L’Irlanda è il paese che più al mondo ha subito lo scandalo della pedofilia da parte di membri del clero cattolico. Per un paese nel quale fino agli anni 60 il 94% della popolazione si dichiarava praticante, è stato un colpo durissimo che ha portato inevitabili conseguenze. Come riporta il sito Irish Central, oggi la percentuale di praticanti tocca il 72%, una cifra ancora alta, ma in continua perdita secondo gli statistici. Di questo 72% poi circa il 12% è costituito in maggior parte da immigrati giunti dalla Polonia, il che riduce la cifra dei credenti irlandesi ad appena il 60%. Ma i dati relativi al clero e all’influenza della Chiesa nella vita sociale e politica, una volta di primissimo piano, sono ancora più deludenti. Sono solo infatti sette al noto seminario di Maynooth i seminaristi che stanno per terminare gli studenti e diventare preti, la cifra più bassa mai toccata dal 1795, mentre i seminaristi presenti sono in tutto 41.



Al seminario teologico di Dublino invece sono presenti in tutto 34 persone, di cui 10 donne. Infine la maggior parte dei sacerdoti in attività in Irlanda ha una età oltre i 70 anni, cifre che aprono il dibattito sul futuro della chiesa irlandese: senza sacerdoti, chi amministrerà i servizi liturgici? Senza contare che i sacerdoti irlandesi sono oggi guardati con sospetto da tutte le famiglie, non solo quelle dei non credenti: nessuno si fida a lasciare un bambino da solo con un prete. A questa devastante situazione si spera porti qualche risposta la visita programmata di papa Francesco in Irlanda nel prossimo agosto 2018. Ma sarà una Irlanda secolarizzata e in crisi di fede quella che visiterà, a differenza di quella in cui si recò nel 1979 Giovanni Paolo II, accolto da tutta la popolazione in massa e che toccò una popolarità record. 

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