C’è un fantasma che si aggira per la Turchia; assume vesti e volti diversi, semina morte e terrore, crea paura tra i paesi occidentali e quelli mediorientali. Ha un unico scopo: punire lo stesso uomo che lo ha creato. “Erdogan comincia a fare i conti con tutto quello che di diabolico ha creato da quando è al potere” dice Gian Micalessin, reporter di guerra de Il Giornale, a ilsussidiario.net. “E’ al potere da dodici anni, ha fatto di tutto per riportare la Turchia all’islamismo fondamentalista cancellando il paese laico e filo occidentale che era. Da quando nel 2009 fece piazza pulita della vecchia guardia nei sistemi di sicurezza, appoggiando l’Isis in funzione anti-curda, facendo il doppio gioco con i suoi vecchi alleati”. La strage di capodanno e pochi giorni dopo l’assalto al Palazzo di Giustizia di Smirne dimostrano questa guerra in atto, “su cui pesa una totale opacità di informazioni e la mancanza di un sistema di sicurezza tale da difendere il paese da queste situazioni gravissime”. Sono la dimostrazione, dice ancora, che “tutto questo gli si sta rivoltando contro: servizi segreti deviati, jihadisti infiltrati ai massimi livelli di potere”. Il futuro? “Dimentichiamo sempre che la Turchia è un paese islamico, il 40 per cento almeno della popolazione sta con lui, per cui Erdogan non mollerà facilmente”.
Micalessin, solo pochi giorni dopo la strage di Capodanno, la Turchia è di nuovo sotto attacco, questa volta a Smirne. Si parla di Isis, di Pkk. Secondo lei?
E’ una situazione di confusione totale. Se a Smirne a colpire fossero stati i curdi, lo avrebbero detto. Invece si naviga nel buio, riprova del caos in cui Erdogan ha portato il paese. Quanto successo a Smirne prova la totale mancanza di sicurezza e di sistemi di sicurezza in grado di difendere il paese da attacchi ed attentati. E’ difficile sbilanciarsi dato il poco che trapela, di fatto non si capisce nulla, è una situazione di estrema opacità e sintomo di gravi scontri interni.
Stessa cosa per quanto riguarda l’attentato di capodanno, massima confusione su chi abbia agito e su chi l’ha organizzato. E’ così perché la Turchia è un paese in guerra con se stesso? In fondo ad agosto c’è stato un tentativo di colpo di stato.
La Turchia di oggi è la creatura di Erdogan. Da quando è al potere ha cercato progressivamente di introdurre uomini di provata fede islamista, come lo è lui, nelle posizioni chiave. Un elemento determinante poi è l’incapacità dei servizi segreti a operare. Nel 2009 Erdogan fece piazza pulita della vecchia guardia laica, inserendo islamisti che hanno fatto il loro lavoro appoggiando più o meno velatamente l’Isis e i gruppi jihadisti in Siria.
Vuol dire che la Turchia è un paese filo-jihadista?
Dico che tutto questo ha permesso a moltissimi jihadisti di infiltrarsi in profondità nel tessuto sociale turco. Inoltre questa situazione ha dato vita a servizi segreti deviati.
Che non rispondono alle autorità?
Non più tardi del 2014 questi servizi sono stati accusati di fornire armi e protezione ai miliziani dell’Isis. Sappiamo tutti benissimo che l’Isis ha avuto basi in Turchia e che addirittura miliziani feriti venivano curati negli ospedali turchi, suscitando la protesta e lo sconcerto di medici e infermieri.
Da lungo tempo la Turchia è scossa da attentati sanguinosi, anche se qui in occidente ce ne dimentichiamo subito. C’è una guerra civile in corso?
In sostanza da quando nel 2015 Errdogan ha avuto il primo scossone negativo alle elezioni ha dovuto cercare di riacquistare la fiducia della popolazione. Lo ha fatto mettendo fuori legge i gruppi di opposizione di sinistra e quelli curdi, tutti coloro che rendevano impossibile la trasformazione del regime in forma presidenziale come vuole lui. Nel contempo c’è stata una scia di attentati “grigi” e mai chiariti.
E oggi qual è il quadro?
Oggi per la prima volta abbiamo l’Isis che rivendica un attentato dicendo anche perché: Erdogan ci ha traditi. Questo è il punto più chiaro di quanto sta succedendo oggi in Turchia.
La rivendicazione della strage di capodanno però è stata fatta in turco e non in arabo come fa sempre l’Isis.
Significa che all’interno dell’Isis ci sono moltissimi esponenti turchi, ma lo sapevamo già. Si parla di migliaia di combattenti di origine turca, l’Isis ha appoggi e basi in territorio turco.
Ma la popolazione con chi sta? Il colpo di stato di agosto era finto o vero?
Sono convinto fosse un vero colpo di stato da parte degli ultimi ufficiali laici e gulenisti (seguaci di Fethullah Gulen, ndr) che avevano capito che anche su di loro stava cadendo la mannaia di Erdogan: il problema sono le conseguenze di questo fallito golpe che ha creato una ulteriore spaccatura. Oggi la Turchia è divisa in quattro fronti: lo scontro contro i curdi, lo scontro con i gruppi laici di opposizione, quello contro i gulenisti e adesso il nuovo scontro contro l’Isis e i gruppi jihadisti che accusano Erdogan di averli traditi dopo la caduta di Aleppo e gli accordi con Mosca. C’è anche un quinto fronte in realtà, quello con la Nato, che sta isolando sempre di più la Turchia.
Quanto potrà resistere al potere Erdogan in questa situazione?
Noi abbiamo una immagine falsata della Turchia, pensiamo ancora a quella di una volta, laica, ma è una nazione di fede islamica e in questi dodici anni di potere di Erdogan si è progressivamente radicalizzata. Erdogan può contare sul 40 per cento della popolazione di radicata fede fondamentalista, ma non solo: ha anche normalizzato sotto il suo controllo tutti i settori della vita pubblica, dalla magistratura alle università e alle forze armate.
Sta cambiando qualcosa nella strategia terroristica dell’Isis? Sia a Berlino che a Istanbul invece degli usuali kamikaze abbiamo visto persone estremamente abili che dopo le stragi sono fuggite. Ci dice qualcosa questo?
Chi è stato mandato a colpire i simboli della Turchia laica e occidentale era un combattente esperto, lo si vede per come ha eliminato le guardie all’entrata, ha messo a segno il 70 per cento dei colpi sparati e per come si è dileguato. Era sicuramente une elemento prezioso che non era spendibile come tanti attentatori suicidi. Era sicuramente un combattente proveniente dal fronte siriano.
(Paolo Vites)