Probabilmente in Italia i termini reali di quello che sta succedendo in Spagna non sono chiari del tutto. Parlando infatti con il corrispondente in Italia del quotidiano El Correo, Dario Menor Torres, appare uno scenario assai diverso da quello che i media dipingono: “Il referendum dello scorso primo ottobre non è un punto di arrivo come si vuol far credere, ma solo l’ennesimo tentativo di allargare un consenso popolare che in Catalogna gli indipendentisti non hanno mai avuto, neanche alle ultime elezioni. Quello che Puigdemont ha sempre cercato di fare e adesso sta facendo è scatenare una reazione autoritaria del governo di Madrid per passare come vittima agli occhi dell’Europa, ma il governo non lo ha fatto e non lo farà mai”. Anche la minacciata applicazione dell’articolo 155 della Costituzione, spiega Torres, “non è quella bomba atomica che tutti annunciano”. Ecco cosa ci ha detto.



Mariano Rajoy e il socialista Pedro Sánchez avevano proposto a Puigdemont di convocare subito le elezioni in Catalogna, evitando così di applicare l’articolo 155. Ma delle elezioni oggi avrebbero senso? Chi vincerebbe?  

La questione vera è pensare a tutte le possibilità per evitare ogni tipo di scontro. E le elezioni sono una delle poche vie di uscita da una situazione sempre peggiore. In realtà non siamo davanti a un conflitto fra la Spagna e la Catalogna, ma fra Catalogna e Catalogna.



In che senso?

In Catalogna si è già votato diverse volte, l’ultima nel 2015, e poi per il parlamento. Ebbene, gli indipendentisti non hanno mai vinto. Andare ad elezioni subito permetterebbe di capire veramente se l’indipendentismo è sostenuto dal popolo o no.

Al referendum del primo ottobre sostengono di avere stravinto. Che strategia persegue veramente Puigdemont?

Una strategia molto chiara, quella della provocazione. Il referendum del primo ottobre non dobbiamo considerarlo come un punto di arrivo ma come un momento intermedio. Da una parte abbiamo un governo, quello di Madrid, che avrà sicuramente fatto molti sbagli politici e che doveva occuparsi della situazione molto prima, ma non è un governo autoritario, è un governo democratico. Attenzione che i due leader indipendentisti Jordi Sánchez e Jordi Cuixart non sono stati arrestati dal governo ma da un giudice.



Ci spieghi meglio questo episodio.

Se fossero stati arrestati per le loro idee, sarebbero in prigione da un bel po’. Sono stati arrestati perché hanno violato la legge e questo in un paese democratico non può succedere. Non si può violare ripetutamente la legge e poi quando si è arrestati dire che si sta violando la loro libertà. E’ anche quello che sta cercando di fare Puigdemont violando tutte le leggi.

Cioè passare per vittima e ottenere la solidarietà internazionale, un po’ come successo in Kosovo?

Esatto. Certamente in Catalogna ci sono almeno due milioni di persone in buona fede che chiedono l’indipendenza, ma si è votato violando la legge e creando tensione nel tentativo di allargare l’area dei sostenitori. La speranza di Puigdemont è che si applichi veramente l’articolo 155 per poter dire così di essere una vittima dell’autoritarismo di Madrid, ma non è così.

A proposito dell’articolo 155, che cosa succederà quando scatterà?

E’ un percorso molto lungo. Sabato ci sarà il Consiglio dei ministri e si farà richiesta formale. Quindi il Senato esaminerà questa richiesta che poi il governo dovrà dire come si attuerà, perché non è mai stato fatto in precedenza. E’ l’ennesima dimostrazione di come il governo centrale continui ad allungare i tempi per permettere un dialogo, un accordo. L’articolo 155 poi non sarà una bomba atomica come tutti dicono: si cercherà di prendere il controllo di quella parte della polizia catalana che ha violato la legge e si convocheranno nuove elezioni senza toccare l’attuale autonomia regionale. La speranza è che gli indipendentisti non boicottino queste elezioni. 

Il resto della Spagna come vive questa situazione?

La stragrande maggioranza è con Madrid. Certo si critica il modo con cui il governo ha gestito in passato questo problema, ma tutti sanno che Barcellona ha violato la legge. E’ stato un colpo di stato regionale che da tre settimane, per via del referendum, blocca il Parlamento impedendo all’opposizione di lavorare. Questo è il vero autoritarismo, violare i diritti di più della metà della popolazione.

(Paolo Vites)