano già ampiamente state diffuse durante la campagna elettorale, per cui un giudizio negativo c’era già su Trump, non c’è bisogno adesso di delegittimarlo. Si tratta di accuse precise che hanno movimentato quella che è stata una delle campagne elettorali più aspre e combattute degli ultimi decenni.



Quindi secondo lei non è in atto una campagna per minare da subito la nuova presidenza?

Al momento sappiamo che proprio per la difficoltà di controllare e verificare le fonti di questo materiale, un giornale come il New York Times si è rifiutato di pubblicare alcunché, solo la Cnn e alcuni media minori lo hanno fatto.

Bisogna però distinguere di cosa parliamo: c’è un dossier a base di presunti festini e orge negli alberghi di Mosca e un altro sull’hackeraggio. Qual è il peso complessivo di tutto questo?

Il dossier relativo alla spia inglese sui presunti festini conta poco, pochissimo, è la cosa minore. Quello che conta oltre all’hackeraggio sono i suoi presunti rapporti di affari con la Russia e con altri dittatori di stati non proprio democratici e soprattutto con una certa criminalità russa tollerata dallo stesso Putin.



Uno scenario inquietante. Come si sta lavorando su questa mole di informazioni? Chi deve prendere decisioni concrete?

Il dossier è in mano al presidente uscente Obama, a Trump e soprattutto al Congresso. Inizierà una lunga serie di controlli e se poi risulterà qualcosa di reale in merito alle accuse, saranno le istituzioni a prendere provvedimenti.

Sappiamo però tutti che Mosca ha sempre spiato Washington e, ovviamente, viceversa, anche dopo la caduta del Muro. Lei non ritiene che Putin abbia fatto tutto questo di sua iniziativa?

Questo al momento non lo sappiamo. Il dossier dell’intelligence è stato riconosciuto autentico su cose autentiche, è stato valutato dalla Cia, dall’Fbi e dalla National Security Agency. In America ci sono tredici agenzie di sicurezza che si controllano l’una con l’altra; se non fossimo davanti a qualcosa di concreto, queste agenzie non si sarebbero messe in moto.

 

Dunque Trump cosa rischia?

Di incorrere in una delegittimazione che potrebbe proseguire con l’apertura di un procedimento nei suoi confronti. Quanto sta accadendo non è più materia di opinioni, è in corso un’indagine a cura del Comitato di sicurezza del Congresso che tra l’altro è a maggioranza repubblicana e presieduto da un repubblicano autorevole come Jim McCain.

 

Che non ha mai avuto una grande simpatia per Trump…

Durante le primarie un’ampia parte del Partito repubblicano, pensiamo al fratello di Bush Jr. o allo stesso McCain, ha cercato di ostacolarlo. A questo punto però stiamo parlando di un presidente sospettato di avere rapporti opachi con una nazione estera, il nemico storico degli Usa. E poi ci sono le accuse di avere rapporti di affari non chiari con la mafia russa. Un presidente americano non può avere connessioni personali di alcun tipo con una potenza estera.

 

Si può arrivare all’impeachment?

La procedura dell’impeachment è molto lunga e laboriosa, coinvolge i due rami del Congresso e la Corte suprema, in questo momento non se ne può parlare. 

 

Trump ha avuto però il voto di milioni di americani, una larga parte della popolazione: come verrà presa da queste persone una delegittimizzazione del loro presidente?

In realtà Trump non ha avuto poi così tanti voti, anzi. Ma in America non si scherza. Pensiamo a Nixon, che aveva avuto sì una valanga di voti e che subì l’impeachment solo per aver mentito al Congresso, non per i fatti concreti del Watergate. E’ stato l’unico impeachment della storia americana; nel caso che risultassero veri i rapporti di Trump con la Russia, il caso Nixon non sarebbe quasi nulla in confronto.

 

(Paolo Vites)