E’ una partita a chi bluffa di più quella che si sta inscenando tra il presidente catalano Carles Puigdemont e il premier spagnolo, Mariano Rajoy. E’ evidente che la richiesta del primo di cominciare una qualche forma di dialogo fra due mesi è un modo per provocare Madrid ad agire per prima applicando l’articolo 155 (sospensione dell’autonomia, instaurazione di un commissario al posto del presidente, assunzione dei servizi di polizia) come prevede la Costituzione in questi casi, tanto da poter dire: ci reprimono mentre noi chiedevamo il dialogo. Secondo Enzo Cannizzaro, docente di diritto internazionale nell’Università di Roma La Sapienza, “la Catalogna si è posta nell’illegalità da ogni punto di vista e Madrid formalmente ha tutti i diritti di applicare quanto prevede l’articolo 155. Il problema è come evitare lo scontro fisico che inevitabilmente ne deriverebbe”. Sempre secondo Cannizzaro, “un ruolo decisivo dovrebbe affrontarlo l’Unione europea, ma la sua filosofia è proprio quella di reprimere i nazionalismi nascenti negli stati che ne fanno parte, un atteggiamento che andrebbe totalmente rivisto alla luce delle esigenze di autonomia sempre più forti in tanti stati europei”.



Professore, siamo davanti a una sfida forse ancor più provocatoria di quella del referendum da parte di Barcellona. Quali sono le sue previsioni in proposito?

Mi astengo da valutazioni di carattere politico, ma è evidente che la Catalogna sta usando qualsiasi espediente per far mostrare la faccia feroce alla Spagna, la quale esita a intervenire in modo forte per non passare come uno stato antidemocratico.



Uno stallo che blocca i due contendenti. Di fatto però la Catalogna si è messa fuori della legge. C’è la possibilità di trovare un accordo che accontenti tutte e due le parti?

Giuridicamente non c’è dubbio che si possa trovare una intesa, la cui conformità alla costituzione interna sarebbe però molto dubbia. Si dovrebbe arrivare a un tipo di intesa come è stato tra la Repubblica Ceca e quella Slovacca, così si eviterebbe una fase cruenta. In ogni caso la pretesa della Catalogna non ha alcun fondamento giuridico, si muove nell’ambito di una pretesa, come si dice in termini giuridici, “extra ordine”, cioè fuori dall’ordinamento costituzionale. Non si può quindi pretendere che l’ordinamento regoli questa uscita.



E’ possibile dal punto di vista costituzionale dare ancora maggiore autonomia alla Catalogna?

Dal punto di vista costituzionale è possibile perlomeno sulla base di un processo di revisione costituzionale, e sarebbe la forma migliore da percorrere. Va detto che ci sono però diverse contraddizioni in atto: la Spagna è parte della Ue, la Catalogna vorrebbe rimanere parte della Ue, ma lo scopo stesso dell’Unione è sdrammatizzare gli aspetti di un nazionalismo esasperato. Bruxelles dovrebbe dunque fare buoni uffici per ottenere il dialogo fra le due parti.

L’Unione europea però, lo abbiamo visto anche con il caso scozzese, è contraria ai nazionalismi come dice lei. Visto che ormai spuntano di continuo casi analoghi, non varrebbe la pena che i giuristi esplorassero nuove soluzioni?

L’Europa continua, secondo me in modo erroneo dal punto di vista giuridico, a ritenere che la secessione di una parte di uno stato membro significhi automaticamente che il nuovo stato non possa far parte dell’Unione. Mi sembra erroneo dal punto di vista giuridico e storico. Lo fa per non incoraggiare pretese secessioniste, ma proprio per questo la Ue dovrebbe favorire la formazione di accordi che consentano maggiore autonomia e la permanenza in Europa in casi come quelli della Scozia e della Catalogna.

Il presidente del parlamento europeo nei giorni scorsi ha detto che è già difficile lavorare con 27 stati membri, figurarsi ad averne di nuovi. Non le sembra un atteggiamento un po’ superficiale?

Assolutamente sì, perché avere anche delle piccole nazioni o piccole entità molto autonome ma diluite nell’ambito dell’Unione non sarebbe un danno per l’Ue, anzi forse la salverebbe.

In definitiva, secondo lei Madrid applicherà l’articolo 155?

E’ difficile da dire, ma dal punto di vista della legge siamo al di fuori della legalità costituzionale e la Spagna ha tutto il diritto a ripristinare questa legalità.

(Paolo Vites)