La liberazione di Raqqa segna in un certo senso la fine della guerra contro lo stato islamico; quel che non è chiaro a nessuno al momento è come sarà il dopo-Isis. Lo scenario del Medio Oriente come lo conoscevamo prima dell’inizio della folle avventura islamista nell’estate del 2014 non è più lo stesso di prima, e difficilmente lo sarà in futuro. Come spiega a ilsussidiario.net il generale della Folgore Marco Bertolini, ex comandante Isaf in Afghanistan, “la guerra ha scatenato una serie di cambiamenti il cui aggiustamento è difficile e imprevedibile. Raqqa di fatto è stata liberata dai curdi con l’appoggio americano, ma lo stesso hanno fatto i siriani con l’appoggio russo in altre zone del paese. In mezzo c’è l’emergere dell’entità curda che reclama uno spazio, ma che è osteggiata da turchi e iracheni mentre anche l’Iran si è infilata nell’ex stato siriano dal quale reclama oggi uno spazio che la colleghi al Mediterraneo”. Nessuno sa dire oggi cosa avverrà nel quadrante, quello che è certo è che l’Isis, seppure sconfitto, ha scatenato le potenze mondiali e regionali in una corsa alla supremazia.
Generale, con la caduta di Raqqa si chiude un capitolo, ma se ne apre un altro. Che previsioni si possono fare?
Al momento quello che possiamo dire è che con la liberazione di Raqqa abbiamo uno scenario segnato dal fiume Eufrate come confine tra un possibile stato curdo e una entità siriana.
Un confine labile, temporaneo?
Bisogna inquadrare cosa è successo in Siria in questi anni di guerra.
Ci dica.
Se i curdi sono arrivati a Raqqa è anche vero che i siriani hanno liberato altre importanti zone. Nel frattempo americani e curdi da una parte e siriani e russi e anche hezbollah dall’altra hanno fatto una sorta di corsa militare verso il centro della Siria, corsa che oggi si può dire sia finita in parità.
Questo cosa comporta?
Innanzitutto che i siriani si stanno espandendo verso il sud del paese, una zona importante perché ricca di giacimenti di idrocarburi fondamentali per l’economia di Damasco. Allo stesso tempo i curdi sono riusciti a ottenere una posizione importante nello scenario.
Curdi che però non sono amati da quasi nessuno, in quella regione, è così?
Infatti, il problema che si pone ora è come questa entità curda sarà accettata dai vari interlocutori, in primis dalla Siria, che non rinuncerà a una parte del suo territorio per lasciarlo a loro, ma anche dai turchi che li vedono con fastidio da sempre. I turchi a suo tempo avevano denunciato la presenza di una decina di basi americane nel territorio siriano occupato dai curdi e questo a Istanbul dà un enorme fastidio.
C’è poi l’Iran, alleata di Damasco che da sempre aspira a un corridoio di congiungimento con il Mediterraneo.
Per l’Iran il collegamento con la Siria è molto importante. Teheran aveva cercato di costruire un gasdotto che attraverso la Siria portasse al Mediterraneo il gas del Golfo Persico, ma gli americani si sono opposti anche militarmente.
In che modo?
L’esercito americano è intervenuto contro i siriani nella zona della Siria vicina al confine con la Giordania, per fermare il possibile congiungimento con gli iraniani. In quella zona ancora adesso c’è una base militare statunitense. In ogni modo i siriani sono riusciti lo stesso a raggiungere il confine con l’Iraq, per cui l’opzione iraniana di congiungimento rimane aperta.
Sembra di capire che lo scenario sia davvero confuso e con interessi di parte troppo forti. Si possono azzardare delle previsioni?
Difficile se non impossibile. Non abbiamo citato un’altra entità in gioco e cioè gli hezbollah, temuti da Israele, ma che di fatto sono un’entità politica, sociale e militare che conta sull’appoggio, oltre che di Damasco, anche di Mosca.
E’ possibile pensare a un dialogo diplomatico tra Mosca e Washington per diramare almeno qualche punto di questa situazione?
Senz’altro, anche se quel che vogliono gli Usa è già ben chiaro. Bisogna però distinguere tra l’America di Trump e quella dell’establishment che intende continuare con la linea impostata da Obama in Medio Oriente. Questa è un’altra problematica in ballo.
E Mosca?
La Russia si è riappropriata di un ruolo politico non solo in quest’area ma a livello mondiale. Anche gli Stati Uniti dovranno adeguarsi a questo dato di fatto. Restano aperti dei fronti in cui gli americani possono ancora infilarsi, come quello al momento silente dell’Ucraina e quello dello Yemen, dove proprio in questi giorni gli americani sono intervenuti militarmente per la prima volta, un paese questo che al momento è un nuovo fronte destabilizzante per lo scenario.