Il premier spagnolo Mariano Rajoy risponde una prima volta a mezzogiorno di ieri da Madrid, dopo una riunione del governo alla Moncloa, al presidente della Generalitat della Catalogna, Carles Puigdemont.
Lo fa con una minaccia sottintesa, l’avvio del famoso articolo 155 della Costituzione spagnola, che azzererebbe di fatto l’autonomia della Catalogna. Ma nello stesso tempo, Rajoy sembra quasi preoccupato di non ripetere l’errore del 1° ottobre, quando inviò 15mila uomini della Guardia Civil per impedire il referendum (arbitrario) di Barcellona, facendo una figuraccia di fronte al mondo intero per gli incidenti provocati: più di 800 persone ferite.
Chiede a Puigdemont di capire che cosa esattamente ha detto ieri (martedì, ndr) al Parlamento catalano e sembra intenzionato ad aspettare, prima di mettere in atto l’articolo 155. Quindi Rajoy sembra rilanciare la palla a Puigdemont: ci faccia capire esattamente che cosa vuole e che significato ha questa indipendenza dichiarata e al momento sospesa. E’ solo il prologo di una giornata concitata e storica, che non si sa dove può portare la Spagna in questo scontro tra il governo di Madrid e la Catalogna.
Bisogna aspettare infatti le sette di sera per comprendere che in Spagna si stanno vivendo ore febbrili e i leader di Madrid e di Barcellona stanno cercando di rafforzare la loro posizione. Il catalano Puigdemont, con la sua dichiarazione di martedì ha dato l’impressione di bilanciarsi tra la dichiarazione d’indipendenza e un’ipotetica (ma quanto valida e realistica?) volontà di trattare per questa indipendenza, concordata con Madrid.
In questo modo, Puigdemont, che come Rajoy a Madrid non ha una maggioranza netta nel Parlamento di Barcellona, ha dimostrato una debolezza che sembra specchiarsi in quella di Rajoy. Alla fine Puigdemont ha scontentato l’ala più dura dell’indipendentismo catalano, la sinistra del Cup, Candidatura d’Unitat Popular.
Nel pomeriggio di ieri però Mariano Rajoy ha incontrato il leader socialista Pedro Sanchez e forse da questo colloquio ha trovato la sicurezza di essere sorretto da un blocco ampio che gli permette di piegare ogni tentativo indipendentista catalano, immediato o sospeso.
Anche l’incerto e ondeggiante Rajoy, spalleggiato da una grande forza parlamentare e da tutte le Cancellerie europee, soprattutto quella di Berlino e di Francia, oltre a quella di Bruxelles, che fa la prudente ma è solo uno strumento in mano all’asse franco-tedesco, anche Rajoy, dicevamo, decide di andare in Parlamento e di mettere sotto accusa con termini netti la posizione della Generalitat catalana.
Ritornano le parole di slealtà, di indivisibilità della Spagna, di un referendum convocato non solo arbitrariamente ma fatto senza alcuna garanzia democratica. Quindi Rajoy specifica in modo perentorio: cinque giorni di tempo per i catalani per decidere che cosa vogliano fare e altri quattro per poi prendere le decisioni adeguate. In sostanza, dalle sette di questa sera, la Catalogna è sotto l’ultimatum di un commissariamento, con l’articolo 155 che pende sulla testa della regione che è una delle più ricche d’Europa, ma che adesso è già stata svuotata di grandi imprese e di grandi banche, con una concentrazione generale di intenti che non parte certamente solo da Madrid.
Ma torniamo al discorso di Rajoy, all’ultimatum che di fatto è già un commissariamento, perché pare difficile che Puigdemont possa ammainare la bandiera senza alcuna risposta.
Ecco alcuni passaggi del discorso di Rajoy: “E’ urgente mettere fine alla situazione che si sta vivendo in Catalogna e che torni la stabilità nel più breve tempo possibile”. E ancora, quasi minaccioso: “La dichiarazione del presidente della Generalitat determinerà le decisioni che il governo prenderà nei prossimi giorni”. In più: “La risposta del governo catalano determinerà gli eventi futuri, nei prossimi giorni”.
In conclusione, ecco il calendario dell’ultimatum: il governo spagnolo attiva l’articolo 155 della Costituzione e dà 5 giorni, praticamente fino a lunedì, al presidente catalano. Il governo catalano inoltre ha tempo fino a giovedì prossimo per rettificare ed evitare l’applicazione dell’articolo 155. Il primo ultimatum scade alle 6 del mattino del 16 ottobre, il secondo alle 10 di mattino del 19 ottobre.
Sembra quasi una sorta di “bollettino” per una richiesta perentoria di ordine. Ora si spera che questo tipo di scelta di Rajoy e di chi lo sostiene non provochi un dramma, anche se le prime dichiarazioni che arrivano dalla catalogna non sono rassicuranti.
Saranno giornate infernali, comunque vada avanti e si concluda questa vicenda.